SÌ SÌ, C'È TANTO ''SPIRITO DI COALIZIONE'', INTANTO IO MI PIAZZO A PALAZZO - FRANCESCHINI MARCA CONTE CON UN UFFICIO A PALAZZO CHIGI: I 5 STELLE SI SONO PRESI IL SOTTOSEGRETARIO MA IL ''CAPO DELEGAZIONE'' METTE IL SUO PIEDONE NELLA PORTA - QUANDO SUL TAVOLO DEL CDM ARRIVERANNO I DOSSIER CALDI (MANOVRA, GIUSTIZIA, RAPPORTI CON LA UE, INFRASTRUTTURE E GRANDI OPERE, NOMINE) TOCCHERÀ A SU-DARIO, UFFICIALE DI COLLEGAMENTO TRA IL GOVERNO E ZINGARETTI, FARE PRESSIONE SU CONTE
-Fabrizio Nicotra per ''Il Messaggero''
La sentinella del Pd a palazzo Chigi si chiama Dario Franceschini. E a chi Nicola Zingaretti e il Nazareno potevano affidare il compito di marcare a uomo Giuseppe Conte, se non al tessitore dell'alleanza rosso-gialla, al più navigato tra i ministri dem in questo esecutivo? Il titolare dei Beni culturali e del Turismo avrà un ufficio proprio a palazzo Chigi: insomma, se premier, sottosegretario alla Presidenza (Fraccaro) e ministro per i Rapporti con il Parlamento (D'Incà) sono tutti targati 5Stelle, Franceschini dovrà provare a riequilibrare i rapporti di forza, a vigilare su eventuali fughe in avanti dei grillini, a far sentire la voce del Pd sull'agenda del nuovo esecutivo.
Accusato dai nemici (che non di rado poi tornano amici) di essere stato protagonista di tutte le trame e i complotti di partito e di Palazzo degli ultimi quindici anni, Franceschini è il capodelegazione dem nel governo e oltre al lavoro che lo attende al ministero di via del Collegio romano a lui spetta il compito, tutto politico, di orientare (lato Pd) l'azione di governo.
Abilità tattica ed esperienza non gli mancano, i rapporti nemmeno: gode della stima di Zingaretti, la sua corrente nel Pd pesa da sempre, ha uomini sparsi in tutte le altre componenti del partito, il filo diretto con il Quirinale non si è mai interrotto, conserva un canale privilegiato con il presidente della Camera Roberto Fico e con il ministro per le Politiche giovanili Vincenzo Spadafora (molto vicino a Luigi Di Maio), coprotagonista della trattativa che ha portato alla nascita del Conte bis. Senza contare che a Bruxelles e Strasburgo ci sono i suoi amici Paolo Gentiloni, prossimo commissario Ue, e David Sassoli, presidente dell'Europarlamento.
LA SFIDA
Dopo il giuramento al Quirinale ieri mattina, Franceschini dedica il suo esordio da ministro all'antifascismo (così come fece quando diventò segretario del Pd nel 2009 e ministro nel 2014) e visita il Museo Storico della Liberazione a Roma: «Quando si indicano le persone come nemiche per il colore della pelle o per la loro religione, si sta prendendo una china pericolosa, allora è giusto ripartire da un luogo come questo». E citando una frase di Benito Mussolini del 1919 («Dobbiamo trasformare le paure in odio»), il ministro ha un pensiero per Salvini: «Al Viminale ha seminato odio. Noi ripristineremo un clima di convivenza civile». E poi: «Con la Lega sono stati fatti passi indietro sui valori dell'antifascismo». E con i grillini? «Con i grillini no».
Attento, fin dalle prime battute, a fare in modo che la navigazione della barca rosso-gialla sia la più piana possibile, Franceschini illustra ai suoi colleghi dem e M5S (durante il Consiglio dei ministri di ieri) quella che ritiene la ricetta giusta per durare e per fare bene: «Collaborazione e non competizione, dovremo trovare una sintesi tra di noi. Questo governo nasce con lo spirito di una coalizione». Insomma, «tra noi non ci dovrà essere un braccio di ferro continuo».
In realtà le partite che aspettano il Conte bis sono talmente importanti che la competizione ci sarà, eccome. E al Nazareno, per prevalere, contano su Franceschini: quando sul tavolo del Cdm arriveranno i dossier caldi (manovra, giustizia, rapporti con la Ue, infrastrutture e grandi opere, nomine) toccherà al ministro dei Beni culturali, ufficiale di collegamento tra palazzo Chigi e Zingaretti, fare pressione su Conte. Sarà inoltre lui a battagliare con i grillini Fraccaro e D'Incà per orientare il traffico, per decidere quali provvedimenti portare in Parlamento e quando. Insomma, un compito piuttosto complesso. «Dario - racconta un alto dirigente del Nazareno - dovrà essere un vicepremier senza i galloni, ha una mission decisiva che gli è stata affidata dal partito.
Se avrà successo, sarà una vittoria per lui e per il Pd. Se l'operazione dovesse fallire, sarà una debacle per lui e per tutti i dem». E sarà proprio nel suo nuovo ufficio a palazzo Chigi che Franceschini preparerà le prossime battaglie: e sempre in quella stanza, destinata a diventare una vera e propria war room, riunirà la delegazione ministeriale dem prima degli appuntamenti più importanti.