1. SI CAMBIA! “LA REPUBBLICA” DI SCALFARI BRUCIA AGENDA MONTI E MERLO INFILZA CASINI - 2. ORA A FIANCO DI MONTI RESTANO ‘’CORRIERE’’, “LA STAMPA” E “IL MESSAGGERO” - 3. EU-GENIO LEGGE NAPOLITANO: “È CAMBIATO IN APPENA UNA SETTIMANA. DOMENICA STATISTA, MA GIÀ DA MARTEDÌ STAVA SCENDENDO PER METTERSI ALLA TESTA DI UNA PARTE” - 4. E LO ACCUSA DI AVER ABBANDONATO IL GOVERNO DEL PAESE E DI ABUSARE DI PALAZZO CHIGI: “PERFINO IL COMMISSARIO BONDI HA SMESSO DI OCCUPARSI DI “SPENDING REVIEW” PER IL NUOVO COMPITO SULLA FORMAZIONE DELLE LISTE. LO FA NEL TEMPO LIBERO O IN QUELLO D’UFFICIO? ECCO UNA DOMANDA ALLA QUALE SI VORREBBE UNA RISPOSTA” - 5. E MERLO SCANNA PIERFURBY: “POVERO MONTI SE UN GIORNO SCOPRISSE DI AVERE FATTO TUTTO QUESTO PER PERMETTERE A CASINI DI DIVENTARE L’AGO DELLA BILANCIA” -
1. PER FAVORE PROFESSORE NON RIFACCIA LA DC
Eugenio Scalfari per La Repubblica
È cambiato in appena una settimana. Domenica scorsa, davanti ad un'affollata platea della Federazione della stampa, Mario Monti aveva parlato da uomo di Stato tracciando le linee maestre d'un programma (o agenda che dir si voglia) per completare l'uscita dall'emergenza e proiettare il Paese verso il futuro dell'Italia e dell'Europa. Aveva ripetuto un punto di fondo che già conoscevo e avevo scritto riferendo una conversazione avuta con lui il giorno prima: «Dobbiamo riformare la pubblica amministrazione per adeguarla alla società globale e dobbiamo costruire lo Stato federale europeo. Si tratta di compiti estremamente impegnativi, pieni di futuro e di speranze e per condurli a termine è necessaria una grande alleanza di forze sociali e politiche che accettino questo programma».
E poi l'agenda delle cose concrete da fare: completare la legge contro la corruzione, portare avanti le liberalizzazioni, ripristinare il reato di falso in bilancio, varare una legge che risolva il conflitto d'interesse. E soprattutto, mantenere gli impegni assunti con l'Europa, stabilizzare il rigore dei conti pubblici e avviare la seconda parte di quegli impegni, la crescita economica, il lavoro, l'equità, il taglio delle spese correnti, l'alleggerimento delle imposte sul lavoro e sulle imprese, la produttività e la competitività, l'abolizione delle Province, il ruolo delle donne, il tasso demografico. «Fate più bambini» aveva concluso.
Quanto a lui, avrebbe atteso di vedere quali forze sociali e politiche avessero fatto propria la sua agenda. Se gli avessero chiesto di dare il suo contributo alla realizzazione di quel programma, era pronto ad assumerne la responsabilità. Un bellissimo discorso, di chi opera nel presente guardando al futuro, all'insegna di uno slogan che era molto più di uno spot: il cambiamento contro la conservazione.
Ma appena due giorni dopo aveva già iniziato colloqui riservati con l'associazione di Montezemolo e con i centristi di Casini e di Fini, avendo come consiglieri i suoi ministri Riccardi e Passera; poi aveva incontrato il giuslavorista Ichino in rapido transito dal Pd alla montiana coalizione centrista; i dissidenti del Pdl guidati da Mauro, mentre cresceva il numero dei ministri del suo governo interessati a proseguire con lui l'esperienza iniziata un anno fa.
Intanto fioccavano gli "endorsement" da quasi tutte le cancellerie europee e americane ed uno decisivo da ogni punto di vista del Vaticano, proveniente dai cardinali Bertone e Bagnasco e dall'"Osservatore Romano". La Chiesa, o almeno la sua gerarchia, lo vorrebbe alla guida dell'Italia per i prossimi cinque anni.
Quindi centrismo e una spolverata cattolica. Era salito in politica domenica ma già da martedì stava scendendo per mettersi alla testa di una parte. Si era alzato dalla panchina dove, secondo l'opinione del Capo dello Stato, avrebbe dovuto restare fino a dopo le elezioni, pronto a dare soltanto allora, a chi glielo chiedesse avendone acquisito il titolo elettorale, il contributo della sua competenza e della sua autorevolezza.
Invece non è stato così. Restano naturalmente da definire ancora parecchie questioni: «Per l'agenda Monti» oppure «Per Monti» o addirittura «Monti presidente »? Su questi punti si discute ancora ma si tratta di dettagli. Intanto il commissario Bondi che finora si era dedicato con efficacia alla revisione della "spending review" si sarebbe impegnato al controllo delle nuove candidature per quanto riguarda i redditi, il patrimonio e gli eventuali conflitti di interesse.
Con il fronte berlusconiano la rottura politica è stata completa e definitiva. Questo è un fatto certamente positivo. Bersani è definito invece affidabile ma la Camusso e Vendola sono considerati più o meno bolscevichi. Casini e Fini sono appendici interessanti ma
ovviamente subalterne, aderiscono ma è lui a dettare le condizioni. Benissimo il Vaticano purché senza ingerenze. Ovviamente.
Del resto il Vaticano non ne ha mai fatte, neppure ai tempi di Fanfani, di Moro, di Andreotti. Ha sempre e soltanto suggerito su questioni concrete e specifiche. La prassi è sempre stata la buona accoglienza del suggerimento. Con Berlusconi poi non ci fu nemmeno bisogno di suggerire: lui giocava d'anticipo. Gli bastava un monosillabo o addirittura un mugolio, tradotto da Gianni Letta. Perciò adesso si sente tradito e forse tra poco si dichiarerà anticlericale.
Da venerdì scorso comunque Mario Monti è a capo della coalizione centrista. La panchina è vuota, perfino i palazzi del governo sono semivuoti, eppure nei 60 giorni che mancano alle elezioni ce ne sarebbero di cose da fare, di provvedimenti già approvati ma privi di regolamentazione, di pratiche da portare avanti, per quanto mi risulta in ufficio c'è rimasto soltanto Fabrizio Barca, ministro della Coesione territoriale. Lui ha idee di sinistra, quella buona per capirci, non quella di Ingroia dove si parla solo della rivoluzione guidata dalle Procure e dell'agenda di Marco Travaglio.
Perfino il commissario Bondi ha smesso di occuparsi di "spending review" per il nuovo compito sulla formazione delle liste. Lo fa nel tempo libero o in quello d'ufficio? Ecco una domanda alla quale si vorrebbe una risposta.
2. DON CHISCIOTTE E SANCHO PANZA
Estratto da un articolo di Francesco Merlo per La Repubblica
La politica li ha fatti fuori tutti, ma proprio tutti, tranne uno: Pierferdinando Casini "l'inrottamabile", più celodurista di Bossi, più gatto di D'Alema, più volpe di Veltroni, più conchiglia di Mastella, eterno come fu Andreotti.
.......
Corrado Passera, che ha visto Casini all'opera, non in un agguato ma in un vero confronto politico, ha percepito il ritorno di uno stile. E ieri mattina infatti un dettaglio ha rivelato la scuola di Casini, il getto vegetale d'antica pianta: «Una lite con Passera? Mi viene da ridere». Solo Casini poteva pubblicamente chiamare «amico» e «grande amico» l'uomo che aveva appena costretto alla resa, come nelle sceneggiature sciasciane, in Todo Modo, dove la carezza è sentenza.
Non è ancora il ritorno alla dissimulazione onesta del potere spietato e rispettoso delle forme, ma sono molti i rimandi all'antico galateo del diavolo che in Casini ha pure quella famosa benedizione vaticana che tradotta in vulgata plebea suona così: «Amare Dio e fregare il prossimo». Casini, che ha avuto una vita sentimentale moderna e disordinata e dunque peccatrice, è anche portatore di un conflitto di interessi meno pacchiano e meno cospicuo di quello di Berlusconi, ma ancora importante. Ha infatti sposato con la signora Azzurra anche i giornali e il mattone di Francesco Gaetano Caltagirone.
Rassegnatosi da tempo alla fine della Dc, Casini vuole diventare l'ago della bilancia grazie a Monti e ai voti ottenuti con la moltiplicazione delle liste che si chiamano appunto "liste a strascico", e non illustrano una strategia gollista ma solo il trucco dei trafficanti di Porcellum.
Monti invece si sentirebbe sconfitto se i risultati elettorali dimostrassero che, nell'universo che ha aperto il suo perimetro, nella politica che si affida alla testa e alle gambe, non si tornerà mai più all'ombelico, alla cicatrice natale, al punto mediano dove tutto l'ingorgo politico va a defluire.
Povero Monti se un giorno scoprisse di avere fatto tutto questo per permettere a Casini di diventare l'ago della bilancia, per consentire a Pierferdinando la colpevole ma simpatica inadeguatezza di rimirarsi e rimuginarsi l'ombelico.