NELLA SEDE ROMANA (CHE COSTA TROPPO E SARÀ ABBANDONATA) SI CONSUMA IL FUNERALE. NON SERVE “CHE FAI, MI CACCI?”: FINI, PRESIDENTE DELLA CAMERA, CHE NEL PROSSIMO PARLAMENTO NON SARÀ PIÙ NEMMENO DEPUTATO, STAVOLTA SI CACCIA DA SOLO - 2. “NON SERVE PUNTARE IL DITO SU TIZIO E CAIO. PORTO IO PER INTERO SULLE MIE SPALLE LA RESPONSABILITÀ MORALE. IL RISULTATO È STATO SEMPLICEMENTE CATASTROFICO. IO SONO STATO DIMISSIONATO DAGLI ELETTORI, IO CI HO MESSO LA FACCIA E IO PER PRIMO NE PAGO LE CONSEGUENZE: HO FINITO DI CUCINARE LA MINESTRA” - 3. FINI BLOCCA LA CHINA DEL ‘BOIA CHI BOLLA’ DI GRANATA: “ANCHE SE TENTASSIMO DI RISTRUTTURARE NON FUNZIONEREBBE. IL “PRODOTTO” È STATO RIFIUTATO DAL MERCATO. LA TRAVERSATA NEL DESERTO DI FLI È FALLITA. NEL DESERTO CI SIAMO RIMASTI NOI” -


Alessandra Longo per "la Repubblica"

E' morta Fli, viva Fli. Nella sede romana di via Poli (che costa troppo e sarà abbandonata) si consuma l'inevitabile cerimonia funebre postelettorale. Gianfranco Fini, presidente della Camera, che nel prossimo Parlamento non sarà più nemmeno deputato, sceglie di assumersi tutte il peso della sconfitta: «Non serve puntare il dito su Tizio e Caio, non servono capri espiatori.

GIANFRANCO FINI LA FINE DI FUTURO E LIBERTA

Porto io per intero sulle mie spalle la responsabilità morale di come sono andate le cose. Ho fatto il mio dovere, non mi sono risparmiato, ho girato l'Italia in lungo e in largo ma non è bastato. Il risultato è stato semplicemente catastrofico, politicamente ed elettoralmente. Io sono stato dimissionato dagli elettori, io ci ho messo la faccia e io per primo ne pago le conseguenze».

GIANFRANCO FINI LA FINE DI FUTURO E LIBERTA

Così si muore, dicono i suoi, «nobilmente, da gran signore». Almeno questo glielo riconoscono, anche se mai gli perdoneranno di non essersi dimesso dalla Camera al momento giusto, quando diventò, solo due anni fa, l'eroe antiberlusconiano
con quella frase ormai affidata all'album di famiglia: «Che fai, mi cacci?».

ROBERTO MENIA LA FINE DI FUTURO E LIBERTA

Si riunisce quel che resta del partito di Fini: segretari regionali, provinciali, ex parlamentari. Il Capo è già lì. «Voglio ascoltare», dice. Ma, al solito, ha già deciso, perlomeno quel che vorrà fare lui. Lavorerà ad una Fondazione, farà il padre nobile che non disperde «i valori»: «Gli uomini per tutte le stagioni non esistono. Lo dico per me. Ho finito di cucinare la minestra».

Più chiaro di così, si volta pagina. La nota ufficiale dell'incontro, limata per sei ore, è meno brutale: «Si è chiusa una fase, ma questo non pone fine all'impegno politico». Sciogliersi, non sciogliersi, esistere o lasciar perdere e puntare sul privato come farà il già deputato Enzo Raisi. C'è il peso della sconfitta, le facce scure di Bocchino, Consolo, Briguglio, di Donato La Morte che già lavorava ai tempi di Almirante. Tutti parlano, quasi un residuo automatismo dei tempi ruspanti delle assemblee plenarie assediate dai giornalisti.

LA FINE DI FUTURO E LIBERTA

Inevitabile lo sfogatoio. Fabio Granata è per il boia chi molla, chiudere Fli e andare avanti. Altri se la prendono con la letale decisione di confluire nella Lista Monti: «Siamo stati risucchiati, privati dell'identità». Altro che Polo della Nazione. Fini blocca la china dei «personalismi»: «Non inerpicatevi alla ricerca del capro espiatorio, non cercate di gettare la croce a questo o a quello. Non serve a nulla. Anche se tentassimo di ristrutturare qualcosa non funzionerebbe. Il "prodotto" è stato rifiutato dal mercato. La traversata nel deserto di Fli è fallita. Nel deserto ci siamo rimasti noi».

LA FINE DI FUTURO E LIBERTA

Fli si scioglie allora? Dal punto di vista amministrativo no: «C'è lo statuto, ci sono delle regole da rispettare», spiega Roberto Menia. Nemmeno morire è facile. Ma Fli, come logo di partito, è da oggi modernariato, non ci sarà più alle prossime elezioni. Lontana Bastia Umbra (novembre 2010), con migliaia di persone eccitate a chiedere le dimissioni di Berlusconi, archiviata l'assemblea costituiva di Milano (febbraio 2011) alla fiera di Rho, il palco di venti metri circondato da un prato vero, innaffiato dalle hostess in divisa. Foto sbiadite. Le elezioni sono state una «catastrofe».

ITALO BOCCHINO LA FINE DI FUTURO E LIBERTA

Menia: «Siamo in finiti in maniera abbastanza ingloriosa, ma quando si cade ci si rialza». Lo zero virgola qualcosa suona punizione fin troppo crudele. Ragiona Fini a voce alta sul «fallimento» del progetto di confluenza con i centristi: «Ora il sistema può impazzire. Non c'è un solo punto fermo». Il Capo ha lasciato il Parlamento con i suoi: «Era mio dovere. Ho scelto di guidare la lista della Camera senza considerare comode vie d'uscita al Senato». Pierferdinando Casini, stessa batosta, rimane senatore. Ma questo l'ex leader di An non lo dice.

FABIO GRANATA LA FINE DI FUTURO E LIBERTA

E adesso? L'ultima nota è scritta con un linguaggio quasi da vecchia sinistra: «Adesso si apre una stagione costituente di approfondimento culturale e programmatico, per disegnare il profilo di una destra repubblicana e legalitaria che parli al cuore degli italiani». Chi la guiderà? Altri, non Fini. Da oggi la classe dirigente di Fli è azzerata e la parola passa ad «una nuova generazione e a un nuovo gruppo dirigente». Cala il sipario.