LA SARDINA NON SI FA INFIOCINARE DAL SONDAGGIO DI ''REPUBBLICA'': ''ILVO DIAMANTI DICE CHE 1 ITALIANO SU 4 MOSTRA ATTENZIONE PER NOI? NOI CON QUESTO DATO NON CI FACCIAMO NIENTE: NON VOGLIAMO FARE UN PARTITO. A NOI INTERESSA LA PARTECIPAZIONE EFFETTIVA. E A ROMA DEVE SUCCEDERE QUALCOSA DI GRANDE, PER CHI STA IMPIGRITO SUL DIVANO È ARRIVATO IL MOMENTO DI ALZARSI - IO SOGNEREI DI FARE L'ASSESSORE ALLO SPORT IN REGIONE MA NON POSSO PERCHÉ…''
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1 - MATTIA SANTORI "NOI UN PARTITO? ECCO PERCHÉ NON ACCADRÀ MAI"
Goffredo De Marchis per “la Repubblica”
«In televisione mi danno tutti del tu. A me non dà fastidio. A mia madre sì. Mica sei un dodicenne, dice». Mattia Santori, 32 anni, bolognese, economista e istruttore sportivo («basket, frisbee, atletica»), è il volto delle Sardine, il movimento nato in Emilia Romagna che ha contagiato decine di piazze italiane.
Tutto è partito dal tam tam di quattro ragazzi: Santori, Roberto Morotti, Giulia Trappoloni e Andrea Garreffa. Sabato a Roma la prova del fuoco in piazza San Giovanni dopo il pienone dell' altro ieri in Piazza Maggiore con Stefano Bonaccini. Ieri su Repubblica la vertigine del sondaggio di Ilvo Diamanti: un italiano su 4 mostra attenzione per i "pesci" bolognesi. Un potenziale del 25 per cento. Che farci? «Niente », risponde Santori.
Come niente?
«Questi sondaggi fotografano l' interesse nei nostri confronti, ma non la partecipazione effettiva. A noi importa solo quella. Quante persone fisicamente si avvicinano a noi.
Quanti ci mettono la faccia e il corpo. Sabato ci aspettiamo una risposta vera da Roma e dal Lazio. Nel resto d' Italia è successo.
Ma a Piazza San Giovanni deve accadere qualcosa di grande, altrimenti chi ha manifestato nelle altre città si sentirà solo. Per chi sta impigrito sul divano è arrivato il momento di alzarsi, di smetterla di pensare che il problema riguarda altri, che sia ancora il momento di delegare. I numeri che avete pubblicato ci dicono che Salvini cala ma Fratelli d' Italia cresce. Non mi pare sia un partito simile alla Dc, né che la Meloni assomigli a De Gasperi. Il problema rimane. Però un aspetto positivo nel sondaggio c' è».
Ci mancherebbe altro.
«Significa che non veniamo visti solo come un movimento anti-Salvini. Siamo invece un movimento a difesa di qualcosa che dovrebbe preoccupare tutti: un linguaggio più rispettoso che non ha bisogno di trucchetti, la ricostruzione di un tessuto democratico. In un' Italia che si sta sgretolando dovremmo essere tutti più coesi. Mi rendo conto che a Bologna è più facile far passare questo messaggio. Ma cresciamo anche altrove».
Però lo slogan l' Emilia non si lega è uno slogan contro.
«Vuole dire che l' Emilia non abbocca a un certo linguaggio politico».
Se vi muovete solo nel terreno del centrosinistra potete rimescolare i voti ma il bacino rimane uguale.
«Questo è il grande tema. Il centrodestra fa finta di essersi ritrovato. Le piazze che noi riempiamo però sono uno spaccato variegato della società. Molto più potente e molto più attivo della mobilitazione di un partito. Dimostrano a chi pensava di non avere rivali che un rivale esiste. Negli eventi delle Sardine si ritrovano omosessuali e cattolici, comunisti e centristi, 5 stelle e moderati di Forza Italia, renziani e militanti del Pd, ma c' è soprattutto tanta gente che era assente dalla scena politica. È la chiave di questo successo. Un senso di unità. Non di fronte a un nemico comune come è il governo giallo-rosso, ma in difesa di un confronto equilibrato, di regole di convivenza civile. Poi verranno le tattiche, i leader, la politica. Intanto riceviamo l' apprezzamento dell' Anpi e delle associazioni cattoliche, degli animalisti e dei sindacati. Gente a cui sta a cuore il nostro destino democratico».
Si comincia così e si diventa un partito.
«Abbiamo sempre detto che non vogliamo creare una forza politica. Per questo temiamo i sondaggi che ci lanciano nella stratosfera. Vogliamo invece riconoscere la competenza della politica. Io farei follie per diventare assessore allo Sport nella mia regione, ma non sarei in grado».
Con Bonaccini vi siete contaminati?
«In Emilia abbiamo una fortuna che non tutte le Sardine d' Italia hanno: siamo rappresentati da un centrosinistra senza estremismi. Qui ha prevalso la razionalità di fronte al baratro di una destra così divisiva».
Francesca Pascale, la compagna di Berlusconi, sarebbe benvenuta sabato?
«Certo. L' apertura dei moderati è positiva. Ma non dimentico che Forza Italia, in Emilia e nelle altre regioni, sostiene la Lega e la Meloni».
La tv, le interviste. Lei è dappertutto. L' esposizione mediatica non è un virus da evitare?
«Sa quanta gente del mondo della cultura e dello spettacolo abbiamo contattato prima di metterci in gioco? Ci hanno detto un sacco di no».
I nomi?
«Niente nomi. Non avevano il coraggio di esporsi. Posso fare molti errori ma vedere un 30enne che con altri tre ragazzi non si fa intimorire ha aiutato le Sardine a crescere, a rompere il muro di omertà».
Quali partiti vogliono mettere il cappello sul vostro movimento?
«Mi ha stupito che il Pd e i 5 stelle, il cui elettorato rappresenta gran parte delle nostre piazze, abbiano rispettato la nostra autonomia. I partiti più piccoli invece hanno provato a strumentalizzarci. Potere al popolo, in maniera sporca, si è infilato nella piazza di Firenze. Così Rifondazione che è venuta a fare volantinaggio dove non doveva».
La Lega sotto al 30 per cento è merito vostro?
«Diciamo che noi proviamo a riempire il cervello delle persone prima che qualcuno riesca a riempire la loro pancia. Sembra che ci stiamo riuscendo».
2 - SARDINE ALLA SFIDA DI SAN GIOVANNI
Al.T. per il “Corriere della Sera”
Parla lentamente, misurando le parole, con un tono calmo. Non poteva esserci rappresentante più evocativo di lui, per il movimento delle Sardine che si appresta a scendere in piazza San Giovanni a Roma, con la speranza di riempirla e l' obiettivo di sempre: manifestare contro una politica che alza inutilmente i toni, ragiona per slogan, semplifica e offende.
La sorpresa è che il leader del movimento romano, fondatore del gruppo Facebook «Sardine di Roma» è un giornalista di 44 anni, si chiama Stephen Ogongo, è del Kenya e vive in Italia, dove non ha la cittadinanza, da 25 anni.
Se le Sardine sono nate anche e soprattutto per arginare lo strapotere mediatico e fisico della Lega e di Matteo Salvini, Ogongo è l' avversario più adatto. Ha fondato l' associazione antirazzista Cara Italia, ha fatto cancellare diversi post dai social di Salvini. La sfida ha assunto toni alti, come racconta lui stesso: «Abbiamo dato molto fastidio a Salvini. Tanto che ha pubblicato una mia foto sui social. Da allora sono stato inondato di minacce e insulti irripetibili. Che ho denunciato».
Con lo slogan «Le sardine non abboccano» è stata lanciata, non più tardi di dieci giorni fa, l' idea della manifestazione su Facebook (140 mila fan). Poi ci sono stati i contatti con gli altri gruppi locali e con il bolognese Mattia Santori, che ci sarà, e che ha partecipato virtualmente alla manifestazione di sabato a Rieti (il suo prozio è stato monsignore della città). Per l' evento romano del 14 sono al lavoro una trentina di persone. La speranza è di diventare il più grande flash mob delle Sardine. Si spera di riempire piazza San Giovanni e c' è chi sogna un milione di persone. La raccolta fondi è arrivata a 7 mila euro, con l' obiettivo di arrivare a 15 mila. Le Sardine romane accettano donazioni solo da singoli cittadini.
Chi siano le Sardine è difficile dirlo. Neanche loro lo sanno bene. Non ci sono persone note in prima fila, solo singoli cittadini. Un movimento trasversale, anche se più colorato a sinistra. Le Sardine milanesi stanno organizzando autobus per arrivare a Roma. L' Anpi, l' associazione dei partigiani, aderisce ma accoglie l' invito di partecipare senza bandiere. C' è un' anima ambientalista, con il gruppo di «Sardine biciclettare», un' anima antirazzista e un' anima favorevole ai diritti civili (basti vedere i post simpatizzanti con i gay sui social).
Sulla maggioranza Ogongo non si esprime: «È abbastanza nuova, come noi, ma li vedo già in stallo. Dovrebbero avere il coraggio di fare delle scelte. Mettere al centro il lavoro e approvare una legge sulla cittadinanza. La chiamino come vogliono, ius soli o ius culturae». Alla manifestazione, come sempre, niente bandiere di partito. Non si è ancora scelta la musica, anche se «Bella Ciao» non manca mai. Pochi gli interventi dal palco: «Solo noi. Non vogliamo farlo diventare un evento dei soliti noti».