I SILURI DI LUIGINO A CONTE – DI MAIO QUANDO VUOLE, SA COME ESSERE PERFIDO: A “REPUBBLICA”, CHE GLI HA CHIESTO COME MAI LA FRANCIA NON ABBIA INVITATO L'ITALIA AL SUMMIT ANTITERRORISMO, HA RISPOSTO “ERA UN VERTICE DI CAPI DI STATO E DI GOVERNO, NON DI MINISTRI DEGLI ESTERI”. INSOMMA, PROBLEMA DI GIUSEPPE CONTE E ROCCO CASALINO…
-Gustavo Bialetti per “la Verità”
Dopo lo Smemorato di Cologno, il personaggio di Rosario Fiorello che parlava come Silvio Berlusconi e ne combinava di tutti i colori a propria insaputa, arriva lo Smemorato di Pomigliano d' Arco. Perché non è altrimenti definibile il Luigino Di Maio che ieri, intervistato dal Fatto, ha negato che l' emendamento salva-Mediaset sia un favore grande come una casa al Cavaliere, impegnato da sei anni a combattere con la serpe in seno Vincent Bolloré.
«Avete varato un emendamento per proteggere Mediaset dalla scalata di Vivendi. È uno scambio con Berlusconi, no?», chiede Luca De Carolis al ministro. E quello butta nel cesso un ventennio di comizi di Grillo e risponde: «Nessuno scambio. C' è stata un' azione molto chiara da parte del ministero dello Sviluppo economico per tutelare un' azienda italiana, come abbiamo sempre fatto».
Insomma, o Di Maio non ha capito la norma in questione, oppure chissà dov' era quando il suo principale si sgolava nelle piazze di mezz' Italia chiamando il capo di Forza Italia, «cameriere di Bettino Craxi», «Berluskaiser», «Psiconano», «mafioso».
Terza ipotesi, il nuovo guru di Di Maio è Massimo D' Alema, che nel 1996, quando vinse le elezioni con Romano Prodi, andò subito a Mediaset a garantire i dipendenti del Biscione, con la scusa che erano «un' azienda italiana». Nel frattempo Mediaset è diventata olandese, ma al reggente della Farnesina non l' hanno detto.
Lui è passato direttamente da Mediaset «male assoluto» a Mediaset «patria nostra». Ma quando vuole, Di Maio sa anche essere perfido, perché a Repubblica, che gli ha chiesto come mai la Francia non abbia invitato l' Italia al summit antiterrorismo, ha risposto: «Era un vertice di capi di Stato e di governo, non di ministri degli Esteri». Insomma, problema di Giuseppe Conte e Rocco Casalino.