IL SOTTO-MARINO E’ RIEMERSO! DOPO L’ASSOLUZIONE, L’EX SINDACO ALLA RISCOSSA: "PRONTO A RIPRENDERE LA BATTAGLIA PER ROMA. LA SENTENZA DELLA CASSAZIONE FA GIUSTIZIA MA PURTROPPO NON PUÒ SANARE LA FERITA ALLA DEMOCRAZIA CONSUMATA NEL 2015, QUANDO FUI CACCIATO PERCHÉ LA MIA GIUNTA PORTAVA AVANTI UN' AZIONE SENZA COMPROMESSI PER PORTARE LA LEGALITÀ E IL CAMBIAMENTO A ROMA - LA MIA CADUTA HA 26 NOMI E UN UNICO MANDANTE” (MATTEO RENZI…)
-Fabio Martini per la Stampa
Il professor Ignazio Marino, il «marziano» che spiazzò il suo partito e i poteri forti di Roma, non si smentisce neppure stavolta. Ha atteso la sentenza che decideva del suo onore nel lontanissimo Messico, dove è impegnato in un «importante convegno scientifico», come racconta lui stesso. Alla sentenza della Cassazione dedica qualche minuto, il tempo di buttar giù un comunicato e «ne riparliamo domani».
Ma prima di intervenire nel convegno, Marino dice a La Stampa : «La sentenza della Cassazione fa giustizia ma purtroppo non può sanare la ferita alla democrazia consumata allora, non rimedia ai gravi fatti del 2015, quando fui cacciato perché la mia giunta portava avanti un' azione senza compromessi per portare la legalità e il cambiamento a Roma. Io sono pronto a riprendere la battaglia per dare a Roma la qualità e la dignità che merita».
Marino è felice. Quattro anni fa, nel pieno del suo mandato da sindaco di Roma, era stato crocifisso dal suo partito, il Pd di Renzi; era stato sbeffeggiato da Virginia Raggi, allora all' opposizione, che ebbe la grazia di offrirgli delle arance il giorno nel quale fu arrestato un esponente del Pd.
Ora la conclusione della vicenda giudiziaria è destinata a riaprire clamorosamente la partita politica, simbolica come poche altre: Marino fu costretto alle dimissioni da una raccolta di firme di consiglieri del suo stesso partito, con l' avallo del presidente del Consiglio Matteo Renzi e sulla scia di quel dimissionamento cruento, nelle successive elezioni il Pd andò incontro a una batosta che anticipò quella nazionale. E quanto ai Cinque stelle, conquistarono il Campidoglio con Virginia Raggi.
Vecchia e nuova vita Ignazio Marino già da qualche anno ha ripreso la sua attività di chirurgo del fegato negli Stati Uniti e da oggi tornerà a pensare al suo futuro. Nelle interviste che rilascerà nei prossimi giorni si può immaginare che «il marziano» sia pronto a togliersi parecchi «sassolini». Con Nicola Zingaretti, presidente della Regione, il sindaco Marino disse di non aver trovato mai una grande collaborazione. Ma il rapporto più difficile lo ha avuto con Matteo Renzi. Una volta Marino disse testualmente: «La mia caduta ha 26 nomi e un unico mandante. Io non ho avuto rapporti turbolenti con il presidente del Consiglio, nell' ultimo anno non ho avuto nessun rapporto».
E questo resta in effetti il punto forse più originale di tutta la vicenda. Nel marzo del 2015 il Papa annunciò a sorpresa un nuovo Giubileo e mentre Comune e Vaticano facevano le prime riunioni operative, il governo prese tempo. Renzi era restio a concedere un solo euro al Campidoglio, fino a quando a Porta a porta si produsse in una intemerata originalissima per un presidente del Consiglio: «Se fossi Marino, non starei tranquillo», «se sa farlo, governi Roma, sennò a casa». Un lessico "pop" e una brusca ingiunzione di sfratto dall' alto che poi portarono alle dimissioni imposte al sindaco, firmando un atto dal notaio.