SOTTOSEGRETARIO CON DELEGA AL POTERE – ALFREDO MANTOVANO HA L’ULTIMA PAROLA SU TUTTI I DOSSIER DECISIVI, E IN MOLTI DENTRO LA MAGGIORANZA SVELENANO SUL FATTO CHE SI STIA ALLARGANDO UN PO’ TROPPO. L’ULTIMA PROVA? LA PARTITA PER IL SUCCESSORE DI ZAFARANA ALLA GUARDIA DI FINANZA, SU CUI SPINGE (INSIEME ALL’AMICO LUCIANO VIOLANTE) PER IL NOME DI ANDREA DE GENNARO, FRATELLO DELL’EX CAPO DELLA POLIZIA, GIANNI - IL RAPPORTO CON GIORGIA MELONI, LA PASSIONE PER IL SARTÙ E IL SOPRANNOME "THE BRIDGE", IL PONTE, PER IL DIALOGO CON VATICANO E QUIRINALE

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alfredo mantovano al funerale di andrea augello

Estratto dell’articolo di Monica Guerzoni per il “Corriere della Sera”

 

Una virtù che anche i nemici riconoscono ad Alfredo Mantovano è la solida competenza giuridica, che si somma a una fluente grammatica istituzionale. L’arte di saper stare a tavola, cioè ai tavoli che contano, meticolosamente coltivata dal sottosegretario nei palazzi della magistratura e in quelli delle istituzioni, sta diventando un problema per alcuni big del governo. Che sottovoce e con crescente insistenza gli rimproverano di aver accentrato nelle mani «troppo potere».

 

Il sospetto agita i partiti, Lega in primis, ogni volta che il consigliere di Giorgia Meloni si trova a dover gelare aspettative, scontentare appetiti, o «commissariare» provvisoriamente qualche esponente del governo, finito nell’occhio del ciclone (e delle telecamere).

 

Alfredo Mantovano presidente della corte

È successo in questi primi sei mesi ai ministri Nordio e Piantedosi e se dovesse accadere ancora non sarà perché, come malignano gli oppositori interni, «Mantovano si sta allargando», ma perché il sottosegretario interpreta alla lettera il mandato della leader di Fratelli d’Italia: agire tra gli stucchi e gli affreschi di Palazzo Chigi con «efficienza, serietà e riservatezza».

 

Una dote, quest’ultima, che per Mantovano non è mai in eccesso, come il sartù di cui pare vada ghiotto. «Vorrei che su di me calasse il silenzio», gli hanno sentito dire nei giorni delle tensioni sulla nomina del comandante della Guardia di Finanza, quando lui e Meloni spingevano per Andrea De Gennaro e Giorgetti si alleava con Crosetto per stoppare la scelta.

 

Molto si è ricamato nella maggioranza sulla statura del generale romano, non solo in quanto fratello dell’ex capo della Polizia Gianni De Gennaro ma perché gode della stima dell’ex presidente della Camera Luciano Violante, grande amico di Mantovano. Per via del ruolo e della sua trasversalità, è toccato a lui alzare il telefono con mano felpata per invitare i leader delle opposizioni a confrontarsi con la premier sulle riforme.

 

andrea de gennaro 2

La storia dei «superpoteri» occulti di Mantovano da qualche giorno ha preso a girare con più forza, come se qualcuno avesse preso ad alimentarla. E la lettura […] è che il magistrato tornato in politica per servire Meloni […] venga attaccato nel governo per attaccare la premier. Più lei balla da sola, più il sottosegretario finisce sotto accusa e la cosa alla presidente non sfugge, tanto ad aver confidato a un ministro: «Se potessi rifare il governo oggi, ci sarebbero grandi sorprese».

 

Nel cattolico tradizionalista […]  l’inquilina di Chigi ripone «una fiducia assoluta». Chi lavora nelle stanze giallo oro a picco su piazza Colonna assicura che mai frizioni li abbiano allontanati e che il rapporto, nato quando lei guidava Azione Giovani, si è fatto ancora più solido.

GIORGIA MELONI ALFREDO MANTOVANO

 

Per Meloni «la macchina funziona», la rivalità con Fazzolari è sotto controllo e la fatica d’intendersi con Salvini è pareggiata dalla fluidità dei rapporti con Tajani. Se a Chigi qualcuno lo ha soprannominato «the bridge», il ponte, è anche perché Mantovano cura il dialogo col Vaticano e lavora per fluidificare le relazioni con i tecnici del Quirinale. Che sia il tessitore, il gran mediatore o il parafulmine del governo, tutti i fascicoli sono destinati ad atterrare sul suo tavolo, prima del Consiglio dei ministri e dopo. […]

mario draghi giorgia meloni alfredo mantovano
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