LA SORTE DI ZINGARETTI E' SEGNATA - UNA VOLTA CONTATI I VOTI, SBUCHERANNO TANTI PIDDINI INCAZZATI CHE CHIEDERANNO UN CONGRESSO STRAORDINARIO E IMMEDIATO, DOVE SI METTERÀ IN DISCUSSIONE LA LINEA POLITICA DEL SEGRETARIO. UNA MATTANZA CHE PORTERA' A UN RIMPASTONE CHE VEDREBBE L'ASCESA DI FRANCESCHINI E DI MAIO A VICEPREMIER - SE IL GRAN RIMPASTO NON DISPIACE A MATTARELLA, A CONTE, L'IDEA DI FINIRE TRA L'INCUDINE M5S E IL MARTELLO PD, FA VENIRE IL COCCOLONE...
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DAGONEWS
Per evitare di essere macinato dalla fronda del PD, Zingaretti inviò una lettera a ''Repubblica''. Vogliono farmi fuori, frignò. Ma il fregnone non ha capito che ieri, molti di quelli che hanno votato sì alla mozione (e dunque per il sì al taglio dei parlamentari) lo hanno fatto non perché si sono improvvisamente grillizzati, quanto per mandare a sbattere il segretario contro un risultato referendario che non è più granitico come sembrava.
Alcuni sondaggi degli ultimi giorni mostrano una decisa risalita dei ''no'', che pur non avendo chance di vincere, se si avvicinasse al 40% potrebbe diventare un macigno sulla strada di Zinga perché, in sostanza, sarebbe l'ennesima sconfessione della linea di un Pd inginocchiato ai piedi dei 5 Stelle.
Al risultato del Referendum, aggiungere il probabile tracollo alle Regionali e la sorte di Zinga è segnata. Una volta contati i voti, sbucheranno tanti piddini che chiederanno un congresso straordinario e immediato, dove si metterà in discussione la linea politica del segretario.
Ovviamente il risultato delle urne è più ballerino che mai: per quanto possano dire i sondaggi (e dicono maluccio per il Pd), c'è un'incognita Covid che non si può misurare nelle intenzioni di voto. Quanti saranno scoraggiati dal recarsi nei locali chiusi delle scuole, nelle ancor più anguste cabine elettorali? Gli over-60, che in Italia sono maggioranza demografica e soprattutto elettorale, temeranno di finire come Berlusconi?
Se il Pd perdesse la Puglia (Fitto è avanti nei sondaggi) e se davvero crollasse il fortino toscano (Giani per ora mantiene un vantaggio risicato), si aprirebbe un baratro sotto i piedi del segretario. Ma già oggi la sua situazione è pericolante, per tre motivi che nulla hanno a che vedere con le regionali.
1) Il referendum: i parlamentari dem si sono tagliati le palle votando sì alla cretinissima riforma costituzionale grillina dietro la promessa di una nuova legge elettorale, che dopo un anno non è pervenuta. Nelle ultime settimane era stata posta la condizione dell'ok al Mes, altra decisione che Conte rinvia da mesi.
2) L'altra debolezza clamorosa della gestione Zingaretti è quella dei fondi europei. Le divisioni tra i partiti, racconta oggi ''Repubblica'', hanno fatto slittare da ottobre a gennaio 2021 il piano per il Recovery Fund.
Cioè i ministri della maggioranza – e tra tutti spiccano il ministro del Tesoro Gualtieri e quello per gli Affari Europei Enzo Amendola, entrambi del Pd – in sei mesi di pandemia non sono manco riusciti a tirare fuori qualche idea per superare una crisi già profondissima.
Il tutto mentre Macron il suo piano lo ha già presentato, e quando a gennaio l'Italia starà inviando le prime proposte, la Francia potrebbe già aver ricevuto la sua tranche di soldi, creando uno squilibrio enorme e uno svantaggio competitivo pesantissimo per il nostro paese, storicamente rivale della Francia in settori chiave dell'economia.
Si tratta di una botta di immagine tremenda, la rappresentazione perfetta di un partito e di una maggioranza di governo paralizzati, incapaci di prendere decisioni.
3) Infine, inizia a diventare sempre più ingombrante il caso D'Amato, l'assessore alla Sanità della Regione Lazio e braccio destro di Zinga. Se Gallera è stato impalato per la gestione del Coronavirus, il suo omologo romano è stato graziato solo dal fatto che è del Pd. Ma ora le inchieste e le magagne sono troppe per essere ignorate.
Torniamo dunque al congresso straordinario post-voto. Una cosa che potrebbe salvare la poltrona di segretario di Zingaretti è un rimpastone di governo prima della Norimberga piddina. È vero che i 5 Stelle potranno dire di aver vinto la loro battaglia visto che porteranno a casa il referendum, ma anche loro dovranno fare i conti con il tracollo dei consensi.
Se accanto al premier si adagiassero due vicepremier, come durante il suo primo governo, questo servirebbe a dare una calmata alle fregole dell'avvocato degli italiani e pure alla frangia del Pd che vuole lo scalpo di Zingaretti. Già, perché tra i due vice non potrebbe esserci il povero Nicola: per andare al governo dovrebbe lasciare la presidenza della regione, cosa che vorrebbe dire consegnare pure il Lazio al centrodestra.
Dunque per anticipare e forse disinnescare la cacciata del segretario, accanto al presidente del Consiglio andrebbero Di Maio e Franceschini, che prenderebbe ufficialmente e non più solo ufficiosamente il posto di vero ''cartaro'' del partito dentro al governo.
Il piano non dispiacerebbe a Mattarella, che tra i suoi consiglieri politici ha Pierluigi Castagnetti e dunque manterrebbe intatta la ''filiera ex Dc'' composta anche da Delrio e Su-Dario.
Ovviamente a Conte, ormai talmente pieno di sé che potrebbe stare tre mesi senza mangiare, l'ipotesi di finire nella tenaglia Franceschini-Di Maio, fa venire un coccolone. Ma non avrà scelta perché Mattarella, dopo le uscite su Draghi e su di lui, è d'accordo nel circoscrivere l'egolatria dell'Avvocato di padre Pio(tutto).