SCISSIONE GRILLINA A PARTE, DRAGHI INCASSA IL SÌ AL SENATO PER INVIARE NUOVE ARMI ALL’UCRAINA - IL VOTO FINALE RACCONTA CHE LA MAGGIORANZA È COMUNQUE PIÙ SOLIDA DI QUANTO POSSA APPARIRE, A FAVORE DELLA RISOLUZIONE APPROVATA DAL GOVERNO SONO 219 SENATORI, 20 I CONTRARI, 22 GLI ASTENUTI (TRA LORO DUE SENATORI DELLA MAGGIORANZA, GIULIA LUPO, M5S, E CARLO DORIA, LEGA) – L’AFFONDO DI MARIOPIO: “DOBBIAMO CONTINUARE CON SANZIONI CHE SONO EFFICACI E COSTERANNO ALLA RUSSIA OLTRE L'8% DEL PIL”
-
Marco Galluzzo per il “Corriere della Sera”
Prima di entrare nell'Aula del Senato risponde in modo diplomatico alla domanda del giorno, se è preoccupato dalla posizione che terranno i Cinque Stelle: «Mah, non lo so, vediamo, vediamo...». Di sicuro Mario Draghi non è preoccupato per le parole che pronuncia, e che in qualche modo cercano di mettere la sordina alle polemiche di queste ore. Non pronuncia la parola armi, dirette a Kiev, ma non ne ha bisogno: «Continueremo a sostenere Kiev secondo il mandato che il Parlamento ci ha dato».
Per il premier ogni linea diversa dal mandato ricevuto da Camera e Senato, una linea che rimarca essere intrecciata con gli obiettivi dell'Unione europea e del G7, non è nemmeno da prendere in considerazione. La linea non può cambiare, e include qualsiasi tipo di aiuto agli ucraini, dalle armi all'accoglienza dei profughi, dal sostegno economico alla difesa dei diritti di Kiev nella Ue: «Questo è il mandato che abbiamo ricevuto da voi, sostenere Kiev, cercare la pace, superare la crisi, questa è la guida della nostra azione», sono le parole finali di un intervento asciutto, che dura circa 30 minuti, e in cui la parola mandato ricorre due volte, all'inizio e al termine.
Al termine della seduta, dopo tante polemiche, dopo le divisioni interne al M5S, il voto finale racconta che la maggioranza è comunque più solida di quanto possa apparire, a favore della risoluzione approvata dal governo sono 219 senatori, 20 i contrari, 22 gli astenuti (tra loro due senatori della maggioranza, Giulia Lupo, M5S, e Carlo Doria, Lega).
Il mandato a cui allude più volte Draghi è condiviso da più di sette senatori su dieci, è quello cui fa riferimento la stessa risoluzione, un mandato che dura sino alla fine dell'anno in corso e che autorizza l'esecutivo a prendere decisioni per decreto sulle forniture di aiuti militari diretti a Kiev. Un metodo che per Draghi non può cambiare, tanto più che oggi «si aggrava il bilancio dei morti, i civili sono più di 4.000», tanto più che i russi «continuano con le atrocità, per le quali i crimini di guerra saranno accertati e puniti», tanto più che nella recente visita a Kiev «ho visto la devastazione e insieme la determinazione degli ucraini a difendere il proprio Paese».
Il capo del governo non rintraccia alcun possibile cambiamento nel rapporto fra Palazzo Chigi e Parlamento. Sostenere l'Ucraina significa anche «continuare con sanzioni che sono efficaci, che colpiranno il Pil della Russia per un costo di oltre l'8 per cento quest' anno, che serviranno perché Mosca si sieda al tavolo dei negoziati». Significa anche che «solo una pace concordata e non subita può essere davvero duratura, la sottomissione violenta non porta la pace ma il prolungamento del conflitto».
Aiutare Kiev a difendersi, è il corollario, significa avvicinare i negoziati. Anche per questo motivo fa anche un appello a mettere da parte le polemiche: «Oggi spetta a tutti noi aiutare l'Ucraina a rinascere» e un aiuto arriverà anche dallo status di candidato all'adesione all'Ue che l'Italia, insieme a Francia e Germania, sostiene; e confermerà giovedì e venerdì al Consiglio europeo.
In fase di replica è ancora più asciutto che nel suo intervento. Sa che l'accordo sulla risoluzione che sta bene al governo è stato trovato, nonostante i Cinque Stelle vivano una scissione. Sceglie di mettere l'accento proprio sul ruolo imprenscindibile del Parlamento: «Ringrazio perché il sostegno è stato unito e l'unità, come molti di voi hanno osservato, è essenziale - dice il presidente del Consiglio - . Ringrazio, infine, anche per un altro motivo, quasi personale: in questi momenti, quando il Paese è sia pure indirettamente coinvolto in una guerra, le decisioni che si devono prendere sono molto complesse, profonde, hanno risvolti anche morali. Per cui avere il sostegno del Senato è molto importante per me». Quando va via due domande dei cronisti. È preoccupato per il governo? «No». È soddisfatto per il voto? «Si».