SEMPLIFIC…AZIONI DI FORZA: DISCO VERDE ALLE GRANDI OPERE, LA SOGLIA DEI SUBAPPALTI ELEVATA AL 50% MA MAGGIORI CONTROLLI - VIA LIBERA AL DECRETO, INTRODOTTE GARANZIE PER I LAVORATORI E CONTRO LE INFILTRAZIONI DELLA CRIMINALITÀ – IL METODO CONSENSUALE DI DRAGHI CHE SUL "RECOVERY" ACCENTRA I POTERI A PALAZZO CHIGI (SALUTAME I 6 MANAGER ESTERNI DI CONTE!) - IL TUTTO SINO AL 2026, QUINDI BEN OLTRE LA DURATA DELLA LEGISLATURA…
-Luca Cifoni per il Messaggero
Un compromesso che punta a far saltare gradualmente la soglia rigida in materia di subappalti (che solo temporaneamente viene alzata al 50 per cento) introducendo però maggiori garanzie e controlli sia a tutela dei lavoratori, sia per contrastare le potenziali infiltrazioni della criminalità organizzata.
Sciogliendo l' ultimo complicato nodo, il governo è riuscito ieri ad approvare, prima della fine del mese, il decreto legge che contiene le semplificazioni necessarie agli investimenti del Recovery Plan, e anche la struttura di governance con cui il piano sarà gestito.
DUE ESIGENZE Come già indicato da Palazzo Chigi, l' esecutivo si trovava a dover bilanciare più esigenze: quella di mettere a punto norme in grado di velocizzare al massimo i lavori, vista la necessità assoluta di rispettare i tempi intermedi e finali per la realizzazione delle opere inserite nel Piano nazionale di ripresa e resilienza; quella di aderire alle indicazioni della stessa Unione europea che non vuole limitazioni rigide alla pratica del subappalto; e infine quella politica di non mettersi in rotta di collisione con i sindacati e con una parte della maggioranza. Già nei giorni scorsi, rispetto a quanto previsto nelle primissime bozze del provvedimento, era stata cancellato il criterio del massimo ribasso per gli appalti (che in realtà oltre che ai sindacati non piaceva nemmeno ai costruttori e al mondo delle imprese).
Sullo scoglio del subappalto, il punto di partenza della discussione era la possibile proroga della norma che prevede - in via provvisoria - che i lavori affidati in subappalto non possano superare il 40 per cento dell' importo complessivo del contratto. Dopo approfondimenti tecnici e nuovi contatti con le parti sociali, che si sono protratti per buona parte della giornata, il Consiglio dei ministri si è riunito alle 18 per esaminare un testo di mediazione.
Il tetto all' importo del subappalto, rispetto al valore complessivo del contratto, viene portato al 50 per cento fino al prossimo 3 ottobre. Contemporaneamente le regole attuali vengono rafforzate: il contratto - a pena di nullità - non potrà essere ceduto né potrà essere affidata a terzi l' integrale esecuzione delle prestazioni, tranne appunto la possibilità di subappalto, mentre il subappaltatore dovrà garantire gli stessi standard qualitativi del contratto di appalto e riconoscere ai lavoratori un trattamento economico non inferiore a quello che avrebbero avuto, con l' applicazione dello stesso contratto di lavoro.
Poi dal prossimo primo novembre il tetto del 50 per cento verrà meno e ed entreranno in vigore ulteriori paletti. In particolare saranno le stazioni appaltanti (ovvero amministrazioni o enti che aggiudicano i lavori) a specificare in anticipo nei documenti di gara le prestazioni che vanno eseguite direttamente dall' aggiudicatario; sia in relazione alle caratteristiche dell' appalto, sia di alcune specifiche esigenze come quella di rafforzare i controlli nei cantieri, garantire salute e sicurezza dei lavoratori ed anche prevenire le infiltrazioni criminali.
Per questo potrà anche essere sentito il parere delle prefetture. Inoltre - ed è un punto molto rilevante - viene stabilita la responsabilità in solido del contraente principale e del subappaltatore nei confronti della stazione appaltante.
LE REAZIONI La versione finale è stata giudicata favorevolmente dai sindacati, con il segretario della Cgil Landini che parla di «risultato positivo» riferendosi alle garanzie per i lavoratori e ai vincoli specifici in tema di rispetto della legalità. Apprezzamento è venuto dall' ala sinistra della maggioranza attraverso la voce del ministro della Salute Speranza ma anche dal ministro del Lavoro Orlando e da altri rappresentanti del Pd, che avevano evidenziato la necessità di un confronto con le parti sociali. La Lega sottolinea invece l' importanza di un' altra novità, l' innalzamento delle soglie per l' affido diretto degli appalti.
DRAGHI
Marco Conti per il Messaggero
I super poteri per concludere i progetti del Pnrr Mario Draghi li porta a casa. La riunione del Consiglio dei ministri slitta di qualche ora, ma alla fine licenzia il decreto Semplificazioni senza intoppi, con il plauso delle Regioni e anche del sindacato. Soddisfatta anche la Cgil di Maurizio Landini pur riservandosi «una valutazione più approfondita» del testo.
I POTERI Il «metodo consensuale» adottato, e rivendicato da Palazzo Chigi, ha funzionato «perché il dialogo non si è trasfigurato in concertazione e non ha fatto perdere di vista l' obiettivo», sostiene un ministro. L' agenda di Draghi ha quindi una sua forza che non si lascia commissariare nè dalle amministrazioni regionali nè dalle parti sociali. Nè dai potenti apparati burocratici quando è il momento di scegliere chi nominare nelle aziende pubbliche.
E così, malgrado gli ultimatum del governatore campano, la riunione della ministra Gelmini e del sottosegretario Garofoli con le Regioni si è conclusa senza ostacoli.
Inizio teso, ma ha poi prevalso il pragmatismo nordico del leghista Massimiliano Fedriga, presidente del Friuli e della Conferenza, anche se l' unica concessione sta in un obbligo di consultazione che non cancella i poteri sostitutivi.
L' aumento al 50% della soglia del subappalto, e il successivo suo superamento, è stato concordato con i sindacati in cambio delle garanzie sul lavoro e la legalità che dovrebbero essere pleonastiche solo se venissero rispettate le leggi in tutte le regioni.
«Metodo consensuale» e non concertazione, quello di Mario Draghi che ha costruito un percorso di attuazione del Recovery che non taglia solo la burocrazia, ma anche i partiti di riferimento degli apparati. Il risultato del via libera di ieri sera al decreto è un accentramento di poteri in capo a Palazzo Chigi che i partiti della maggioranza autorizzano senza fiatare troppo in forza di quell' affidavit sottoscritto cento giorni.
Il decreto prevede che a Palazzo Chigi si installi la cabina di regia, mentre la segreteria tecnica sarà al ministero dell' Economia e i ministri verranno coinvolti solo se chiamati a dire la loro sulle materie di competenza. Il tutto sino al 2026, quindi ben oltre la durata della legislatura, al punto da alimentare scenari di continuità sia a Palazzo Chigi sia al Quirinale.
Una gestione del Recovery diametralmente opposta a quella pensata da Giuseppe Conte con i sei manager che avrebbero lavorato con pieni poteri, rispondendo al premier, ma in maniera esterna.
Stavolta è tutti in capo a coloro che la politica e i partiti hanno voluto a Palazzo Chigi. La svolta deregolatrice piace alla Lega, che infatti plaude all' ampliamento del «silenzio assenso verso tutte le pratiche» e ai «tempi più brevi per i contratti pubblici». Contenta anche FI che con Mara Carfagna sottolinea lo «sblocco della capacità di investire» e con la Gelmini «la discontinuità rispetto al precedente governo». Più in difficoltà sono Pd e M5S.
L' ex premier Conte prima del consiglio dei ministri incontra i capigruppo e i ministri grillini per ribadire che il codice degli appalti non si tocca e il massimo ribasso va cancellato. Due temi che però non ci sono nell' ultima versione del testo, visto che la riforma del codice è stata già rimandata ad apposita legge e il massimo ribasso è stato già cassato. Resta però il subappalto sul quale fanno muro Pd e Leu con i ministro Orlando e Speranza che alla fine ottengono che resti al 50% sino al 31 ottobre per poi allinearsi alle normative europee.
Se l' obiettivo del Pd di Enrico Letta sul Recovery è solo quello di «smontare il pregiudizio» che c' è in Europa sull' utilizzo dei fondi europei, l' obiettivo potrebbe essere vicino e in grado di mettere in difficoltà anche l' unico partito, FdI, che ha puntato sul fallimento dell' Agenda-Draghi. Qualora dovessero prevalere le ragioni della costruzione a tutti i costi di un' alleanza con il M5S è obbligatorio tener conto delle valutazioni di Alessandro Di Battista che qualche minuto dopo il via libera al decreto Semplificazioni ha scritto su social che il M5S dovrebbe «prendere atto che se si votasse ora stravincerebbero i no al governo Draghi».