SIAMO MES PIUTTOSTO MALE - RICICCIA IL MECCANISMO EUROPEO DI STABILITÀ ED È L’ENNESIMA MINA VAGANTE SOTTO LA POLTRONA DI MARIO DRAGHI: L’UE SI ASPETTA UNA RISPOSTA ENTRO IL 12 MARZO, E IL PREMIER NON VUOLE PERDERE TEMPO (NÉ TANTOMENO LA FACCIA) - CHE FARANNO SALVINI E CONTE? IL “CAPITONE” DEVE FARE I CONTI CON L’ALA NO-EURO DEI VARI BORGHI E BAGNAI, PEPPINIELLO CON L’OPPOSIZIONE DEI SEGUACI DI DIBBA. MA L’IDEA DI “MARIOPIO” È CHIARA: CHI VOTA “NO” NON PUÒ RESTARE AL GOVERNO…
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Vittorio Macioce per “il Giornale”
La Ue vuole l'ok entro il 12 marzo: chi non lo vota è fuori. Un guaio per Salvini e Conte
invece politici. Fatto sta che la risposta andrebbe data prima del vertice Ue del 12 marzo. È qualcosa di cui gli altri ci chiederanno conto. Draghi ha già fatto sapere ai partiti di maggioranza che non ha alcuna intenzione di perdere tempo. È un passo che va fatto e non ha alcuna voglia di perdere la faccia in Europa. Il capo del governo fa anche notare che ratificare il trattato non significa chiedere prestiti.
Si dice sì a un'opportunità, non è detto che poi bisogna per forza sfruttarla. Sì, replicano gli scettici, ma è meglio non firmare per evitare che a qualche governo, domani o dopodomani, venga la tentazione di usarlo. Il timore è perdere la sovranità sulle politiche economiche. Il senso del discorso potrebbe racchiudersi tutto qui, poi in realtà ci sono ragioni di bandiera e elettorali. Non è facile per chi ha detto no giustificare ora un sì.
Cosa accadrà quindi adesso? La posizione più delicata è quella della Lega, che si ritrova con le spalle scoperte alla sua destra. Giorgia Meloni ha già ribadito che di Mes non ne vuole neppure sentire parlare.
«Il Parlamento si è già pronunciato in modo contrario. Noi non abbiamo cambiato idea e siamo pronti a respingere con tutte le nostre forze questo ennesimo tentativo di riforma di un trattato che non fa gli interessi dell'Italia». La leader di Fratelli d'Italia è all'opposizione e non ha problemi di dissonanza con il governo.
Salvini invece dovrà decidere se appoggiare Draghi o scantonare. L'una o l'altra scelta potrebbe avere un costo. È lo stesso problema che ha Conte. L'ex premier prova anche questa volta a prendere tempo. «Sul Mes ha già lavorato il mio governo. Vediamo le modifiche, le discuteremo, se sono so-stenibili le appoggeremo».
Ai dubbi di Conte rispondono direttamente gli ex grillini di Alternativa: «Vorremmo ricordare allo smemorato Giuseppe Conte che è stato proprio lui a firmare le modifiche al Mes. Di quali modifiche sostenibili vuole an-cora sincerarsi e discutere?».
Non è ancora chiaro. II Pd questa volta non ha dub-bi: le paure sul Mes sono infondate. Forza Italia, come ricorda il capogruppo Paolo Barelli, non farà barricate. I ministri, al di là dell'appartenenza a que-sto o quel partito, sono tutti schierati con Draghi. La situazione però resta tutt'altro che tranquilla. Il Mes è una mina vagante sul cammino del governo.
È una sigla che ormai evoca paure e sospetti. Non è un meccanismo di salvaguardia. È una bandiera. È diventato uno di quei simboli su cui la maggioranza ama schierarsi in modo binario, senza buon senso, qua-si senza ragione. E poi c'è Draghi. Il Mes sarà per lui una questione di fiducia. Chi vota «no» non può restare al governo. È una questione di principio, una di quelle dove ci si fa male.