SOLO CON LE CANNONATE (O CON PIAZZALE CLODIO?) – 'CHE MARINO GUEVARA' SI CARICA CON LA PIAZZA E CONTINUA A MINACCIARE DI RIMANGIARSI LE DIMISSIONI – RENZI E ORFINI: O GLI FANNO VOTARE LA SFIDUCIA OPPURE ORDINANO DIMISSIONI DI MASSA AI CONSIGLIERI
1.MARINO PROMETTE AI SUOI DI RESISTERE «RIPENSARCI? NON VI DELUDERÒ»
Ernesto Menicucci per il “Corriere della Sera”
Il «comandante» Ignazio è in maglioncino blu, maniche di camicia che spuntano. Dosa le parole una ad una e chiude puntando al cuore rosso della «sua» gente, citando Ernesto «Che» Guevara: «C' è una frase che amo, di una persona molto più importante di me: noi siamo realisti e vogliamo l' impossibile». Che Guevara diceva «esigiamo l' impossibile», ma fa lo stesso.
Del resto, quella andata in onda ieri mattina su piazza del Campidoglio, davanti a circa duemila «aficionados» (tremila per gli organizzatori, la metà secondo il Pd), è davvero la «resistenza» di Marino (non a caso si canta «Bella ciao») che sta utilizzando i 20 giorni prima che le sue dimissioni diventino irrevocabili per «stanare» il partito che l' ha candidato e poi mollato. Marino compare verso l' una, parla dalla stessa scalinata «dove nel 2008 festeggiavano facendo il saluto romano» (era la vittoria di Alemanno).
L' altoparlante non è il massimo, le frasi sono nette, ma non decisive: «Questa piazza straordinaria mi dà il coraggio e la determinazione per andare avanti». Dice «di aver strappato il cancro di Parentopoli», parla di decisioni «prese non più nei salotti», di non aver scelto «gli amici degli amici».
Ammette, forse per la prima volta, «di aver commesso degli errori, e me ne assumo la responsabilità: ma chi ha il dono dell' infallibilità?», riconosce che è stata la magistratura «a fermare la mafia infiltratasi con chi mi aveva preceduto», cita il «processo che si apre il 5 novembre: la città sarà parte civile», dice che «ci siamo fatti tanti nemici» e da sotto gli gridano: «Siamo noi i tuoi amici».
Marino sorride: «Mi chiedete di ripensarci: ci penso e non vi deluderò». È il verbo che ripete più volte. Vede le bandiere del Pd (sono quelli della minoranza dem, mescolati alle associazioni del «Roma Pride» e al gruppo Facebook «Io sto col sindaco Marino») e li ringrazia.
Lancia ancora un appello: «La democrazia si esercita nelle piazze, con un confronto aperto con la maggioranza». È il passaggio più politico: Marino vuole un segnale da Renzi, andare in aula a spiegare le sue ragioni. Altrimenti, ritirerà le sue dimissioni. Ne sono convinti persino la sorella Marina, l' amico del cuore Guido Filippi, medico del Gemelli. Quella frase, però, lui non la pronuncia.
Anzi, in attesa che Renzi torni dal Cile, il «comandante Ignazio» lascia ancora aperto uno spiraglio. Forse l' ultimo.
2.IL PD: IN PIAZZA ERANO POCHI - SE RESTA SFIDUCIA O VIA I CONSIGLIERI
Monica Guerzoni per il “Corriere della Sera”
Il Marino che si arrocca, cita Che Guevara e promette ai fan che non li deluderà, non sembra impensierire troppo i dem.
O almeno, è questo lo stato d' animo che trapela dal Nazareno, dove le foto di piazza del Campidoglio hanno strappato profondi sospiri di sollievo. «Mille persone su tre milioni di abitanti», hanno fatto di conto i dirigenti del Pd, convinti che Marino non abbia un seguito tale da preoccupare Renzi. Con il premier in Sudamerica, i «big» del Pd evitano dichiarazioni e chi parla non fa che ripetere che la stagione del «marziano» è chiusa e non esiste strategia in grado di riaprirla.
Matteo Orfini lo scandisce come un mantra, per spazzar via i timori degli antipatizzanti e le speranze dei simpatizzanti: «È evidente a tutti che questa roba è finita, Marino non può andare avanti». Però lui, come il Che, vuole l' impossibile... «L' ipotesi che non ritiri le dimissioni non la prendiamo nemmeno in considerazione - è la formula con cui il presidente del Pd prova a stoppare ogni tentativo di resistenza -. Alla fine penserà alla città e non a se stesso. E la smetterà di giocare sulla pelle dei romani». Il problema è che Marino ha abituato il Pd ai colpi di scena e dunque al Nazareno si stanno attrezzando anche per il peggiore degli scenari. Che succede se decide di non sfilarsi la fascia tricolore?
Al suoi, il premier ha indicato due strade: la mozione di sfiducia o le dimissioni di massa. La terza via, bocciare il bilancio, è stata archiviata perché allungherebbe i tempi fino a dicembre. «Il gruppo è sofferente, ma unito» assicura Orfini per scongiurare ammutinamenti. Per far cadere Marino devono dimettersi in blocco 25 consiglieri, il Pd ne ha 19, eppure il commissario romano non dispera: «Gli altri sei? Si troveranno». E se poi si candidasse alle primarie? Anche qui la risposta è una ostentata indifferenza: «Benvenuto, non faremo nulla per impedirglielo. Questa presunta rivolta pro-Marino non esiste nella città e nel Partito democratico».