SCURDAMMOCE ‘O PASSATO - I GRILLINI HANNO CAMBIATO IDEA SULLO “PSICONANO” E BERLUSCONI FA LO STESSO CON LORO: TRE ANNI FA DICEVA CHE LI AVREBBE MANDATI VOLENTIERI “A PULIRE I CESSI” E ORA FA IL PIACIONE PERCHÉ GLI FANNO COMODO PERCHÉ SOGNA (INUTILMENTE) IL QUIRINALE - L’ULTIMA USCITA DEL CAV È SU CONTE, CHE L’HA INVITATO A FARE UN PATTO SULLE RIFORME: “HA UN PO’ IL MIO STILE…”
-Ilario Lombardo per “La Stampa”
Gli fa piacere. È ovvio che a Silvio Berlusconi faccia piacere sentirsi invitare da un avversario politico, un ex premier come lui, al tavolo nobile delle riforme costituzionali. Non dà ufficialmente seguito alle parole di Giuseppe Conte, però, se non lasciando filtrare un apprezzamento personale: «Ha un po' il mio stile» ha confessato il Cavaliere, intravedendo nell'avvocato che oggi guida il M5S modi e argomentazioni berlusconiane.
Come se, in fondo, l'ultraottantenne creatore del centrodestra fosse perseguitato dalla maledizione di non aver trovato un erede, e di vederne accennato qualcosa in ogni nuovo leader. In realtà, non è la prima volta che modella su se stesso il confronto con il proprio successore venuto improvvisamente dal nulla e messo alla testa di due governi di natura radicalmente opposta.
Di Conte ha già detto più volte ai suoi collaboratori più fidati di aver notato diverse somiglianze, per «l'aspetto impeccabile, mai fuori posto, sbarbato», per i modi «bene educati» con cui ha addomesticato il Movimento del Vaffa. Chi lo conosce sa che questi non sono dettagli per Berlusconi, primo attore ma anche attento regista di casting politici, allergico a ogni eccesso di scapigliatura.
Nei due anni e mezzo in cui Conte è stato a Palazzo Chigi è toccato come sempre a Gianni Letta consolidare il rapporto tra i due, farsi messaggero di stima verso il premier dei 5 Stelle. Certo, come spiegano dentro Fi, nella cortesia delle relazioni molto hanno fatto le decisioni di governo che non si sono mai accanite sull'azienda di famiglia.
Nel Conte I quando furono cambiate alcune frequenze per allargare il 5G e gestire quelle da riassegnare, e dallo Sviluppo economico, allora guidato dal grillino Luigi Di Miao, uscì un bando che sembrava tagliato su misura per Mediaset. Oppure nel Conte II quando sempre il Mise, attraverso una norma dentro il decreto Covid, si inventò uno scudo per proteggere il colosso mediatico di Berlusconi dalla scalata della francese Vivendi.
Ma c'è anche di più nell'orgoglio con cui Berlusconi ha accolto l'apertura di Conte, leader - non va dimenticato - di quel Movimento che contro il presidente di Fi ha edificato molto del proprio successo elettorale. Sulla proposta di riunire un tavolo per la riforma della Costituzione ha sentito l'eco delle sue tesi.
Innanzitutto sulla necessità di dare all'Italia un governo più stabile, che possa competere con i partner europei e globali, senza essere trascinato in eterne crisi per le bizze tattiche di qualche piccolo partito che esiste in Parlamento ma non nel Paese. Berlusconi però va oltre, ha sempre evocato una riforma della Carta più radicale che trasformi la Repubblica da parlamentare in presidenziale.
Conte non intende spingersi fino a quel punto, come non ha minimamente intenzione di cedere ai desideri quirinalizi del suo predecessore. «Non potrà mai essere lui il nostro candidato al Colle» spiega il presidente del M5S. Sarebbe il colmo, troppo anche per una storia fatta di tante giravolte.
Con gli azzurri i vertici 5 Stelle sono pronti a ragionare di legge elettorale, di proporzionale, ma non possono andare oltre, arrivando anche solo a immaginare che qualcuno nel segreto dell'urna possa davvero spingere verso il Quirinale colui che Beppe Grillo ribattezzò lo "psiconano".
Eppure, Berlusconi adesso comincia a crederci davvero. Racconta chi gli è vicino che se prima ci credeva «al 10-12%», ora pensa di avere molte chance in più. Se ne parla e non più come ipotesi dell'assurdo, come l'epilogo paradossale di un Paese mai sazio di sorprese. Tra scetticismo e sincera ammirazione intanto ha incassato il sostegno di un altro ex premier Lamberto Dini, che non chiude allo scenario sebbene lo veda molto più complicato: «Sarei ben lieto se Berlusconi Non credo riuscirebbe a raccogliere i voti necessari».
Ma anche solo parlarne vuol dirne definirla come possibilità concreta. Lo hanno capito persino nel Pd, dove troppi candidati rischiano di soffocare le strategie. Di giorno in giorno, peones dopo peones, Berlusconi vede salire le proprie quotazioni. È un illusione, un miraggio? Forse sì, come alla fine pensano tutti. O forse no.