SOMMOVIMENTO CINQUE STELLE – ALLA FINE LA RIFORMA DELLA GIUSTIZIA PASSA ALLA CAMERA CON 396 SÌ, MA LA CREPA TRA I GRILLINI È SEMPRE PIÙ EVIDENTE. IERI HANNO VOTATO CONTRO SOLO DUE PENTASTELLATI, MA IN 16 ERANO ASSENTI. CONTE CE LA FARÀ A TENERE INSIEME L’ANIMA MANETTARA DA QUELLA POLTRONISTA? – IL BLITZ TENTATO SULL’ORDINE DEL GIORNO SUGLI ECO-REATI, CHE NON PASSA PER UN SOFFIO…
-Diodato Pirone per "il Messaggero"
E' finito in tarda serata con 396 sì, 57 no e tre astenuti l'esame della riforma della Giustizia da parte della Camera. A settembre toccherà al Senato il varo definitivo a meno di una terza lettura della Camera se a Palazzo Madama matureranno improbabili modifiche.
Dopo cinque mesi di confronti, stesure, revisioni, prove di forza e una tre giorni-fiume di votazioni, la riforma del processo penale voluta da Mario Draghi e firmata da Marta Cartabia è passata con un voto che sembra ricompattare la maggioranza e, almeno in parte, anche il Movimento 5 Stelle dove però le crepe sono evidenti.
Fra i deputati pentastellati (ridotti a 160 dai 212 eletti a marzo 2018) sono stati contati 16 assenti e due voti contrari e molti dei 16 assenti non c'erano neanche l'altro ieri per la fiducia. Assenze consistenti (26) anche fra i 77 deputati forzisti.
IL RUSH FINALE
Un rush finale consumato nel caldo torrido di agosto, mentre il Pd lancia le sue Agorà, la Lega torna al Papeete e i pentastellati affrontano il voto sul nuovo Statuto e la leadership di Giuseppe Conte da consolidare.
A imporre i tempi stretti è l'Ue, che nel Pnrr ha legato l'arrivo dei fondi del Recovery plan alla drastica riduzione dei tempi pachidermici dei processi penali in Italia (-25% in cinque anni).
Una cavalcata che solo negli ultimi tre giorni è passata per la votazione delle pregiudiziali domenica, per la doppia fiducia nella notte tra lunedì e martedì e una lunghissima giornata in aula iniziata ieri alle nove di mattina per la discussione degli ordini del giorno (senza nessun riflesso concreto ma politicamente sensibili) al testo delle riforma, che più volte hanno messo alla prova la tenuta della maggioranza.
Prima sul tema della responsabilità civile dei magistrati sollevata da Fdi. Sul quale Lega, Forza Italia e Coraggio Italia hanno annunciato l'astensione nonostante il parere contrario del governo, provocando la reazione di Pd e Leu.
Poi sugli eco-reati con bagarre scatenata dagli ex eletti con i 5Stelle, per i quali l'aula si spacca, soprattutto sulla riformulazione dell'odg in materia che finisce per non passare solo sul filo di lana, bocciato dalla maggioranza con 186 voti contro 181.
Sul voto finale la musica è cambiata. I «si» alla riforma arrivano da Più Europa, Noi con l'Italia, Liberi uguali, Coraggio Italia poi Pd («il nostro contributo è stato determinante per una riforma innovativa», dice Alfredo Bazoli), Lega («è il ritorno del buonseno e della civiltà, dice Roberto Turri) e M5S (»Non intendo rispondere a nessuna provocazione, perché la giustizia non è una questione personale», esordisce l'ex guardiasigilli, Alfonso Bonafede).
A settembre, come detto, il testo passerà in Senato per diventare legge, ma il primo ok segna anche una vittoria per Giuseppe Conte cui non erano piaciute le defezioni del movimento di domenica (circa il 25%) nè il voto in dissonanza di Alessandro Melicchio sulle pregiudiziali di costituzionalità presentate dall'opposizione.
Tra i nodi sui quali si sono consumati trattative e scontri delle ultime settimane, innanzitutto la prescrizione processuale: in appello, secondo la riforma, i processi dovranno durare due anni e in Cassazione uno, con la possibilità che i procedimenti più complessi arrivino rispettivamente fino a tre anni e a 18 mesi. L'accordo raggiunto nei giorni scorsi prevede ulteriori proroghe di un anno per i reati più gravi come mafia, terrorismo, violenza sessuale e traffico di droga, stabilite dal giudice.
Mentre resta la non prescrizione per i reati puniti con l'ergastolo. Inappellabili invece le condanne per i reati minori. Si guarda poi in maniera diversa alla pena, con l'impiego dei lavori socialmente utili non retribuiti, arresti domiciliari o semilibertà con rientro notturno, per le condanne e i reati più lievi.
E si rivede anche la detenzione con ampia apertura alle sanzioni alternative e con assunzioni e formazione per il personale carcerario, soluzione ancor più sentita dalla ministra Cartabia dopo la sua visita al carcere di Santa Maria Capua Vetere, teatro degli inaccettabili pestaggi del 2020. Infine potenziamento dello staff del magistrato che diventa l'arma per velocizzare del 25% il processo penale e del 40% quello civile, con l'assunzione a tempo determinato nei prossimi 5 anni di quasi 22.000 addetti, gran parte dei quali laureati.