SENZA IL BIS DI MATTARELLA AL COLLE, L'OPERAZIONE-FREEZER CON IL CONGELAMENTO ANCHE DI DRAGHI AL GOVERNO, RISCHIA DI FALLIRE - LETTA AVVERTE I PARTITI: “INTESA LARGA PER IL QUIRINALE OPPURE SALTA IL GOVERNO” – INTANTO PAOLO GENTILONI SI DEFILA: “IO AL COLLE? SONO PIENAMENTE IMPEGNATO A BRUXELLES” - LE MOSSE DI RENZI E DELLA MELONI - IL NO DI ENRICHETTO E CONTE A BERLUSCONI
-MARCO CONTI per il Messaggero
Dialoga con tutti. Trova inaspettate risorse per bloccare l'aumento delle bollette. Istruisce a Palazzo Chigi un tavolo che esalta un metodo di lavoro nel quale non ci sono interlocutori privilegiati o sponde per mettere una delegazione di partito contro l'altra. Nessuno, in questi due giorni di incontri per definire gli ultimi passaggi della manovra di bilancio, ha mai sentito dire da Mario Draghi eh no, questo non si può fare perchè altrimenti la Lega o il Pd o il M5S, non ci stanno.
IL SUSSULTO Il segretario del Pd, Enrico Letta, giorni fa aveva auspicato che quel tavolo di mediazione venisse fatto e gestito dai partiti di maggioranza. In un sussulto di senso di responsabilità i leader, o i capidelegazione, si sarebbero dovuti ritrovare in modo da evitare la consueta valanga di emendamenti e avviare un patto di consultazione che avrebbe dovuto asciugare il numero degli emendamenti alla legge di bilancio trovando un metodo che sarebbe risultato utile in vista della partita del Quirinale.
Invece non se ne è fatto nulla e ogni partito ha piantato centinaia di bandierine, sotto forma di emendamenti. Al presidente del Consiglio è tornato quindi il compito di gestire la mediazione. Ieri l'altro, il M5S e la Lega, ieri FI e Pd, oggi i partiti più piccoli della maggioranza. Un lavoro al quale Draghi si è apprestato con un certo orgoglio perchè il metodo dei tavoli separati, al quale lo hanno costretto partiti che continuano a guardarsi in cagnesco, esalta la capacità di sintesi dell'ex presidente della Bce e conferma come solo lui sia, in questo momento, il possibile punto di sintesi della Repubblica e quindi possibile e degno erede di Mattarella e del suo complicato settennato. Nessun cenno, neppur indiretto, da parte di Draghi alla partita del Quirinale, ma molta attenzione a non urtare gli autorevoli capidelegazione di partiti che trattengono i fiato temendo che la scelta di Draghi, tra palazzo Chigi e Quirinale, li costringa in percorsi dai quali è complicato tirarsi fuori.
A farsi da parte è stato però ieri il commissario Ue Paolo Gentiloni con un «pienamente impegnato a Bruxelles» che per un giorno lo sottrae al toto-Colle. «Tutti dobbiamo fare dei passi avanti di comune accordo», «l'intesa deve essere larga altrimenti salta il governo» che, riflette il segretario dem, cadrebbe comunque se al Colle venissero eletti candidati di bandiera come Berlusconi». Messa così è un rebus senza soluzione perchè tutto si tiene e i partiti faticano a uscire dalla logica di un bipolarismo ormai morto, come hanno confermato i governi dell'attuale legislatura. Eppure ognuno resta barricato nel proprio recinto.
Conte e Letta dicono «mai Berlusconi al Quirinale» e Tajani promette che la coalizione sarà «coesa» nel momento della scelta includendo anche FdI. L'appello a Draghi a restare al suo posto è finito come quello rivolto poco prima a Sergio Mattarella che non ha nessuna intenzione di accettare un nuovo mandato. «Napolitano era comunista e non era siciliano», sostiene chi rievoca il bis dello scorso settennato per ammettere, sconsolato, che i tentativi sono andati sinora a vuoto. Senza il bis di Mattarella l'operazione-freezer, ovvero il congelamento anche di Draghi al governo, rischia comunque di fallire. Perchè se Letta spinge per eleggere un Capo dello Stato con la stessa maggioranza di governo - che vede al suo interno presente tutto il centrosinistra passato e futuro - ovviamente a quel tavolo Salvini e Tajani vogliono far sedere anche Giorgia Meloni. Infatti, malgrado sia fallita già in occasione del tentato Conte-ter, persiste l'idea che sia possibile tenere insieme la propria coalizione puntando a sfasciare l'altra.
Ne sa qualcosa Matteo Renzi, che dopo aver blandito il centrodestra, ha allineato Iv su quel «Draghi insostituibile a Palazzo Chigi» che Ettore Rosato declina pensando anche a dopo il 2023. L'unica che di fatto fa una esplicita campagna elettorale contro l'ex presidente della Bce è la leader di FdI Giorgia Meloni quando dice - pur sapendo di spaventare quasi tutto il Parlamento - che se il premier succede a Mattarella «ci sono le elezioni». Qualcosa non torna.