SI FA PRESTO A DIRE “FACCIAMO ENTRARE L’UCRAINA NELL’UE” - MACRON E SCHOLZ TEMONO CHE UN PAESE DI 40 MILIONI DI PERSONE DEVASTATO DALLA GUERRA E CON UNA DEMOCRAZIA INCOMPLETA POSSA PARALIZZARE L’UNIONE - PRIMA BISOGNA RIFORMARE L’UE CON L’ELIMINAZIONE DELLE DECISIONI ALL’UNANIMITÀ, CREARE UNA VERA DIFESA COMUNE E UNA POLITICA ENERGETICA COMPLETA - E POI C’È LA QUESTIONE BILANCIO: CHI TIRA FUORI I SOLDI PER RICOSTRUIRE UN PAESE DISTRUTTO DALLA GUERRA?
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Estratto dell’articolo di Alberto D’Argenio per “la Repubblica”
«Nessuna capitale ha mai risposto a 5mila pagine di questionario sul diritto comunitario rapidamente come ha fatto Kiev, e sono pure sotto le bombe russe…». Una fonte europea impegnata sul dossier adesione ucraina racconta che «Zelensky sta prendendo seriamente il lavoro per entrare in Europa: di questo passo potrebbero farcela già nella prossima legislatura Ue, tra il 2024 e il 2029». […]
il governo ucraino sta lavorando con la Commissione di Venezia - organo indipendente del Consiglio d’Europa, istituzione extra- Ue che vigilia sullo stato di diritto nel continente - per scrivere le riforme chieste da Bruxelles per avviare i negoziati di adesione. Ecco perché le principali cancellerie sono certe che a ottobre la Commissione europea darà il via libera ai negoziati di adesione alla Ue. Ma il percorso di Kiev verso l’Unione resta tutt’altro che scontato.
La Commissione Ue di Ursula von der Leyen lo scorso giugno ha concesso all’Ucraina lo status di candidato. Il prossimo mese emetterà un primo rapporto non scritto sull’avanzamento delle riforme […] Quella fondamentale riguarda la Corte costituzionale, dossier al centro dei colloqui riservati del 9 maggio a Kiev tra von der Leyen e Zelensky: un’Alta corte indipendente è precondizione e garanzia di un Paese realmente democratico anche nei prossimi decenni, a guerra finita. […]
Delicate anche la riforma per delimitare il peso degli oligarchi, nei paesi ex sovietici capaci di inquinare la vita democratica delle istituzioni, e le norme per la tutela delle minoranze – quella russofona, ma anche quella ungherese a Ovest del Paese e i rom – che garantendo i diritti di tutte le componenti della popolazione rappresenterebbe un altro tassello di un futuro accordo di pace con Mosca.
[…] I negoziati di adesione normalmente richiedono almeno una decina di anni ma Kiev chiede una sorta di “fast track”. Le capitali Ue però non sembrano intenzionate ad accelerare. Su tutte Parigi e Berlino, che pur favorevoli al matrimonio con Zelensky temono che un Paese di 40 milioni di persone devastato dalla guerra di Putin e con una democrazia incompleta possa paralizzare l’Unione.
Per questa ragione Macron e Scholz ritengono che prima di accogliere Kiev nella Ue l’Europa debba essere radicalmente riformata. Dal punto di vista istituzionale, con l’eliminazione delle decisioni all’unanimità, con una vera difesa comune e una politica energetica completa. E poi c’è la questione bilancio: i paesi dell’Est, come la Polonia, e i baltici sono i maggiori sponsor dell’Ucraina in Europa, ma per ricostruire un Paese distrutto dalla guerra dovrebbero rinunciare interamente ai loro fondi Ue in favore di Kiev.
Difficile che accettino, a meno che prima il bilancio Ue (e il contributo dei partner più ricchi) non venga riformato. Problematico anche l’arrivo dei prodotti agricoli ucraini nel mercato europeo, che danneggerebbe i contadini dell’Europa centro-orientale: anche la politica agricola dovrebbe esser riscritta. Infine insieme all’Ucraina dovranno entrare in Europa i paesi dei Balcani, Albania in testa, che attendono l’adesione da anni. […] il cammino di Kiev verso l’Europa resta lungo e incerto […]