SAVASTA LA VISTA - ''LA VERITÀ'' RINFRESCA LA MEMORIA SULLE GESTA DEL PM APPENA CONDANNATO A 10 ANNI, LO STESSO CHE BABBO RENZI MANDAVA A PALAZZO CHIGI QUANDO AVEVA BISOGNO DI AIUTO POLITICO - CONDANNATO A 10 ANNI PER CORRUZIONE IL PM CHE BABBO RENZI MANDAVA A PALAZZO CHIGI - LA CONDANNA A 4 ANNI PER LUIGI DAGOSTINO, SI AGGIUNGE ALLA CONDANNA INSIEME ALL'EX SOCIO TIZIANO RENZI E CONSORTE A DUE ANNI DI RECLUSIONE
-Giacomo Amadori per “la Verità”
Il Tribunale di Lecce ha condannato a 10 anni l'ex pm di Trani, Antonio Savasta, e a quattro anni l'imprenditore Luigi Dagostino per corruzione in atti giudiziari. Il magistrato, che era stato graziato dalla sezione disciplinare del Csm, è stato punito per diversi episodi, compreso l'incontro con il sottosegretario della presidenza del Consiglio Luca Lotti a Palazzo Chigi, dove si recò in compagnia di Dagostino e dell'avvocato Ruggiero Sfrecola.
Era il 17 giugno 2015 e secondo i giudici quella visita richiesta da Savasta, che in quel momento aveva in mano un'inchiesta che coinvolgeva l'imprenditore, era un'utilità non economica. Che venne procurata attraverso Dagostino e Tiziano Renzi, il babbo dell'ex premier. I quali proprio per quell'incontro sono sotto indagine per traffico di influenze illecite a Firenze.
Il fascicolo, di cui diede notizia in esclusiva Panorama, è ancora aperto e la sentenza di Lecce, potente conferma all'ipotesi investigativa, potrebbe dargli nuova linfa. Renzi senior ha già subito in primo grado una condanna a un anno e nove mesi per emissione di fatture false ed è in attesa di sapere se verrà rinviato a giudizio anche per la bancarotta di tre cooperative. L'udienza è fissata per il 4 novembre. Inoltre a Roma sono in corso ulteriori indagini per un altro presunto traffico di influenze contestato a Tiziano, questa volta nell'ambito della cosiddetta inchiesta Consip.
Torniamo alla condanna di Lecce. Ieri il gup Cinzia Vergine, in rito abbreviato (che prevede lo sconto di un terzo della pena), su richiesta della pm Roberta Licci, ha condannato Savasta a una pena pesantissima per aver fatto parte, insieme con il collega Michele Nardi, di un'associazione a delinquere finalizzata alla corruzione in atti giudiziari. Oltre a Savasta, sono stati condannati a quattro anni il sostituto procuratore Luigi Scimè (oggi in servizio a Salerno) e, rispettivamente a quattro anni e quattro mesi e due anni e otto mesi, gli avvocati Sfrecola e Giacomo Ragno.
Per Dagostino si tratta dell'ennesima brutta notizia. Il 7 ottobre scorso è stato condannato insieme con Renzi senior e con la moglie di quest' ultimo, Laura Bovoli, a due anni di reclusione per false fatture e truffa; a gennaio ha subito un'altra sentenza sfavorevole a un anno, undici mesi e dieci giorni sempre per reati fiscali. Tutte condanne di primo grado. Adesso è arrivato il colpo più duro. Il giudice lo ha interdetto dall'attività imprenditoriale per cinque anni e lo ha dichiarato «incapace di contrattare con la pubblica amministrazione». Inoltre lo ha condannato al risarcimento dei danni in favore della Presidenza del Consiglio dei ministri e del Ministero della Giustizia.
Dagostino è stato condannato per corruzione non per le somme di danaro (53.000 euro) consegnate all'avvocato Sfrecola, come aveva chiesto la pm Licci, bensì solo per la visita a Palazzo Chigi procurata a Savasta, il quale, in quel momento, stava indagando per riciclaggio e false fatture su tre imprenditori pugliesi che secondo la Guardia di finanza con le loro ditte fungevano da cartiere per le aziende di Dagostino.
Tra il processo di Lecce e quello in cui sono stati condannati Dagostino e i Renzi a Firenze c'è un incrocio: due fatture pagate da Dagostino e dalla società Tramor a babbo e mamma per un «progettino» mai realizzato. Tra giugno e luglio 2015 i due genitori incassarono 195.200 euro mentre accompagnavano Dagostino in giro per l'Italia a incontrare politici e toghe. Il 17 giugno, il giorno della visita a Palazzo Chigi, Dagostino, attraverso la Tramor di cui era amministratore, inviò un primo bonifico da 24.400 euro in direzione Rignano sull'Arno dopo aver incontrato Tiziano nel suo ufficio.
Nei mesi scorsi l'imprenditore aveva ammesso con La Verità che Tiziano faceva per lui il lobbista. E almeno un incontro importante glielo avrebbe combinato. Come ha ammesso lo stesso imprenditore con i magistrati: «Al bar Igloo (di Barletta, ndr) incontrai per caso il pm Savasta che mi disse che era interessato a presentare un disegno di legge in materia di rifiuti a Roma. Io ci pensai e, siccome tramite Tiziano Renzi l'unico politico che avevo visto 3-4 volte era Luca Lotti, () decisi che lo potevo portare da lui. Effettivamente fissai con Lotti tramite Tiziano Renzi dicendogli che volevo portare un magistrato che aveva interesse a mostrare una proposta di legge. Prima avevo chiesto a Tiziano Renzi di chiedere a Lotti se era lui la persona adatta per quell'appuntamento, o se mi indicava qualcun altro, e Lotti fissò lui l'appuntamento () io entrai nell'ufficio con Savasta, li presentai e me ne andai e non assistetti al colloquio che durò circa 30/40 minuti».
Davanti alla pm Von Borries, il 16 aprile 2018, Lotti ha offerto una versione non molto dissimile: «Io ho conosciuto Dagostino tramite Andrea Bacci di cui ero amico e inoltre è noto che ero in buoni rapporti con Tiziano Renzi con il quale passeggiavo ogni lunedì da via Mazzini alla stazione quindi è probabile che tale appuntamento (con Savasta, ndr) lo abbia chiesto o Bacci o Tiziano Renzi». L'ex ministro ha anche detto di aver incontrato Dagostino due o tre volte tra il 2014 e il 2015, e che una o due volte lo stesso era andato a trovarlo a Palazzo Chigi.
Ma di Savasta inizialmente non ha saputo dire nulla: «Ho una conoscenza superficiale e sicuramente me lo hanno presentato, ma non ricordo chi, né in quale occasione, e forse l'ho anche visto allo stadio di Roma». Un mese dopo, riascoltato dai pm, grazie alla propria agenda, riuscì a focalizzare meglio la questione: «Fu Dagostino a presentarmi Savasta. Effettivamente entrarono nella mia stanza e c'era Dagostino e un magistrato di nome Savasta. Non mi ricordo se Savasta mi chiese qualcosa per sé perché non mi ricordo bene come si svolse l'incontro»».
Che cosa abbia domandato lo ha raccontato l'ex magistrato alla Verità due anni fa: in quel momento per lui complicato, a causa delle plurime vicende penali e disciplinari che lo vedevano coinvolto, aveva interesse a procurarsi un incarico fuori ruolo, possibilmente in una commissione ministeriale come esperto in materia ambientale o di appalti. Tali dichiarazioni sono state definite nell'ordinanza di custodia cautelare contro Savasta del gennaio 2019 «una formidabile conferma all'ipotesi accusatoria». Per il gip, infatti, «Savasta nell'intervista cristallizza esattamente quel concetto di utilità non economica (...), contropartita alla gestione dei procedimenti a lui in carico e tutta diretta a favorire la posizione dell'imprenditore».