SI SALVINI CHI PUÒ – IL MINISTRO DELL’INTERNO È INFURIATO CON LA PROCURA DI TRAPANI (E CON MATTARELLA) CHE NON HA ARRESTATO NESSUNO DEI MIGRANTI SBARCATI DALLA DICIOTTI: “A BORDO C’ERA ALMENO UNO SCAFISTA” – LA GUARDIA COSTIERA NON SA PIÙ CHE PESCI PRENDERE: LA DICIOTTI È LA PRIMA NAVE MILITARE ITALIANA DELLA STORIA A NON OTTENERE IL PERMESSO DI APPRODARE (POI CONCESSO GRAZIE ALL’INTERVENTO DEL QUIRINALE…)
-Fiorenza Sarzanini per il “Corriere della Sera”
A tarda sera, mentre i migranti sbarcano nel porto di Trapani, il ministro dell' Interno Matteo Salvini fa filtrare «lo stupore per l' intervento del Quirinale» ma anche «il rammarico per il mancato intervento della Procura di Trapani perché a bordo della nave c' era almeno uno scafista».
E tanto basta per comprendere a quale livello sia arrivata la crisi istituzionale. Perché nella sfida tra poteri dello Stato rimane vittima la Guardia costiera. Per la prima volta nella storia italiana una nave militare con i migranti a bordo non ottiene il permesso di approdare ed è costretta a rimanere per un' intera giornata in rada nel porto di Trapani.
E proprio questo spinge il capo dello Stato Sergio Mattarella a intervenire. Poco dopo lo stesso capo del governo contatta il titolare del Viminale per convincerlo a sbloccare la situazione. Matteo Salvini però non vuole cedere, prende ancora tempo, fino ad oltre le dieci di sera insiste nel dire che vuole vedere i «migranti scendere in manette dalla Diciotti».
Tutto comincia mercoledì sera, quando Salvini dichiara che «i migranti potranno sbarcare soltanto in manette» e quattro poliziotti del Servizio centrale operativo guidato da Alessandro Giuliano vengono mandati a bordo della Vos Thalassa per interrogare i membri dell' equipaggio.
Ieri mattina viene consegnata al procuratore di Trapani l' informativa che ricostruisce quanto accaduto a bordo. I 13 marinai sostengono di essere «stati costretti a cambiare rotta perché spaventati che potessero ammazzarci», raccontano che «erano due gli stranieri più minacciosi e poi hanno fomentato anche gli altri», parlano di una «forte intimidazione».
I magistrati valutano le accuse, verificano se ci siano eventuali contestazioni che prevedono il fermo, dispongono nuovi accertamenti. La linea è fin troppo chiara: saranno seguite le normali procedure come sempre avviene in questi casi, senza alcuna forzatura.
Una scelta che evidentemente non soddisfa Salvini. Per tutto il giorno il ministro ribadisce la sua posizione: «Gli stranieri devono essere arrestati». Ed è proprio questo a scatenare la crisi. Perché lunedì sera - di fronte agli sos che arrivavano dalla Vos Thalassa - è stato il ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli ad autorizzare la Guardia costiera italiana ad intervenire.
Nelle ore successive Salvini ha più volte criticato questa decisione «perché loro non devono sostituirsi alla Guardia costiera libica e non devono intervenire in acque internazionali» e lo ha ribadito esplicitamente a Conte e all' altro vicepremier Luigi Di Maio.
Ma il fatto che abbia poi stabilito di impedire l' attracco della Diciotti ha trasformato la sua posizione in una vera e propria sfida nei confronti di un apparato dello Stato. Non è la prima volta.
Nei giorni scorsi Salvini li aveva sollecitati «a non raccogliere gli sos» e il comandante, l' ammiraglio Giovanni Pettorino, aveva subito reagito spiegando che si sarebbe «risposto sempre alle richieste di aiuto».
Con il trascorrere dei giorni è cresciuto il disagio, l' irritazione per una situazione che - questo è stato ribadito a vari livelli - non consente di svolgere al meglio il proprio compito e mette anche a rischio la funzionalità del Corpo.
Ieri mattina, mentre la nave è in navigazione e si avvicina alle coste siciliane, Salvini ribadisce la linea dura. I contatti tra Viminale e Infrastrutture sono continui, si cerca una soluzione sperando che alla fine siano i magistrati a intervenire ordinando il fermo degli stranieri, quantomeno di quelli che si sono mostrati più violenti.
Ma quando si capisce che la legge non consente alcun provvedimento cautelare, il Quirinale decide di intervenire. Conte prova a convincere Salvini, sottolinea la necessità di sbloccare lo stallo. Il ministro alla fine cede ma è proprio Conte ad annunciare che «lo sbarco comincia». Sono le 22, la crisi istituzionale non è affatto risolta.