SPIE A CACCIA DI SPIE - ADDIO A JEANNE VERTEFEUILLE, CHE INSIEME ALLA COLLEGA SANDY GRIMES, DURANTE LA GUERRA FREDDA SMASCHERÒ IL PIÙ GRAVE TRADIMENTO DELLA STORIA DELLA CIA – COME RIUSCI’ A INCASTRARE IL CAPO DEL CONTROSPIONAGGIO NELLA DIVISIONE CIA DEDICATA AL’URSS, ALDRICH “RICK” AMES, E A DIMOSTRARE CHE IL COLLEGA ERA VENDUTO ALLA RUSSIA...


Paolo Mastrolilli per "La Stampa"

SANDY GRIMES

Certe amicizie, certi legami profondi, nascono solo quando si condivide il pericolo. Per esempio quello di dare la caccia agli agenti Cia venduti all'Urss, durante la Guerra Fredda. Così si erano conosciute Jeanne Vertefeuille, una «vera icona» di Langley secondo il direttore Michael Morell, e Sandy Grimes. Jeanne era nata in Connecticut nel 1932 e si era laureata in Storia. Aveva studiato tedesco e francese, e le sarebbe piaciuto viaggiare in Europa, perciò fece domanda alla Cia direttamente dal college.

BANDIERA USA BANDIERA URSS

Erano altri tempi: le donne non potevano nemmeno sognare la prima linea, come la mitica agente «Maya», che oltre mezzo secolo dopo avrebbe guidato la caccia ad Osama bin Laden. Jeanne ottenne un posto, nel 1954, accompagnato da un consiglio: fai prima un corso da segretaria, perché tanto quello sarà il tuo mestiere nella «Company» dominata da maschi. Lei accettò, e come primo lavoro le ordinarono di battere a macchina i nomi degli scienziati nord-coreani. Non si era scoraggiata. Mai sposata, niente figli, aveva preso un appartamentino vicino alla sede della Cia, perché tanto la sua vita era tutta casa e bottega.

Aldrich Rick Ames

Tredici anni dopo, nel 1967, anche Sandy Grimes era stata assunta direttamente dal college. I suoi genitori avevano lavorato al Manhattan Project, quello per costruire la bomba atomica, e gli amici le dicevano che poteva diventare una spia perfetta.

Nel frattempo Jeanne era cresciuta: Etiopia, Finlandia, l'Aja. Si era guadagnata i gradi di esperta nell'Urss, e quando guidava la stazione in Gabon aveva ricevuto l'ordine di rientrare. Era il 1986, e le spie americane nel mondo sovietico cadevano come mosche: almeno otto erano state scoperte e giustiziate. La Cia non voleva credere di avere una talpa, ma la situazione era diventata troppo grave per non indagare. Così aveva dato l'incarico alla Vertefeuille, un pesce piccolo, nella speranza che trovasse le colpe altrove o fallisse.

JEANNE VERTEFEUILLE E IL TEAM DELLA CIA CHE LAVORAVA AL CASO AMES

Nella squadra investigativa era entrata anche Sandy, che ricorda l'ex boss come un incubo: «Tutta lavoro. Con lei non si poteva neppure parlare del tempo, e se ridevo con una collega sbatteva la porta. Una volta che era stata in vacanza le avevo consegnato una montagna di rapporti scritti in sua assenza, e l'unica cosa che seppe dirmi è che c'erano due errori di battuta». Però erano appassionate al loro lavoro, e la caccia alla talpa le aveva rese sempre più vicine. Quasi inseparabili. Si parlavano in codice, ma l'indagine faticava a procedere.

IL LIBRO SUL CASO AMES DI JEANNE VERTEFEUILLE E SANDY GRIMES

Finché un giorno un collega segnalò che Aldrich «Rick» Ames, capo del controspionaggio nella Divisione Cia dedicata al'Urss, aveva cambiato vita: villa da mezzo milione di dollari ad Arlington, Jaguar in cortile, spese pazze. Sandy, sposata con due figli, un tempo veniva in ufficio insieme a Ames, ma lo aveva messo in cima alla lista dei sospetti. La Vertefeuille era d'accordo, però mancavano le prove.

IL TRADITORE DELLA CIA ALDRICH AMES

Nel 1991, quando stava per andare in pensione, la frustrazione spinse Jeanne a chiedere ai superiori di poter lavorare solo su questo caso. Ottenne il permesso e nell'agosto dell'anno dopo scoprì che Ames riceveva soldi sul conto in banca ogni volta che incontrava un funzionario militare sovietico. Il 21 febbraio 1994 «Rick» era in manette, forse il caso più grave di tradimento nella storia della Cia.

Andata in pensione, Jeanne è rimasta amica di Sandy, scrivendo insieme anche un libro di memorie. Poi si è ammalata, l'ottobre scorso. Sandy l'ha accompagnata dal dottore e l'ha accudita ogni giorno in clinica, dandole da mangiare, aggiustando il cuscino, portando le lettere dei colleghi. Fino al 29 dicembre scorso, quando il cancro al cervello che aveva colpito Jeanne l'ha uccisa. «Glielo dovevo come amica», ha confidato Sandy al «Washington Post», «ma non abbiamo mai più parlato di Rick. Era un lavoro finito».