I SOCIAL NON SPOSTANO VOTI: SERVONO SOLO A INCATTIVIRE LE TIFOSERIE – DAVVERO QUALCUNO PENSA CHE CHIARA FERRAGNI POSSA AVERE UN EFFETTO SULLE ELEZIONI? GIOVANNI ORSINA: “LA GENTE SI FA CONSIGLIARE LE CREME DI BELLEZZA MA NON LE METTE IL CERVELLO IN MANO. AL MASSIMO POTREBBE SPOSTARE UN UNO O UN DUE PER MILLE. A LIVELLO NAZIONALE L'EFFETTO È IRRILEVANTE” – I SOCIAL CONTANO SEMPRE MENO E INFATTI IL PIÙ ATTIVO, CON VETTE ALTISSIME DI ENGAGEMENT, È CALENDA CHE NEI SONDAGGI ARRANCA SOTTO IL 5%...
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1 - IL PARTITO DELLE INFLUENCER
Estratto dell’articolo di Flavia Amabile per “La Stampa”
[…] Le donne italiane che hanno visibilità e seguito usano le armi a loro disposizione per fermarlo. Ma che effetto possono avere sulle elezioni?
«Non credo che Chiara Ferragni e le altre possano spostare masse di voti - risponde il politologo Giovanni Diamanti - Possono però sensibilizzare fasce di popolazione che altrimenti rimarrebbero ai margini del dibattito».
E, quindi, incidere - eventualmente - sull'astensionismo. Ancora più netto il giudizio del politologo Giovanni Orsina.
«La gente si fa consigliare le creme di bellezza ma non mette il cervello in mano a Chiara Ferragni. Al massimo potrebbe spostare un uno o un due per mille. Con i follower che ha Chiara Ferragni vuol dire comunque avere un impatto su migliaia di persone ma a livello nazionale l'effetto è irrilevante».
2 - L'ANALISI DI TELPRESS SUI POLITICI IN RETE: «ECCO PERCHÉ I SOCIAL CONTANO SEMPRE MENO»
Martina Piumatti per “il Giornale”
Nell'era iperconnessa, la campagna elettorale, tra bordate e mugugni, si consuma anche a colpi di tweet. Ma se l'orizzonte politico appare ancora caotico, la corsa al voto vista dall'arena social si misura in numeri. Dai volumi dell'engagement alle curve dell'audience, il verdetto sembrerebbe inequivocabile.
Resta, poi, da verificare quanto il boom di follower si traduca in uno spostamento concreto di consensi. Insomma, dal like al voto il passo non è breve.
Anche se l'analisi dell'uso dei social da parte dei leader politici restituisce una panoramica fluttuante ma netta su chi vince e chi perde.
Il termometro social, secondo il monitoraggio Leader & Social di Telpress Italia srl, premia per la terza settimana di fila Giorgia Meloni che ottiene nel periodo dal 15 al 21 agosto il maggior numero di menzioni, utenti raggiunti e engagement, con 251.700 tra commenti, condivisioni e like.
Quasi due volte e mezzo il diretto competitor, Enrico Letta, che insegue a 109 mila. Un testa a testa ricalcato anche da tutti i sondaggi. La corrispondenza tra social e realtà non è, però, così automatica.
Carlo Calenda è il più attivo sui profili e con il maggior numero di menzioni complessive raggiunge vette altissime di engagement, nonostante le quotazioni ferme intorno al 5% di Azione-Iv.
Altra prova della sfasatura tra seguito in rete e intenzioni di voto, è il caso di Giuseppe Conte, che fa il pieno di follower e interazioni, a fronte di una sfilza di sondaggi impietosi con il M5s, dato appena sopra il 10%.
Poi il fatto che Twitter, il social con il minor numero di utenti iscritti, si confermi il più usato dai leader nella campagna elettorale ne ridimensiona parecchio l'impatto sul consenso.
«Questo perché - ci spiegano da Telpress - Twitter si riduce a una tribuna elettorale rivolta a una platea scelta. Mentre la comunicazione politica con video o foto propria di altri social resta targettizzata ad un pubblico giovane». Dimostrazione ulteriore che i responsi dei social, sempre parziali, siano da prendere con le pinze.
«Un dato interessante - rileva Telpress - è l'ampio divario tra le conversazioni sui leader e quelle generate dai loro post, da cui emerge che la campagna elettorale interessa per ora una community ristretta».
Ma se la nicchia di fanatici della politica da smartphone non rappresenta tutti i cittadini, almeno segnala un trend che dovrebbe suonare da monito per i vari leader o aspiranti tali.
Durante la settimana ferragostana anche nel chiacchiericcio in formato digitale le beghe dei partiti in ansia pre elettorale «cedono il passo alle vacanze e al caro bollette», facendo perdere ai principali front-runner «tra il 40 e il 50% di audience e di engagement».
Segno tangibile della distanza della politica dai problemi degli elettori. E che la partita, quella vera, per convincerli non si gioca solo sui social.