SERVIZI, SERVIZIETTI E DOSSIERINI: IL CASO CROSETTO IMBARAZZA IL GOVERNO – IL MINISTRO DELLA DIFESA TEMEVA DI ESSERE VITTIMA DI UN COMPLOTTO DEI SERVIZI SEGRETI. E AVEVA CHIESTO L’INTERVENTO DEL SOTTOSEGRETARIO ALLA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO ALFREDO MANTOVANO E DI GIORGIA MELONI. SENZA OTTENERE RISPOSTA – IL GOVERNO HA RISPOSTO MESI DOPO IN VIA UFFICIALE AL PROCURATORE DI PERUGIA, RAFFAELE CANTONE: “ESCLUDIAMO IL COINVOLGIMENTO DEGLI ORGANISMI DI INTELLIGENCE INTERNA” – LA PAURA DI CROSETTO È NEGLI ATTI ORA DEPOSITATI IN COMMISSIONE ANTIMAFIA, CHE RICOSTRUISCONO LA STORIA DI STRIANO E LAUDATI – LA NOTA DI CROSETTO: “FIDUCIA NEI SERVIZI, UNA MELA MARCIA FA DANNI”
-CROSETTO,FIDUCIA NEI SERVIZI,UNA MELA MARCIA FA DANNI
(ANSA) - "L'idea stessa che la mia sfiducia riguardasse" i servizi "o i suoi vertici è più ridicola che falsa. Purtroppo, basta una sola mela marcia a fare danni. L'importante è individuarle ed agire di conseguenza. Anche perché l'esistenza di rapporti distorti tra servizi e informazione rappresenterebbe una minaccia reale all'assetto democratico. In Italia invece i servizi rappresentano un presidio di piena legalità e democrazia che sa anche depurarsi quando serve".
Così in una nota il ministro della Difesa Crosetto sulle indagini del procuratore di Perugia Raffaele Cantone in seguito alla denuncia del ministro su presunti accessi illegittimi a informazioni riservate sul suo conto, nella quale venivano tirati in ballo anche i servizi segreti.
Estratto dell’articolo di Fabio Tonacci e Giuliano Foschini per “la Repubblica”
Il ministro della Difesa, Guido Crosetto, temeva di essere vittima di un complotto dei Servizi segreti. Per questo aveva chiesto l’intervento dell’Autorità delegata, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Alfredo Mantovano, a cui l’intelligence fa riferimento. E direttamente della premier Giorgia Meloni. Senza però ottenere risposta.
Quella risposta è arrivata infatti mesi dopo, in via ufficiale, non a Crosetto. Ma sulla scrivania del procuratore di Perugia, Raffaele Cantone, a cui il ministro aveva espresso la sua preoccupazione in un verbale. «Dopo aver fatto alcuni accertamenti escludiamo il coinvolgimento degli organismi di intelligence interna» ha scritto il Governo.
Caso chiuso, quindi. Anzi no. Perché attorno a questo passaggio nelle ultime ore si sta giocando una partita di grande tensione all’interno del Governo e della maggioranza. La paura di Crosetto è infatti riportata negli atti che la procura di Perugia ha depositato in commissione Antimafia: tremila pagine per ricostruire la storia del finanziere spione Pasquale Striano e del magistrato della Direzione nazionale antimafia, Antonio Laudati.
Per entrambi Cantone aveva chiesto gli arresti ma il gip ha rigettato la richiesta, sposando l’impianto accusatorio ma non ritenendo sussistenti le esigenze cautelari, non potendo i due (Laudati è in pensione, Striano affidato ad altro servizio) inquinare le prove o reiterare il reato.
L’ufficio di Cantone però non è d’accordo con questa tesi. E per questo ha presentato ricorso al tribunale del Riesame dando il via alla discovery degli atti: sono stati notificati agli indagati e Cantone li ha depositati personalmente alla commissione antimafia che, sull’affaire Striano, aveva aperto un’istruttoria.
In nome della trasparenza, Cantone aveva espressamente indicato che quegli atti non erano più segreti, essendo ormai noti alle parti.
Ma la presidente Chiara Colosimo ha interpretato in senso restrittivo l’indicazione: ha infatti imposto ai parlamentari che ne hanno chiesto copia, come loro diritto, un vincolo di riservatezza, numerando tra le altre cose le pagine per renderle riconoscibili. Un passaggio che ha sorpreso anche i parlamentari di centrodestra che, invece, erano pronti a salire sul treno dell’inchiesta di Perugia come già avevano fatto nei mesi scorsi: [...]
Dalla maggioranza in questi giorni, invece, è arrivato soltanto silenzio. Come mai? A imbarazzare è stato proprio il passaggio su Crosetto e i Servizi, che è sembrato quasi — anche se il ministro oggi smentisce — una presa di distanza rispetto a Mantovano e ai vertici deil’intelligence.
Come è ricostruito nelle 206 pagine di memoria, Crosetto nel verbale del 22 gennaio del 2024 riferisce a Cantone le proprie ragioni «di preoccupazione in relazione alla pubblicazione di articoli con informazioni riservate». In particolare si riferisce a uno del Domani nel quale si raccontava che la moglie, Gaia Saponaro, avesse partecipato a un concorso all’Aise, il nostro Servizio estero. Un concorso evidentemente dalle particolari procedure di protezione, vista la delicatezza del ruolo da ricoprire. In quel verbale il ministro ha detto alla Procura di aver «rappresentato le proprie perplessità sulla possibile provenienza dell’informazione dall’interno degli stessi apparati di sicurezza» sia a Mantovano sia direttamente alla presidente del Consiglio.
Era il tempo dell’intervista di Crosetto al Corriere («gruppi di magistrati contro il Governo, temo da qui fino alle europee»), quando il ministro lanciò un allarme poi rivelatosi infondato. Anche perché, a leggere il suo verbale, nessuno poi gli offrì un riscontro alle sue preoccupazioni (Crosetto ne aveva parlato anche con il direttore dell’Aise, Giovanni Caravelli, e la direttrice del Dis, Elisabetta Belloni): «Il ministro — si legge negli atti — ha precisato che gli accertamenti dallo stesso richiesti erano stati effettuati ma che lui non ne conosceva l’esito». «Negativo» ha detto la presidenza del Consiglio a Perugia.