LA STRANA ARCHIVIAZIONE DI ZINGARETTI & C. - PER LA TURBATIVA D'ASTA SUL CUP REGIONALE, A PROCESSO SOLO UOMINI DEL CENTRODESTRA CITATI NELLE INTERCETTAZIONI DI BUZZI. MA IL PROCURATORE GENERALE DELLA CORTE D'APPELLO NON È CONVINTO. ED EVIDENZIA LE CONVERSAZIONI CON I NOMI DEGLI ESPONENTI DEL PD
-Giacomo Amadori per “la Verità”
L'archiviazione del segretario del Pd Nicola Zingaretti è tornata d' attualità l' 1 dicembre scorso quando il sostituto procuratore generale della Corte d' appello di Roma, Pietro Catalani, durante la sua requisitoria, ha ridiscusso la vicenda della turbativa d' asta per la gara regionale del Centro unico di prenotazione del 2014, un affare che oscillava tra i 60 e i 90 milioni di euro.
La Cassazione aveva chiesto un nuovo esame perché la condanna di secondo grado per i sette imputati rimasti nel procedimento (13 hanno concordato la pena) non era stata ritenuta sufficientemente motivata, soprattutto dopo l' archiviazione di Zingaretti, della maggioranza dei commissari (due su tre) e l' assoluzione dell' ex capo di gabinetto del governatore, Maurizio Venafro. I giudici supremi hanno chiesto: come è possibile turbare un' asta se la maggioranza della commissione non è coinvolta? Il sostituto Pg ha parlato per più di due ore, e i convitati di pietra, è stato chiaro a tutti, erano Zingaretti e i referenti politici della sinistra.
Scrive Catalani: «Le condotte già riferite a quelle che di seguito si illustrano significano con sufficiente chiarezza che la gara Cup fosse predeterminata nei suoi risultati dalla politica sin dall' origine».
Da tutta la politica: tre lotti dovevano andare alla maggioranza e uno alla minoranza. Alla fine però è finito alla sbarra soltanto il rappresentante dell' opposizione Luca Gramazio, ex consigliere regionale di Forza Italia, e non i garanti dell' accordo dentro al centro-sinistra.
Però il presidente della coop «29 giugno», Salvatore Buzzi, il principale imputato dell' inchiesta, con le sue intercettazioni aveva chiamato in causa tutti, soprattutto i referenti della sua parte politica, il Pd.
Quanto alla commissione di gara, era composta da tre membri, due considerati in quota maggioranza (Elisabetta Longo e Rita Caputo) e uno in quota minoranza (Angelo Scozzafava). Anche in questo caso è stato portato a giudizio soltanto Scozzafava e non gli altri due membri, indagati e poi archiviati. In particolare vanno ricordate le motivazioni, sino a oggi inedite, con cui il gip Flavia Costantini il 6 febbraio 2017 ha archiviato Zingaretti per la vicenda del Cup.
In quel filone il segretario del Pd era indagato insieme con uno dei tre commissari della gara, la Longo. Scrive la gip: «Non risultano acquisiti riscontri in ordine alla posizione di Zingaretti e le dichiarazioni di Buzzi sono de relato. La Longo risulta aver agito su indicazione di Venafro (Maurizio, capo di gabinetto di Zingaretti, non intercettato nella fase calda delle indagini, ma solo dopo gli arresti del 2014, ndr), seppure all' interno di discutibili prassi dell' amministrazione regionale, e ciò rende inidonei gli elementi acquisiti a sostenere l' accusa in giudizio».
Nel 2014 Zingaretti decise di svolgere la nuova gara per il Cup, servizio che sino ad allora era stato svolto dalla cooperativa Capodarco di Maurizio Marotta (imputato a piede libero) che aveva mantenuto «una sorta di monopolio nel campo della sanità» con giunte di orientamento politico diverso. A detta di Buzzi, quella gara, come riportato anche nella memoria depositata da Catalani e in due sentenze, era «una turbativa della turbativa», in quanto il ras della «29 giugno» si era «inserito a turbare una gara già interamente predeterminata in favore del gruppo Marotta». Decide di concorrere anche se non aveva mai operato nel settore.
Tanto che nelle conversazioni «non si affrontano temi tecnici, né si illustrano difficoltà nell' ottenere un appalto del tutto estraneo a quelli di cui si erano occupati sino ad allora [] si sottolinea solo la necessità di ottenere politicamente una quota». Catalani ritiene che sia «da sottolineare la frase di Carlo Guarany (ex vicepresidente della "29 giugno", ha già patteggiato la pena, ndr) "ma l' ha nascosta Zingaretti?» a cui segue "lo sapevo fa sempre così"». Per il magistrato questo «è un punto centrale per ritenere come la gara non fosse orientata verso una verifica effettiva delle offerte migliori, ma diretta da interessi politici di lottizzazione».
Due lotti della maggioranza erano destinati a Marotta e uno alla Manutencoop. Quindi Buzzi si reca da Gramazio per avere quello riservato all' opposizione. Catalani, su questo tema, parla di «frasi assai significative che vale la pena di riportare per intero». Ed eccole queste parole: «Allora lui (Gramazio)» dice Buzzi, «è andato da Venafro, perché 'sta partita la gestisce Venafro per conto de Zingaretti e ha detto che vuole lo spazio. Venafro gli ha detto: "Ah, non lo so se c' è (lo spazio). E lui ha detto: "Guarda io lo voglio lo spazio. E poi, siccome vuole essere sicuro che lo spazio ci sia [] indica come membro della commissione Scozzafava (Angelo, ndr)».
Secondo il sostituto Pg «questo punto è assai rilevante perché in poche frasi riassume come Buzzi già sapesse che Gramazio aveva raggiunto un accordo politico con Venafro (capo di gabinetto di Zingaretti) per fare aggiudicare un lotto all' opposizione (area di destra), chiedendo e ottenendo, a garanzia di questo accordo, la nomina di Scozzafava, quale componente della commissione aggiudicatrice».
In effetti dopo la consegna delle offerte, nel mese di luglio 2014, viene nominata la commissione di gara e Scozzafava che non ne faceva parte, viene scelto al posto di Ileana Fusco, un paio di settimane prima che questa venisse ritenuta incompatibile. Il 15 settembre 2014 Buzzi viene a sapere che il lotto da assegnare a Manutencoop, a seguito di errori documentali, non poteva essere aggiudicato e pertanto lo stesso Buzzi si reca da Giuseppe Cionci, uomo di fiducia di Zingaretti, per chiedere di entrare al posto di Manutencoop.
Il 17 settembre 2014, nell' ennesima intercettazione riportata da Catalani, Buzzi parla con Emilio Gammuto, altro socio della 29 giugno condannato in Mafia capitale e gli dice: «Allora, quando l' altra sera siamo andati a cena, che c' erano questi della commissione, mi hanno detto: "Guarda che questi hanno sbagliato, quindi non possiamo fargli vincere il lotto [] quindi se ne libera uno". Gli ho detto: "Che faccio? Vado da Gramazio?".
"No, questo non è quello di Gramazio, devi anda' da Zingaretti" e ieri se semo fatti il giro al contrario, siamo andati dall' uomo da Forlenza ieri (Salvatore, responsabile per il Lazio del Consorzio nazionale servizi - Cns - di Legacoop, ndr), che è andato dall' uomo dei conti di Zingaretti (Cionci, secondo la versione di Buzzi, ndr) dicendo: "C' è 'sta situazione, Manutencoop non può vincere, ci proponiamo noi, va bene?" E mi ha risposto: "Va bene". Mo' se tutto va bene, pigliamo il secondo e il quarto». Ma la presunta promessa non viene mantenuta e Buzzi incassa solo il lotto dell' opposizione, quello di Gramazio. In ogni caso per Catalani «deve essere sottolineato l' incontro con l' uomo dei conti di Zingaretti» e cita anche altre captazioni da cui si desume «la necessità della "politica" per ottenere l' appalto».
Nel suo interrogatorio sul Cup ascoltabile su Radio radicale Buzzi ha evidenziato come la commissione aggiudicatrice, tra il 17 e 18 settembre, fosse andata velocemente assegnando tre lotti su quattro, mentre il 19 avesse sospeso i lavori per dieci giorni in attesa che si decidesse a chi dovesse andare il terzo lotto della maggioranza, finito poi a Marotta. Catalani arriva a conclusioni pesantissime: «Il compendio probatorio contro gli imputati consiste in due confessioni, nelle intercettazioni che le confermano, in dati obiettivi quale l' aggiudicazione del lotto tre, la nomina di Scozzafava, i favori remunerativi a costui e a Gramazio. Contro questa visione milita l' archiviazione di Zingaretti e l' annullamento senza rinvio nei confronti di Venafro».
Decisioni che sembrano non convincere il rappresentante dell' accusa: «Il fatto che gli aspetti più inquietanti del rapporto con la politica riguardavano Forlenza e, per il legame con Zingaretti, Cionci inducono a ritenere che non esista un giudicato definitivo che escluda la sussistenza di un accordo illecito tra politica e imputati».