SE ROMA PIANGE, PARIGI NON RIDE - L’INDUSTRIA FRANCESE SPROFONDA: LE FABBRICHE CHIUDONO E L’ESPORTAZIONE CROLLA - LA COLPA E’ DELLE TASSE DA RECORD SUL LAVORO – PROPOSTA DI TAGLIO DI 30 MILIARDI AL “CUNEO FISCALE” MA PER COMPENSARE LE MANCATE ENTRATE, DOVREBBERO AUMENTARE L’IVA E ALTRE IMPOSTE: HOLLANDE PERPLESSO, GOVERNO DIVISO - MAZZATA DAL FMI: PER IL 2013 PREVISTA UNA CRESCITA ALLO 0,4%...


Alberto Mattioli per "la Stampa"

FRANCOIS HOLLANDE

Ieri l'uomo più intervistato di Francia è stato Louis Gallois, ex presidente-direttore generale di Eads e attualmente «Commissario generale agli investimenti». E soprattutto autore di un rapporto di 65 pagine sul punto più dolente dell'economia francese: la competitività dell'industria. Dopo una lunga gestazione, scontri fra ministri dietro le quinte, un primo rinvio e fughe di notizie sulla stampa, Gallois ha presentato il suo rapporto al primo ministro, Jean-Marc Ayrault, e passato il resto della giornata a spiegarlo ai media.

FRANCOIS HOLLANDE

Il tutto fra molte invocazioni a un nuovo «patto sociale» e perfino al «patriottismo», segno che la situazione è davvero grave. L'idea è che, se l'industria francese è malata, la cura dev'essere drastica. Per ridurre il costo del lavoro, Gallois propone un taglio di 30 miliardi ai contributi: 20 in meno per le aziende e 10 per i lavoratori.

HOLLANDE FOTOGRAFATO DA RAYMOND DEPARDON jpeg

Il buco sarebbe colmato con altre imposte, stavolta a carico dei consumatori, come un aumento dell'Iva o della «tassa ecologica». Gallois aggiunge poi una ventina di misure, che vanno dagli sgravi fiscali per le imprese che esportano all'ingresso dei dipendenti nei cda delle società che ne hanno più di 5 mila.

Il governo si riunisce oggi per un seminario da cui dovrebbero uscire le prime misure concrete. Ma l'esecutivo è spaccato fra i fautori dello choc e quelli delle misure graduali. François Hollande sembrava schierato con i primi, anche perché quando ha commissionato il rapporto a Gallois non ignorava certo che l'ex «patron» è sempre stato prochoc. Ma il 25 ottobre, davanti a tremila industriali, si è detto anti-choc. L'opposizione ironizza e fa notare che non sarebbe la prima volta che un rapporto «decisivo» finisce nel cassetto.

JEAN MARC AYRAULT

Cosa si farà, insomma, è da vedere. Ma è certo che qualcosa va fatto. I numeri dimostrano che la Francia si sta deindustrializzando di più e più in fretta dei partner europei. Le imprese che esportano oggi sono 95 mila (due volte meno che in Germania o in Italia): nel 2002 erano 107.500. La parte francese del commercio mondiale è scesa dal 6,3% del 1990 al 3,3 del 2011.

I profitti delle imprese rappresentano il 6,8% del Pil, contro l'11,05% della Germania e il 9,63 dell'Eurozona. E il costo del lavoro sfiora i 34 euro all'ora, contro i 33 della Germania, i 25,2 dell'Italia e i 21,7 della Spagna. Tutto ciò ha scatenato una specie di festival della delocalizzazione. Dal gennaio 2009 al settembre ‘12, in Francia sono stati chiusi 1.132 siti industriali con più di dieci dipendenti, mentre ne sono stati aperti 786: il saldo negativo è di 346.

FRANCOIS HOLLANDE

Visto che, con l'euro, svalutare non si può più, la competitività si può recuperare solo riducendo il costo del lavoro e riformandone il mercato. Ma l'aumento delle tasse previsto per il 2013 è già storico, visto che Hollande vuole rispettare l'impegno della riduzione del deficit al 3% del Pil. Quindi si rischia un altro choc, stavolta fiscale. Ieri ci si è messo anche il Fmi, che prevede per il 2013 una crescita di un misero 0,4% e raccomanda di rendere più flessibile il mercato del lavoro. I sindacati e la gauche della gauche negano che il problema sia questo e promettono battaglia.

IL CAPOGRUPPO PS JEAN MARC AYRAULT

Per Hollande arbitrare fra le varie anime della maggioranza non sarà facile. Ieri era in Laos, un Paese che, ironia della sorte, cresce dell'8% all'anno. Che cosa farà del rapporto, non si sa. Di certo si sa cosa non farà. A differenza di quanto raccomandato da Gallois, non riprenderanno le ricerche sull'estrazione del gas di sciste. Non è il momento di irritare i Verdi.