GLI STATI UNITI HANNO CINQUE BASI CON MISSILI NUCLEARI IN EUROPA: DUE DI QUESTE SONO IN ITALIA (AVIANO E GHEDI) - LA CASA BIANCA AVVERTE: "NESSUNO PUÒ VINCERE UN CONFLITTO NUCLEARE" - PURTROPPO IN QUESTO MOMENTO MANCA UN "TELEFONO ROSSO" DIRETTO PER FAR COMUNICARE I VERTICI MILITARI DI MOSCA E WASHINGTON...
-Alberto Simoni per “la Stampa”
«Il rischio di un conflitto nucleare è basso, molto basso. Ma se dicessi che è zero, mentirei». Sono fonti vicino al Pentagono a far trapelare che l'attivazione del dispositivo atomico russo - domenica - ha elevato il livello di pericolo che va ben oltre il circoscritto territorio di confronto ucraino. A Washington la notizia della decisione di Putin è arrivata via tv e questo preoccupa quasi più dell'accensione del motore atomico. I satelliti monitorano i movimenti nei silos, hangar e sottomarini. Il ministero della Difesa russo ha detto che i sommergibili della flotta Nord e del Pacifico sono stati messi in "modalità combat".
La Casa Bianca ieri ha confermato la prima reazione: non c'è motivo di alzare l'allerta nucleare. E alla Reuters un alto funzionario ha detto che la Russia dovrebbe capire che «una guerra nucleare non può essere vinta e non deve nemmeno essere combattuta». Sia al Pentagono sia al Dipartimento di Stato si ripetono le stesse parole: «Provocazione e misura non necessaria» che alza inutilmente il «pericolo». Il presidente Biden che si è consultato per oltre un'ora e venti con Draghi e gli altri leader occidentali sulla guerra in Ucraina, ha provato a tranquillizzare il Paese: «Gli americani non devono essere preoccupati da una guerra nucleare».
Nelle prossime settimane l'Amministrazione aggiornerà il documento di Strategia Nucleare e terrà conto - l'auspicio di alcuni analisti come Joe Cirincione - di quanto sta accadendo in Ucraina. Quel che però preoccupa è che il "telefono rosso" tace. Washington chiama, Mosca non risponde, pare la dinamica. Il capo degli Stati Maggiori Riuniti Mike Milley non parla con l'omologo Gerasimov da ben prima dell'inizio delle ostilità e anche a livello tecnico sono oltre 24 ore che non intercorrono scambi di informazioni fra Usa e Mosca.
Oggi quantomai preziose per evitare incidenti e confronti - sul terreno, nei cieli, e non solo ovviamente riguardo al dispositivo nucleare e all'ipotesi di incomprensioni o cattive letture delle intenzioni altrui. Washington ha dato ordine ai suoi uomini e mezzi di lasciare l'Ucraina non appena è iniziata l'invasione. Anche i droni e gli aerei spia sono stati ridispiegati e l'unico punto di osservazione è garantito dagli U2 che volano molto alti fuori dal tiro dei missili anti-aereo.
Non ci sono stati - dicono dal Pentagono - nemmeno problemi via terra, riferendosi alla consegna delle armi che tramite il confine polacco, ma non solo, arrivano alla resistenza ucraina. Tuttavia, lo spazio aereo è ancora «contestato», ha detto il portavoce del Pentagono John Kirby poiché il previsto dominio dei cieli da parte russa non si sta verificando e a Washington ritengono che un «canale operativo con Mosca eviterebbe errori di calcolo».
Per questo rilanciano la linea rossa. Una delle ipotesi che avanzano alla Difesa è replicare il modello siriano. Usa e Russia fissarono nel 2015 una linea di demarcazione per prevenire scontri ed errori sul campo. Quando il 3 febbraio le forze speciali Usa hanno fatto il raid contro il capo dell'Isis, Al-Qurayshi, i russi erano stati avvertiti che ci sarebbe stata un'operazione. Si fa insomma di tutto per evitare di creare un "casus belli" fra Nato e Russia, anche se gli Stati Uniti temono le provocazioni russe - anche sul fronte cyberattacchi, tanto da sventagliare, lo fa il senatore Warner, il ricorso all'Articolo 5 della Nato - e la costruzione di pretesti per allargare il conflitto.
Ecco perché l'idea che non ci siano comunicazioni chiare sui movimenti militari fra le due capitali è motivo di apprensione. Il telefono rosso venne istituito nel 1963 dopo la crisi dei missili a Cuba. All'inizio era una telescrivente, ora è un sistema di e-mail criptate collocato nel National Military Command Center, l'hub nel cuore del Pentagono operativo 24 ore su 24.
Al quotidiano Politico, un comandante della Difesa Usa ha detto che ci sono molti modi con cui russi e americani possono interfacciarsi, il migliore sarebbe un colloquio fra Milley e Gerasimov, ma su questo fronte c'è solo il silenzio. Restano aperti i canali diplomatici. Ieri l'ambasciatore Usa a Mosca John Sullivan ha incontrato Sergei Rabkov. Il viceministro degli Esteri russo si è lamentato delle proteste "ostili" dinanzi alle sedi diplomatiche russe negli Stati Uniti. I due avrebbero anche parlato di altre questioni.
Tuttavia, i canali di dialogo si stanno diradando; l'ambasciata Usa a Minsk, in Bielorussia, ha abbassato la bandiera, il personale è andato via. Nella stessa Mosca restano solo i funzionari e l'ambasciatore per le questioni di emergenza. A New York invece dodici diplomatici russi all'Onu saranno espulsi, per Washington «sono una minaccia per la sicurezza nazionale».
Mosca sta preparando la contromossa. Il silenzio di Mosca va a braccetto con la mancata de-escalation sul terreno dove Kirby osserva una spinta ulteriore dei russi. «Putin ha un potere di attacco ancora importante, ha schierato non tutte ma la maggioranza delle forze in Ucraina», almeno il 75% di quelle disponibili. E soprattutto - è la riflessione - «nonostante la resistenza e battute d'arresto, i russi non hanno cambiato piani né approccio, cercheranno di superare il momento difficile».
Magari con le bombe a grappolo lanciate su Kharkiv ieri e una colonna di blindati, carri armati e artiglieri lunga quasi 20 miglia che sta muovendosi verso Kiev. Ambienti della Difesa spiegano che «si va verso un lungo assedio» della capitale. Il rischio è quello della battaglia strada per strada. E nella capitale sarebbero già presenti i miliziani della compagnia Wagner, già attivi in Siria, Libia e Centrafrica. Alcuni soldati russi si sono anche mimetizzati con divise ucraine. I sabotatori di cui ha parlato poche ore dopo l'invasione il presidente ucraino Zelensky sono pienamente al lavoro. Nel totale silenzio.