SENZA SERVIZI - COME È POSSIBILE CHE L’INTELLIGENCE ITALIANA, DELLA VICENDA DELL'HOTEL METROPOL, NON SI SIA ACCORTA DI NULLA? - EPPURE IL 24 FEBBRAIO SCORSO ‘’L'ESPRESSO’’ RIVELA IL VIAGGIO DI SALVINI A MOSCA E LE TRATTATIVE DEL SUO COLLABORATORE GIANLUCA SAVOINI CON I RUSSI. DOV'È STATA L'INTELLIGENCE NEL FRATTEMPO? - AI TEMPI DEL GOVERNO GENTILONI, ALL'ALLORA DIRETTORE DELL'AISE ALBERTO MANENTI ERANO ARRIVATE INDICAZIONI DI VERIFICARE INTERFERENZE RUSSE NELLA VITA DEI PARTITI ITALIANI, A COMINCIARE DAI CINQUE STELLE
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Stefano Feltri per il “Fatto quotidiano”
Qualche giorno fa l' agenzia Adnkronos ha rilanciato una vecchia leggenda metropolitana, di inizio anni Duemila: quella del "verme" del Sismi.
Un agente segreto russo infiltrato nell' allora servizio segreto militare che, per oltre un decennio, avrebbe passato informazioni a Mosca. L' intelligence riuscì a sventare una operazione del "verme", cioè "il tentativo russo di acquisire i segreti industriali di un' azienda fornitrice del ministero della Difesa", scrive l' AdnKronos. Che avanza poi un dubbio: "Il verme è ancora tra noi?". Nessuno ne ha mai scoperto l' identità.
In pochi credono che quelle storie siano vere. Ma come mai tornano in circolazione ora? Perché la vicenda dell' hotel Metropol e del negoziato sui presunti finanziamenti russi alla Lega hanno attirato l' attenzione sull' operato dell' intelligence italiana: possibile che non si sia accorta di nulla? Il 24 febbraio L' Espresso rivela il viaggio di Matteo Salvini a Mosca e le trattative del suo collaboratore Gianluca Savoini con i russi al Metropol, ma non succede niente fino a luglio.
Quando Savoini è tra gli invitati accreditati da palazzo Chigi alla cena ufficiale con Vladimir Putin, organizzata dal premier Giuseppe Conte che pure ha la delega all' intelligence. Subito dopo BuzzFeed pubblica l' audio di Savoini al Metropol e Salvini si trova sotto accusa, cinque mesi dopo le prime notizie. Dov' è stata l' intelligence nel frattempo?
Nella sua audizione parlamentare, il 18 luglio, il generale Luciano Carta che guida l' Aise, il servizio segreto estero, si è concentrato su un aspetto apparentemente marginale: i prezzi e i quantitativi del petrolio oggetto della transazione che doveva generare la tangente da 65 milioni per la Lega non erano giudicati credibili dall' intelligence. Sembra una scusa per giustificare la mancata attenzione al tentativo di uno Stato estero di influenzare la politica italiana.
Ma va ricordata una cosa rilevante: i servizi si muovono con la libertà di manovra richiesta dal loro lavoro soltanto su un preciso input dalle autorità titolate di legittimità democratica. Abbiamo visto negli anni Settanta cosa succede quando un servizio segreto "devia" e stabilisce una propria agenda, diversa da quella del governo che ne nomina i vertici. Si comincia con i dossier e si finisce con le bombe.
Morale: con quell' accenno alla scarsa credibilità della trattativa, Carta stava facendo capire che lui non ha avuto alcuna indicazione specifica di occuparsi di Russia oltre quello che legge sui giornali. E neppure di monitorare personaggi opachi come Savoini che pure - ci ha tenuto a sottolineare - erano ben noti agli 007. Poco dopo qualcuno dagli ambienti intorno ai servizi rievoca la leggenda del "verme" del Sismi, quasi a mandare un doppio messaggio: c' è stato un tempo in cui l' intelligence faceva controspionaggio per arginare i russi e, secondo malizioso segnale, il "verme" potrebbe essere ancora attivo e questa compromissione forse spiega una certa inerzia. Malignità che indicano però un problema reale.
Carta e l' Aise non possono fare la guerra alla Russia se nessuno glielo chiede. Nella relazione annuale sull' intelligence presentata a febbraio la Russia viene citata come un Paese attivo in Siria, in Sud America, nei Balcani, ma non come una minaccia in Italia.
Non è sempre stato così. Ai tempi del governo Gentiloni, all' allora direttore dell' Aise Alberto Manenti erano arrivate indicazioni di verificare interferenze russe nella vita dei partiti italiani, a cominciare dai Cinque Stelle.
Per le elezioni del 2018 erano calati a Roma anche gli analisti dell' Atlantic Council, un think tank di Washington legato al mondo dell' intelligence americana, proprio per monitorare i social e cercare tracce di possibili azioni di disturbo russe come quelle durante le presidenziali Usa 2016. Non avevano trovato nulla. Poi è arrivato il governo gialloverde. Salvini - pur senza deleghe formali - si è messo a occuparsi anche di intelligence: ha perorato un avvicendamento all' Aise, si è interessato di Libia, principale campo d' azione del servizio estero. Ha fatto sentire la sua influenza.
Il generale Carta viene dalla Guardia di Finanza, ha un suo percorso autonomo e una rete di relazioni che era solida prima di Salvini e gli sopravviverà, non è ostaggio della Lega. Ma per occuparsi di Russia e di legami con la Lega deve ricevere un preciso mandato.
Che, ha fatto capire in Parlamento, non è mai arrivato.
Neppure dopo l' uscita del pezzo dell' Espresso, secondo quanto risulta al Fatto, il titolare della delega all' intelligence, cioè il premier Conte, ha chiesto ai servizi di capire cosa fosse successo al Metropol. Il compito viene lasciato alla Procura di Milano. E così, le spie russe - vere o immaginarie come il "verme" - possono vivere senza troppi stress. Così come i loro mandanti. E i beneficiari del loro lavoro.