SE L’È LEGATA AL TITO – RITRATTONE DI BOERI BY PERNA: “PIRATEGGIA SULLE PENSIONI ALTRUI, MA HA GIÀ ACCUMULATO LA PROPRIA ALL'OCSE, STA RACCATTANDO QUALCOSA ALL'INPS E NE AVRÀ UN'ALTRA DALL'UNIVERSITÀ CHE GLI VERSA I CONTRIBUTI FIGURATIVI IN ATTESA DEL RITORNO ALL'INSEGNAMENTO” – “È UN NARCISO CUI TUTTO VA STRETTO, ANCHE LE GIACCHETTE CHE INDOSSA. ALLA FINE CE L’HA FATTA, A TENERE LA RIBALTA PER UNA SETTIMANA…”

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Giancarlo Perna per “la Verità”

 

TITO BOERI

Alla fine ce l' ha fatta, Tito Boeri, a tenere la ribalta per una settimana. Docente di economia, uomo dispettoso, patito dello scontro, inebriato dalla fama, Boeri provava da tempo a imporsi. È un narciso cui tutto va stretto, anche le giacchette che indossa. Figurarsi l' Inps, che presiede dal 2014.

 

Obiettivamente, da quella postazione secondaria è difficile richiamare l' attenzione. Ci aveva provato in vari modi. Il prediletto era terrorizzare i pensionati - che pure gli sono affidati in protezione - minacciando le pensioni d' oro.

 

In sostanza, decurtare le rendite mensili sopra i 2.500 euro netti per rimpolpare quelle sotto i 1.000. Una cosa da Robin Hood de' noantri: togliere ai borghesi (che hanno pagato i contributi) per dare ai proletari (che non li hanno versati).

 

tito boeri

Il mobbing gli aveva procurato una sinistra visibilità. Il mio collega, Franco Abruzzo, che dei pensionati, giornalisti e no, è la spada difensiva, disse di Boeri con prosa fiammeggiante che ricordo a memoria: «I suoi progetti brutali e violenti hanno seminato paura, panico, insonnia e tachicardia tra i pensionati del ceto medio». Mancava solo un «maledetto!». Tuttavia, l' eco delle rodomontate boeriane si spegneva sul nascere.

 

Il professore era zittito dai suoi patroni del Pd (di cui Tito è militante) allora al governo. Giuliano Poletti, ministro del Lavoro e superiore diretto, detestandolo cordialmente, lasciava cadere nel vuoto le sue intemerate come stelle di San Lorenzo. I premier - Matteo Renzi, che lo nominò, e Paolo Gentiloni, che lo subiva - mandavano emissari a imporgli di tacere. Fu, insomma, un calimero del centrosinistra. L' Ego di Boeri ne soffrì e girarono spesso voci di dimissioni anticipate.

 

Provocatore

BOERI

Tutto è cambiato con l' arrivo dei gialloblù, i nemici dichiarati. Lo spirito battagliero del Nostro si è ringalluzzito: ora poteva fare l' eroe, aizzando i suoi opposti antropologici, Matteo Salvini e Luigi Di Maio, e conquistare la ribalta.

 

Il tempo di individuare i punti di attrito - gli immigrati per Matteo, il decreto sui cascherini in bici per Luigino - e via. Di qui, la comica sui pensionati mantenuti dagli africani di Pozzallo, la scontata reazione di quel tonto di Salvini e l' automatica conquista dei titoloni per l' astuto provocatore.

 

Poi, si è rivolto a Di Maio prendendolo per i fondelli sulle modifiche al mercato del lavoro definite costose, controproducenti, ecc. Ma l'altro, che è un tipetto compunto, ha solo respinto al mittente senza prestarsi al gioco.

 

TITO BOERI MATTEO RENZI

Allora, preoccupato di non andare sui giornali, Boeri ha sparato l' accusa di «negazionismo economico». Un colpo di genio perché il termine negazionismo evoca turpitudini e il suo uso a sproposito, sparge pepe.

 

Così il furbo Tito, con un trucco linguistico, ha dato a sé stesso l' intoccabilità della Shoà, spingendo i gialloblu nel campo nazifascista. Il risultato è stato ottimo, garantendogli le aperture dei Tg e i titoli sui giornaloni. Ai posteri, resta l' immagine che ha dato di sé: tifa per l' immigrazione, difende il lavoro precario. È la sinistra 2.0.

 

I buchi dell'Inps

FILIPPO TADDEI E TITO BOERI

Qual è il pianeta da cui scende questo Boeri che di tutto discetta tranne che dei guai della sua Inps: dal deficit di 7,5 miliardi, ai gravi ritardi nei pagamenti dei neopensionati, all' evasione contributiva di 130 miliardi?

 

Il suo mondo è la Milano bene e di sinistra. Non lasciatevi ingannare dal cognome rurale, poiché Boeri viene da bove, bovaro e ha un' assonanza con Emma Bovary, la piccolo borghese.

TITO BOERI ENRICO LETTA

 

Miserie che nulla hanno a spartire con i nostri Boeri i quali, da generazioni, appartengono alla prima cerchia meneghina. Il capostipite, Giovan Battista, nonno del nostro, fu fondatore con Ugo La Malfa del Partito d' azione. In tale veste, col Pri, occupò un seggio a Palazzo Madama nella prima legislatura repubblicana (1948-1953).

 

BOERI BY CARLI - STRATEGIA DELLA PENSIONE

Partigiano fu il figlio Renato che, uscito dalla macchia, sposò Cini, iscritta al Pci di Palmiro Togliatti. Testimone fu l' ex presidente del consiglio, Ferruccio Parri, il Maurizio del Cln. Da questo pedigree senza macchia nacquero nell' ordine: Sandro, giornalista; Stefano, archistar; e Tito. Il nostro Tito.

 

I pargoli furono cresciuti dalla mamma. Le strade dei coniugi Boeri biforcarono infatti nel 1965, quando Tito (60 primavere il 3 agosto) era di 7 anni. Renato farà una brillante carriera di neurologo, risposandosi anni dopo. Cini Boeri (oggi di 91 anni) lo doppiò per fama diventando un' osannata designer ed è, con Gae Aulenti, l' architetto donna più famoso dell' Italia contemporanea.

 

I 3 fratelli extraparlamentari

Stefano Boeri funerali moratti

Dei tre figlioli, Tito fu l' unico a dare qualche cruccio. Erano tutti extraparlamentari e occupatori di licei. Ma, varcata la porta di casa, il carnevale cessava di fronte al maggiordomo in polpe che serviva a tavola.

 

I due maggiori imboccarono subito la loro strada. Sandro, il giornalista, ha fondato e diretto Focus, versione italiana. L' architetto, Stefano, progettista dello stranoto Bosco verticale, è da lustri un telamone della sinistra milanese tanto che il Pd lo candidò sindaco nel 2011. Ma prese una scoppola dall' allora vendoliano Giuliano Pisapia.

 

boeri busta arancione

Di fronte ai due grandi che filavano come littorine, Tito era un alce isolato. Si intestardiva e dava cornate come oggi all' Inps. Cini, la mamma, diceva di lui: «Buono ma crapone». Prese una strada tutta sua che lo portò per anni lontano da Milano. Si laureò in Economia alla Bocconi (ci tornerà da docente), si trasferì un Usa per PhD alla New York University e, ventinovenne, fu assunto all' Ocse a Parigi, dove conobbe Pier Carlo Padoan, già pezzo grosso. Restò colà 9 anni.

 

Stipendio esentasse

bosco verticale milano

Imparò, come i tutti giannizzeri del globalismo, a predicare il rigore per gli altri mentre incassava uno stipendio esentasse. Non ha, infatti, mai pagato un tallero né all' estero, né in Italia, com' è in uso negli enti internazionali.

 

Chiaro che vieni su con un' idea marziana di te e del tuo mondo. Qui i beati, lì i reietti. Tito, perciò, pirateggia sulle pensioni altrui, ma ha già accumulato la propria all' Ocse, sta raccattando qualcosa all' Inps e ne avrà un' altra dall' università che, stando alla stampa, gli versa i contributi figurativi in attesa del ritorno all' insegnamento.

BOERI

 

Rientrato in Italia a cavallo del millennio, si scoprì dimenticato. Famosi i fratelli, lui ignoto. Vide che diversi colleghi, con storie simili, erano parimenti frustrati: volevano spazio sui giornali ma nessuno li filava.

 

Fu così che nel 2002 fondò la voce.info, giornale web che divenne la palestra sua e di tanti professorini. Cominciarono così gli inviti in tv. Una sera del 2005, ospite di Rai 3, divenne di colpo noto per un battibecco con l' allora ministro dell' Economia, Giulio Tremonti. Piacque la parlantina saccente che teneva testa all' altra e fu subito conteso dai talk show.

 

Editorialista di «repubblica»

DE BENEDETTI TITO BOERI

Come per incanto, si ricordarono di lui, Walter Veltroni, fondatore del Pd, che lo fece suo ghostwriter e Carlo De Benedetti, sponsor elvetico del medesimo partito. Costui, già lo conosceva per ragioni di mondanità milanese, ma ne fu rapito.

 

Gli aprì le porte di Repubblica, assumendolo come editorialista e lo nominò direttore della Fondazione Rodolfo Debenedetti, papà dell' Ingegnere. Da allora, Tito è un caposaldo della sinistra bene. Ora è la sua quinta colonna, nel tempo selvaggio dei gialloblù.