SANZIONAMI TUTTO! - OBAMA E PUTIN GIOCANO A MINACCIARE RECIPROCHE SANZIONI PER L’AFFAIRE CRIMEA: L’UNO INSERISCE NELLA PROPRIA “BLACK LIST” AMICI E ALLEATI DELL’ALTRO - E ZAR VLAD SOGNO IL GRANDE PONTE SULLO STRETTO DI KERC PER UNIRE RUSSIA E CRIMEA


1.GUERRA DI SANZIONI: È BOTTA E RISPOSTA FRA RUSSIA E AMERICA
Ivo Caizzi per ‘Il Corriere della Sera'

OBAMA PUTIN

Un botta e risposta a base di sanzioni individuali simili, tra la Casa Bianca e il Cremlino, ha reso il caso Ucraina e l'annessione della Crimea alla Russia ancora più centrale nel Consiglio dei 28 capi di Stato e di governo dell'Ue, che originariamente era convocato solo sui temi economici. Già prima di iniziare i lavori nel palazzo Justus Lipsius di Bruxelles la cancelliera tedesca Angela Merkel e il presidente francese François Hollande hanno annunciato l'estensione delle sanzioni ad altri esponenti della nomenklatura di Mosca, la cancellazione del vertice Ue-Russia in programma a giugno e la sospensione delle riunioni del G8 a cui partecipa il presidente russo Vladimir Putin.

Il presidente Usa Barack Obama ha incluso nella lista nera delle sanzioni Yury Kovalchuk, considerato «il banchiere di Putin», l'oligarca Gennady Timchenko e due amici personali del presidente russo come i fratelli Arkady e Boris Rotenberg. La replica del Cremlino ha colpito il portavoce della Camera dei rappresentanti Usa John Boehner, il leader dei repubblicani John McCain, insieme ad assistenti e consiglieri per la comunicazione di Obama.

I leader Ue sono apparsi ancora una volta divisi sul livello delle ritorsioni contro l'apparato di Putin. La discussione a Bruxelles si è estesa nella notte. Germania, Italia e Belgio hanno guidato lo schieramento più prudente, mentre Regno Unito, Polonia e altri Paesi dell'Est hanno chiesto di seguire Obama nell'estendere le sanzioni varate lunedì scorso dal Consiglio dei ministri degli Esteri Ue contro 21 personaggi di livello medio-basso.

INCONTRO TRA PUTIN E OBAMA DURANTE IL G

Merkel ha limitato l'azione dell'Ue alla fase 2 (ulteriori sanzioni individuali con limitazioni dei visti e congelamento di beni) e si è opposta al passaggio al livello massimo, che coinvolgerebbe le attività bancario-finanziarie e il settore energetico. «In caso di escalation siamo pronti in qualsiasi momento a passare alla fase 3 delle sanzioni, che saranno economiche», ha minacciato Merkel facendo capire l'intenzione di privilegiare le trattative con Putin. Germania e Italia considerano attentamente la loro dipendenza dal gas e dal petrolio russo. Pesa anche l'ingente interscambio complessivo con Mosca.

RENZI, MERKEL, HOLLANDE

La Bulgaria, che importa dalla Russia la quasi totalità dell'energia, ha annunciato di non voler appoggiare eventuali sanzioni su larga scala contro il Cremlino. Il presidente francese François Hollande ha parlato di «sospensione delle relazioni politiche» con Putin e ha sostanzialmente seguito la linea della Merkel. Anche perché la Francia, che ha maggiore autosufficienza energetica grazie al nucleare, non intenderebbe bloccare le sue forniture militari alla Russia. «I più importanti leader europei devono andare a Mosca e Kiev per aiutare il dialogo», ha suggerito il premier belga Elio di Rupo.

Il Regno Unito ha invitato a seguire l'esempio Usa. «Quello che la Russia ha fatto è inaccettabile - ha affermato il premier britannico David Cameron -. I Paesi Ue devono parlare con una voce chiara e unita, cioè più congelamenti di beni e divieti nei viaggi». Sulla stessa linea si sono espressi il premier svedese Fredrik Reinfeldt e la presidente della Lituania Dalia Grybauscaite. Un po' tutti hanno convenuto sulla necessità di ridurre la dipendenza dell'Ue dal gas e dal petrolio russo. Una specifica discussione su questi problemi energetici è attesa oggi, giornata conclusiva del summit Ue.

ANGELA MERKEL E FRANCOIS HOLLANDE

2. E PUTIN FA COSTRUIRE IL PONTE CHE ANCHE GLI ZAR SOGNAVANO
Francesco Battistini per ‘Il Corriere della Sera'

E adesso calce&martello. Ponti d'oro. Un ponte vero: «È la prima cosa di cui abbiamo bisogno», dice Vladimir Putin: «Una via più corta, dove far passare le nostre auto e i nostri treni». La riunione sulla Crimea è durata parecchio, mercoledì al Cremlino. Per fare i conti di un'economia che «non sembra messa meglio di quella della Palestina», come ha spiegato il ministro per lo Sviluppo regionale, Igor Slyunayev. Per scovare cinque-dieci miliardi di dollari da investire al più presto: «In fondo una spesa irrisoria - dicono gli analisti moscoviti di Alfa Bank - in una Federazione che a fine febbraio aveva accantonamenti per 170 miliardi».

DAVID CAMERON INCONTRA A CASA SUA ANGELA MERKEL

Ben vicino perché potesse ascoltare bene, lo Zar Vladimir ha voluto il ministro dei Trasporti, Maksim Sokolov: serve una grande opera che stupisca il mondo, gli ha comandato. Qualcosa per unire fisicamente i crimei ai russi, zittire gli ucraini e chi ci sanziona. Serve il Grande Ponte sullo Stretto di Kerc: la chilometrica campata fra il Mar Nero e il Mar d'Azov che la Russia sogna da almeno cent'anni e che una lunga maledizione di guerre e rivoluzioni, tormente di neve e tangenti a pioggia, ha sempre impedito di tirar su.

«Ci aspetta una grande impresa», ha avvertito Putin. Annettere è connettere. I soldi, dopo i soldati. Il ponte di Kerc, due miliardi d'euro di spesa, sarà il cordone ombelicale fra la Grande Madre e l'ultimogenita repubblica. L'unica via di collegamento (aerei e vaporetti a parte) che eviti l'Ucraina. Il progetto è pronto da un po': sette chilometri e mezzo di strada, di rotaia e forse di tunnel sottomarino.

Cinque anni di lavori già appaltati ad Avtodor, il gigante statale delle costruzioni, consiglio d'amministrazione dove siede lo stesso ministro Sokolov. Quando a novembre il presidente ucraino Viktor Yanukovich aveva voltato le spalle all'Europa, ed era scoppiata la rivolta di Maidan, il primo abbraccio di Mosca era stato proprio questo: un bell'accordo per il ponte dei sogni e dei sospiri. Un regalo, a conclusione di dieci anni di negoziati e di un'intesa che Putin, lui in persona, aveva salutato come «la vittoria comune di due popoli fratelli».

Viktor Yanukovych fa l occhiolino a Vladimir Putin

La cacciata di Yanukovich, l'invasione della Crimea hanno accelerato tutto. Il 3 marzo, il premier russo Dmitri Medvedev ha firmato il decreto, accantonato il denaro necessario, preteso uno studio di fattibilità entro il 2015. «Daremo ricchezza a tutta l'area», promette ora Medvedev: il Mar d'Azov è lo sbocco del Don, di qui passano i grandi commerci meridionali della Russia, un collegamento tra Kerc e Krasnodar aiuterà il turismo sul Mar Nero (che al 70 per cento era ucraino, finora) e porterà più treni, più tir, più futuro...

PUTIN MEDVEDEV YANUKOVICH

Non sarà facile. Il ponte da solo non basta: intorno, bisogna costruire grandi barriere, frangiflutti, frenare le correnti dello stretto, evitare i disastri del passato. Perché da Nicola II a Stalin, ci hanno provato tutti. E tutti hanno fallito. La voglia del ponte spuntò ai primi del Novecento: gli Zar ce l'avrebbero anche fatta, non li avesse distratti la Grande guerra. Nel '43 fu l'architetto del Reich, Albert Speer, a convincere Hitler: sei mesi per i piloni e un passaggio sospeso sull'acqua, accorciare il percorso del petrolio del Caucaso, aprire una via veloce verso l'Asia.

Hollande con Dmitry Medvedev

Il ponte fu consegnato al Führer nei tempi stabiliti, ma servì solo alla ritirata dei tedeschi: la Wehrmacht lo fece saltare. L'anno dopo, toccò a Stalin. Che recuperò le macerie. E ordinò di rifarne un altro. L'Armata Rossa provvide in gran fretta, forse un po' troppa fretta, e l'opera tenne appena sei mesi, il tempo per farci passare la delegazione sovietica di ritorno da Yalta. La forza dei due mari, il ghiaccio, i materiali scarsi: il crollo fu inevitabile. Definitivo. «Dobbiamo costruirlo noi prima che lo facciano i russi», ci riprovò una decina d'anni fa Yulia Tymoshenko, quand'era premier dell'Ucraina. Fece la solita commissione. Girarono le solite mazzette. Finché non arrivò Putin, a fregare tutti.

Yulia Tymoshenko con sua figlia prima di parlare alla piazza