LA SOLITA STRATEGIA DI GIORGIA MELONI: QUANDO SI VINCE, È MERITO SUO, QUANDO PERDE, È COLPA DEGLI ALTRI – LA DUCETTA SCARICA LA RESPONSABILITÀ DELLA DISFATTA IN UMBRIA SU MATTEO SALVINI, REO DI AVER INSISTITO SULLA CANDIDATURA DI DONATELLA TESEI. A SCOPPOLA INCASSATA, I TROMBETTIERI DI PALAZZO CHIGI PROVANO AD "ALLEGGERIRE" LA POSIZIONE DELLA MELONI FACENDO TRAPELARE UN PRESUNTO AVVERTIMENTO DELLA PREMIER AL “CAPITONE”: “CON LA TESEI PERDIAMO, NON INSISTERE. NON HA FATTO BENE IN QUESTI ANNI. CAMBIAMO CANDIDATO, ASCOLTAMI”. UN ESCAMOTAGE CHE NON REGGE, VISTO CHE OGNI VOLTA CHE HA VOLUTO IMPORRE UN NOME L'HA FATTO FREGANDOSENE DEGLI ALLEATI – LA FALLIMENTARE IDEA DI DONZELLI DI APRIRE A BANDECCHI, GLI 80MILA VOTI PERSI DA FDI DALLE EUROPEE E LE TENSIONI PER LE REGIONALI DEL PROSSIMO ANNO IN PUGLIA, VENETO, TOSCANA E CAMPANIA…
1. FDI CROLLA, PERÒ MELONI INCOLPA SALVINI. ED È GUERRA SUL VENETO
Estratto dell’articolo di Giacomo Salvini per “il Fatto quotidiano”
L’umore nel centrodestra di governo, come spesso accade, si capisce dalle chat: tutti muti […]. Silenzio assoluto. Lo stesso hanno fatto gli alleati di maggioranza. La linea consegnata da Matteo Salvini e Antonio Tajani ai parlamentari è chiara: tacere.
Solo a tarda sera arrivano le congratulazioni della premier Giorgia Meloni ai due nuovi presidenti di Regione, insieme a quelli di Tajani che gongola per aver “raddoppiato i voti” (dal 2 al 4% dal 2019), mentre Salvini dice che “i cittadini hanno sempre ragione”.
Eppure se la sconfitta in Emilia-Romagna era data per scontata, è quella in Umbria a bruciare di più nella coalizione di centrodestra. Al netto della propaganda di governo (“il Pd era pronto al 3 a 0, è finita 2 a 1”), l’analisi che viene fatta ai vertici di Fratelli d’Italia è semplice: la candidata Donatella Tesei era debole in partenza e la sconfitta è dovuta al crollo della Lega che in Umbria tiene rispetto alle elezioni europee di giugno ma perde oltre 30 punti percentuali rispetto alle Regionali del 2019. Anche in Emilia-Romagna il Carroccio crolla dal 31 al 5% in cinque anni.
Che i meloniani si fidassero poco della capacità di Tesei di vincere lo ha dimostrato una campagna piuttosto debole del partito di Meloni. Non è un caso che, come ha raccontato Il Fatto, a maggio l’assessora meloniana Paola Agabiti Urbani avesse preconizzato la sconfitta elettorale: “Tesei ha governato male, così perdiamo”, aveva rivelato in un incontro segreto ad Arianna Meloni.
Giovedì, invece, la premier non ha quasi mai nominato l’Umbria e la governatrice uscente Tesei nel suo comizio di chiusura a Perugia. Ma nemmeno Fratelli d’Italia può attribuire le responsabilità della sconfitta a Salvini: ieri ai vertici del partito si guardava con grossa preoccupazione il voto di lista.
In quattro mesi, in Umbria, il partito di Meloni è passato dal 32% al 19%, perdendo circa 80 mila voti. E se è vero che è difficile paragonare due elezioni così diverse, è anche vero che rispetto alla Liguria stavolta la colpa non può essere attribuita al ruolo delle liste civiche perché quella di Tesei casomai ha contribuito a togliere più voti alla Lega e perché la lista di Stefano Bandecchi ha preso solo il 3%.
Ed è proprio il “caso Bandecchi” che ieri teneva banco dentro Fratelli d’Italia: la scelta di portare dentro la coalizione il sindaco di Terni è stata voluta dal responsabile organizzazione Giovanni Donzelli nonostante molti […] fossero contrari. Alla fine il risultato della lista di Bandecchi è stato un flop e in FdI ieri si commentava al veleno: “Bandecchi ci ha fatto perdere più voti che guadagnarne...”, era il senso delle riflessioni di diversi dirigenti. […]
2. MELONI E L’AVVERTIMENTO A SALVINI “ABBIAMO SBAGLIATO CANDIDATURA”
Estratto dell’articolo di Tommaso Ciriaco per “la Repubblica”
L’aveva detto a Matteo Salvini, in privato: «Con la Tesei perdiamo, non insistere. Non ha fatto bene in questi anni. Cambiamo candidato, ascoltami». L’aveva anche lasciato trapelare pochi giorni fa, affidando alla sorella Arianna il compito di svelare il malessere registrato con gli ultimi sondaggi: «Abbiamo sbagliato il nome».
Giorgia Meloni già preparava la ritirata tattica dalla battaglia umbra. Ma adesso deve in ogni caso farci i conti, anche perché i numeri nella regione sono peggiori del previsto. E perché la batosta in Emilia Romagna rendeil passo falso ancora più fastidioso.
Come se non bastasse, il leghista comunque scalpita, sbraccia, si agita. E si prepara a riaprire il duello per la candidatura nel 2025 in Veneto, che invece Palazzo Chigi pensa debba toccare a Fratelli d’Italia.
La premier si sveglia quando a Rio de Janeiro è ancora l’alba. […] La notizia della sconfitta arriva a metà mattina e non coglie di sorpresa Meloni. La reazione ufficiale è: non drammatizziamo.
Resta il fatto che la presidente di FdI è comunque preoccupata dal passo falso interno. Per almeno tre ragioni. Non voleva Tesei, questo è inconfutabile. E aveva spiegato ai leghisti, senza troppo girarci intorno, che quel nome non avrebbe funzionato.
Ma Salvini si era impuntato, nonostante i pessimi sondaggi. Ricordando l’impuntatura meloniana, perdente, su Paolo Truzzu in Sardegna. E mettendo sul tavolo il nodo della successione a Luca Zaia.
A quel punto, da via della Scrofa avevano lasciato fare. Come a dire: se vuoi schiantarti, accomodati, noi puntiamo al presidente del Veneto. Il fatto è che adesso, dopo la sconfitta in Umbria, il vicepremier pensa comunque di dover ottenere una compensazione in quella regione.
È un problema di percezione. Di sensazioni. Meloni, ad esempio, ritiene che il leghista non si fermerà, anche perché di recente ha colto in lui una scintilla diversa: forse la vittoria di Trump, o anche il processo di Palermo che gli consente di cavalcare il dossier migratorio, fatto sta che Salvini si muove convinto di essere presto destinato a sondaggi migliori.
Ma è esattamente questa la ragione per cui la premier non ha intenzione di discutere con lui della presidenza del Veneto. Anche se dopo la sconfitta in Umbria la Lega non ha neanche un governatore sotto il confine lombardo.
C’è un altro problema da maneggiare, però. Nelle elezioni regionali del 2025 si voterà anche in tre grandi regioni già governate da centrosinistra: Puglia, Campania e Toscana. Dovesse riconfermarsi il campo largo, si registrerebbe una inversione di tendenza significativa dopo le vittorie progressiste in Umbria ed Emilia Romagna: ammesso che il centrodestra ottenga il Veneto, si conterebbero cinque regioni su sei al centrosinistra. Più le Marche, che adesso appaiono contendibili.
Il risultato di ieri manda anche un altro segnale alla destra, però: la coalizione progressista può vincere, se non si divide. […] È uno scenario che Meloni teme, quello dell’unità degli avversari. Anche perché mette in discussione alcune granitiche certezze. Ad esempio, quelle legate a un ineluttabile destino di trionfi. «Se vanno avanti a litigare così - aveva scherzato la premier poche settimane fa con un amico governatore, secondo quanto si apprende - mi costringeranno a governare per dieci anni…». Ieri si rideva un po’ meno, a Palazzo Chigi.