SILENZIO, PARLA COPPI (QUELLO VERO) - ''NEI TRIBUNALI C’È UN TALE DEGRADO CHE MI È PASSATA LA VOGLIA DI ANDARCI''. IL MITICO AVVOCATO PARLA DI TUTTO, DALLA RIFORMA BONAFEDE A SABRINA MISSERI. ''È L'ANGOSCIA DELLA MIA VITA. LA NOTTE MI CAPITA ANCORA DI PENSARE A QUESTA SCIAGURATA E A SUA MADRE'' - RIMPIANGE IL CODICE ROCCO E IL VECCHIO PROCESSO: ''PENSARE CHE UN GIUDICE NON POSSA FARSI UN'IDEA DEI FATTI PRIMA DELL'UDIENZA È IRREALE. SEPARAZIONE DELLE CARRIERE? RESPONSABILITÀ DEI PM?''
Estratto dell'articolo di Annalisa Chirico per ''Il Foglio'' (ARTICOLO INTEGRALE QUI)
“Nei tribunali c’è un tale degrado che mi è passata la voglia di andarci”, il professor Franco Coppi appare tormentato, e non lo nasconde. La chiacchierata su vita e morte del diritto attraversa il principio e la fine di un'esistenza, la sua. “Volevo fare il pittore ma non avevo dentro il sacro fuoco del pittore. Neppure quello dell'avvocato, a dire il vero. Dicono che non si dovrebbe vivere di rimpianti, che al termine di un ciclo sei quello che dovevi essere. Una qualche provvidenzialità immanente nelle cose deve pur esserci. Poi però io mi fermo a pensare, e il pensiero è tormento. Penso a ciò che non sono riuscito a fare, che mi sarebbe piaciuto fare, ai posti che non ho visto, agli incarichi che non ho accettato. Sebbene oggi non abbia più alcun senso, continuo a ripensare me stesso. Ci si prepara anche così a morire”.
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“E’ accaduto che, poco prima di un'udienza, un magistrato mi abbia confidato candidamente di essersi già formato un'opinione sul caso guardando gli spettacoli televisivi. Me l’ha detto senza avvertire la gravità di un'affermazione che per me è valsa come una pugnalata nel fegato”. Il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede ha presentato un ddl che fissa in sei mesi il termine perentorio per la conclusione delle indagini preliminari.
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Se fosse vero che il giudice, una volta a conoscenza degli atti, si preforma un giudizio immutabile, con il vecchio Codice Rocco avremmo dovuto avere soltanto condanne. All'epoca invece le sentenze di assoluzione fioccavano. Oggi si pretende che chi ha redatto un verbale si rechi in aula, a distanza di tre anni, per riferire se il capo della vittima fosse reclinato sul volante o riverso sul sedile, elementi e fatti già pacificamente acquisiti agli atti. E’ un meccanismo caotico, fonte di perdite di tempo inenarrabili”.
La riforma Vassalli del 1989 è uno spartiacque: lei vorrebbe tornare indietro? “Continuo a ritenere che il codice Rocco desse maggiori garanzie dell’attuale. Il giudice istruttore, al momento del rinvio a giudizio, consegnava al giudice del tribunale un'ipotesi di lavoro. Va da sé che parliamo di magistrati perbene, avvocati preparati e pm dotati: in presenza di un giudice pazzo o di un difensore corrotto, non c'è codice che tenga. Con il vecchio rito i processi si risolvevano in un paio di udienze perché il giudice era nelle condizioni di poter acquisire, mediante la lettura degli atti, una conoscenza approfondita del caso.
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Il guardasigilli sogna un Csm eletto con un mix di votazione e sorteggio, un meccanismo arzigogolato foriero di un paradosso: i candidati meno votati potrebbero essere quelli eletti. “Io resto contrario al sorteggio: se è indiscriminato rischia di far eleggere un magistrato fresco di concorso; se invece s’introducono criteri e paletti, legati per esempio all'anzianità di servizio, diventa un sorteggio pilotato e discriminatorio”.
Il correntismo però non fa bene alla giustizia. “La formazione delle correnti è inevitabile. Il tema non mi ha mai appassionato, a me piace mettere la toga sulle spalle”. Lei coltiva buone relazioni con tutti. “Non ho amici magistrati, non li frequento ma uso cordialità, certo. Quando sono in aula ho davanti a me il pm, un avversario, e non mi domando a quale corrente appartenga”.
Lo scandalo Csm, squadernato sui giornali, ha svelato il segreto di Pulcinella: toghe e politici negoziano le nomine. “La vicenda non mi ha stupito, mi sembra piuttosto emblematica del momento buio che sta attraversando la giustizia in Italia. Io però una soluzione l'avrei”. Quale? “Se al Csm venisse lasciata la sola funzione disciplinare e il conferimento degli incarichi direttivi e semidirettivi fosse affidato a un organo diverso, non ci sarebbe più la corsa a farsi eleggere. Il compito di nominare procuratori capi, aggiunti e presidenti di sezione potrebbe essere assegnato a un collegio di giudici costituzionali, integrati con il primo presidente della Cassazione e con il procuratore generale, insomma con figure avanti nella carriera e perciò meno sensibili a pressioni esterne”.
Silvio Berlusconi e Matteo Renzi avrebbero sostenuto la sua candidatura a Palazzo de' marescialli. Lei ha sempre rifiutato. “Io mi limito alle cose che so fare”. Le fu proposto anche il ruolo di giudice costituzionale. “Il compianto Loris d'Ambrosio, all'epoca consigliere giuridico del presidente Giorgio Napolitano, mi raggiunse in ufficio per illustrarmi questa possibilità. Mi presi la pausa estiva per pensarci, alla fine declinai”. C'è un ministro della Giustizia che rimpiange? “Il democristiano Guido Gonella fu un buon ministro”.
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Lei, professor Coppi, è il più grande avvocato d'Italia: c'è il suo nome nel caso Andreotti, nello scandalo Lockheed, nel golpe Borghese, nelle difese di grandi gruppi industriali e in quelle di Niccolò Pollari, Antonio Fazio, Gianni De Gennaro, Franzo Grande Stevens...La gente fa a gara per farsi difendere da lei. “Da qualcuno deve farsi difendere”. Non faccia il modesto. “Forse il mestiere dell'avvocato è talmente banale da riuscire anche a una persona che non lo ama particolarmente. Lanciare un razzo nello spazio è più complicato”.
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“Non vedo perché il cane, la mia passione di questi anni, non debba avere un nome. E' un omaggio a Ghedini, non certo una presa in giro”. Nel cielo stellato della sua brillante carriera compare un buco nero, privo di avi illustri. “Sabrina Misseri è l'angoscia della mia vita. La notte mi capita ancora di pensare a questa sciagurata e a sua madre”. Entrambe scontano una condanna all'ergastolo per l'omicidio di Sarah Scazzi.
“Ho la certezza assoluta della loro innocenza, sarei pronto a giocarmi qualunque cosa. Non essere riuscito a dimostrarlo ha rovinato la mia vita di avvocato. Noi difensori non possiamo pretendere di vincere tutti i processi, non deteniamo il monopolio della verità e certe vicende si prestano a molteplici letture, d'accordo, ma nel caso di Sabrina Misseri no. Le prove della sua innocenza e della colpevolezza del padre reo confesso erano talmente schiaccianti che non riesco a capacitarmi di questo fallimento, il ricorso per Cassazione mi ha procurato una delusione insanabile. Questa ragazza sta in carcere da dieci anni: per me è un tormento”.
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