STREMATI DALLO STREAMING – PERDONO TUTTI: GRILLO SCONFITTO SUL PIANO POLITICO MA RENZI ESCE A PEZZI A LIVELLO MEDIATICO, UN BULLO DEL TUTTO INCAPACE DI RIBATTERE AI VAFFA DELLL’EX COMICO – IL RESOCONTO STENOGRAFICO DEL DUELLO
Sebastiano Messina per ‘La Repubblica'
Diceva la verità Beppe Grillo quando ha gridato in faccia a Matteo Renzi «io non sono democratico!». Non solo perché non lo ha lasciato parlare neanche per un minuto - e stavolta non è un modo di dire - ma perché con il suo comiziaccio in streaming ha beffato, più del presidente incaricato, quella maggioranza dei Cinquestelle che nel referendum-lampo del giorno prima gli aveva chiesto di andare alle consultazioni.
Non per rovesciare una valanga di insulti su Renzi ma per sentire cosa ha in mente, e magari per proporgli qualcosa di buono da fare.
Ancor prima della maleducazione istituzionale di un ricco attor comico che non è mai stato eletto da nessuno ed entra a Montecitorio con la prepotenza arrogante di un invasato solo per poter urlare in faccia al futuro premier «non ti faccio parlare perché tu non sei credibile», colpiva l'assoluta indifferenza del guru pentastellato rispetto al mandato che lui stesso aveva chiesto all'unica autorità che dice di riconoscere, «la Rete». Lui non voleva andarci, a quelle che ha definito «consultazioni farsa».
I suoi iscritti, i suoi militanti hanno invece deciso che stavolta bisognava andare a sentire cosa proponeva Renzi, e lui c'è andato, sì, ma solo per tirargli una torta in faccia, avvertendo con tono sprezzante che non era venuto «per parlare di programmi».
E anche se stavolta ha evitato il turpiloquio, quei dieci minuti di quasi monologo soverchiatore forse fidelizzeranno ancora di più lo zoccolo duro del Vaffaday, ma erano un gigantesco «vaffa» a quei milioni di italiani che hanno votato per lui non perché andasse a insolentire un politico che nell'aula di Montecitorio non ha mai messo piede, ma perché cercasse di realizzare almeno qualcuna delle mille meravigliose novità che ha promesso ai suoi elettori.
Detto questo, il vero mistero è cosa abbia spinto Matteo Renzi a cadere in questa trappola mediatica. Lui ha puntato tutto sul sorriso e sull'amabilità, «io compravo i biglietti dei tuoi show», ma ha capito troppo tardi di essere ostaggio di un teppista istituzionale ed è rimasto fino all'ultimo nella parte del politico dialogante, che sa essere più zen del suo predecessore (il quale dialogò per 52 minuti con i grillini, e li disarmò con la sua dolce ironia).
In quei dieci lunghissimi minuti è apparso un leader in difficoltà, che non sapeva proprio come cavarsi d'impaccio. Eppure era stato proprio lui, dopo il disastroso colloquio in streaming di Bersani con i Cinquestelle, a commentare in un'intervista al
Corriere: «Mi veniva da dire: Pierluigi, sei il leader del Pd, non farti umiliare così».
L'errore di Renzi non è stato quello di parlare con Grillo, perché è giusto e opportuno che un presidente incaricato ascolti tutti, anche quelli che mai voteranno per lui, ma nessuno lo obbligava ad ascoltare per dieci minuti buoni - non dieci minuti parlamentari ma dieci minuti televisivi che sono un'eternità - un Grillo che lo interrompe dopo trenta secondi, appena lui ha cominciato a dire «vi raccontiamo quello che vogliamo fare».
E soprattutto un presidente del Consiglio, per quanto ancora solo incaricato, non dovrebbe permettere a nessuno di dirgli, in casa propria, «ti do solo un minuto», non dovrebbe essere costretto a chiedere «almeno un minuto me lo devi dare», e quando il suo interlocutore ha l'arroganza di rispondergli «no, non te lo do, io non sono democratico e non ti faccio parlare, non ho tempo per te» forse dovrebbe alzarsi e pregare i commessi, sempre sorridendo e sempre amabilmente, di accompagnare alla porta chi si permette una simile tracotanza.
Il duello politico l'ha perso Grillo, ma quello mediatico non l'ha certo vinto Renzi, che forse non si aspettava un simile attacco frontale ed è riuscito a infilare nel torrenziale comizio dell'ospite solo una frecciatina, «Beppe, questo non è il trailer del tuo show, forse sei in difficoltà con la prevendita», ma qui ha commesso l'errore fatale: mai discutere con un comico, ti trascina al suo livello e poi ti batte con l'esperienza.
La verità è che lo streaming preteso e purtroppo ottenuto anche stavolta dai grillini non è la trasparenza della democrazia ma l'azzeramento della politica. È trasparente come una vetrina dell'insulto e della finzione, una porta a vetri attraverso la quale chi dichiara apertamente «io non sono democratico» può far passare non la voce del popolo ma la sua dinamite mediatica.
La trasparenza è di sicuro una ricchezza preziosa per il Parlamento e per i partiti, ma lo streaming applicato alle consultazioni, alle trattative e ai colloqui di Stato - come sa bene Grillo che non lo ha mai permesso quando doveva affrontare le questioni più spinose con i suoi parlamentari - è l'esatto opposto della limpidezza: appena si accende la luce rossa della telecamera il velo dell'opacità avvolge ogni cosa reale e ognuno dei protagonisti finge di essere quello che non è, e magari dice quello che non pensa, non per dialogare con chi gli sta davanti ma per incantare chi sta là fuori, davanti alla tv. E allora le consultazioni diventano co-insultazioni e l'unica cosa trasparente è l'imbroglio dello streaming.
2. "SONO VENUTO A MANIFESTARE INDIGNAZIONE"
dal Fattoquotidiano.it
Resoconto stenografico, con qualche taglio, dei sette minuti e mezzo Renzi-Grillo.
Renzi: Bene, ti raccontiamo cosa vogliamo fare nei prossimi quattro mesi. (...)
Grillo: Però!
R: (...) Portiamo in discussione al Senato il disegno di legge Delrio sulle Province su cui alla Camera(...) avete fatto ostruzionismo. No, forse non ostruzionismo, avete votato contro, scusate.
G: Posso interrompere? (...)
R: Aspetta, fammelo dire prima.
G: Ma non sono venuto qua a parlare di programmi, i programmi non sono in gioco adesso.
R: Si gioca un po' per uno, bisogna che parli io poi parli te, facciamo un po' per uno per correttezza.
G: No.
R: E dai, non è possibile. (...)
G: (...) Io sono venuto qui per dimostrarti qualcosa in una maniera educata (...) ed è la prima volta che mi succede di non dare la fiducia a una persona come te. Ma non perché sei tu, per quello che rappresenti. Tu rappresenti le banche, i poteri forti. Dici una cosa poi smentisci il giorno dopo. Sei un ragazzo giovane, ma nello stesso tempo vecchio. Io ti ho preso molto in giro, se ti sei offeso mi dispiace.
R: Non mi pare di essermi offeso. (...) Mi hai dato dell'ebete e ho sorriso alla grande.
G: Noi siamo all'opposto vostro. Noi siamo i conservatori qua. Noi vogliamo l'acqua pubblica, tu la vuoi privatizzare. Vuoi vendere l'Eni, l'Enel, vuoi svendere la nostra sovranità, noi la vogliamo mantenere. (...)
R: No però questo non è il trailer del tuo show (...).
G: No, non è uno show.
R: Non so se sei in difficoltà con la prevendita.
G: Ma va! (ride)
R: Vorrei che tu prima ascoltassi, se sei in difficoltà con la prevendita ti diamo una mano. (...) Questo non è Sanremo.
G: Ti mando l'omaggio.
R: Beppe scusa, posso?
G: Il fatto di dire "i tuoi programmi". Tu sei una persona non credibile.
Delrio: Dai Beppe, hai davanti tre sindaci.
G: Io parlo con lui (indica Delrio, ndr).
R: Buoni!
G: Tu pensa alla differenziata a Reggio Emilia.
R: Quanto hai di differenziata a Reggio Emilia?
Delrio: Il 60.
R: Benissimo, noi il 52. (...)
G: Siete stati eletti per fare i sindaci, (...) fai il sindaco . Io adesso (...) ti sento. (...)
R: Hai visto ieri che è successo? Due ragazzi si sono uccisi per la mancanza di posti di lavoro.
G: No, lascia stare il dolore, io ci sono in mezzo. Tu hai una cosa meravigliosa, tu fai un copia incolla di cose meravigliose (...)
R: Posso parlare adesso?
G: No. Io non ti faccio parlare.
R: Però hai un concetto democratico ...
G: Io sono venuto a manifestarti la mia, la nostra, totale indignazione per quello che tu rappresenti (...) Noi faremo degli errori, ma siamo coerenti con quello che diciamo. Io ho detto "non prendiamo soldi" e abbiamo rinunciato a 42 milioni. Tu hai detto "risparmiamo un miliardo col Senato". Non è vero (...) Il fatto è che tu non sei più credibile perché rappresenti De Benedetti, gli industriali, gente che ha disintegrato questo Paese. Puoi essere giovane, ma non sei giovane. (...) Noi siamo i conservatori. Vogliamo l'acqua pubblica.
R: Beppe, questa è quella di prima.
G: Vogliamo la sanità pubblica. Tu vuoi fare Tav, grandi lavori, cemento. Basta. (...)
R: Hai detto che mi fai parlare però. (...)
G: Ti do un minuto, però.
R: Caspita!
G: Non ho tempo per te, non abbiamo tempo per voi. (...)
R: Sei un incrocio tra Gasparri e la Biancofiore in questo momento. (...) Sei qui perché il tuo popolo sul tuo blog... (...)
G: Tu "il popolo" l'hai offeso dicendo che sono degli squadristi, ricordatelo.
R: In trenta secondi ti dico: noi vogliamo superare le Province, il Senato.
G: Non è vero! (...)
R: Sta cercando di provocare.
G: Non ti sto provocando, sei un ragazzo. Io c'ho 40 anni di mestiere, se volessi provocarti...
R: Io sono uno di quelli che pagava il biglietto per venire ad ascoltarti.
G: Tu ti sei messo nel tuo loft con un pregiudicato, insieme a Verdini, che è uno della massoneria di Firenze, a fare la legge elettorale. (...)
R: Beppe, almeno un minuto me lo devi dare.
G: Non te lo do più. Adesso io me ne vado,(...) Bypassi il Parlamento, fate decreti legge... R: (...) Non sono mai entrato in aula ancora.
G: Il tuo sistema! Io voglio informare la gente: cos'è un decreto legge e cosa ci mettono dentro. Nel femminicidio ci mettono il Tav (...). I pacchetti! Sette miliardi e mezzo alle banche! R: Esci da questo blog Beppe, esci da questo streaming! Questo è un luogo dove c'è il dolore vero delle persone. Smettila su questo tema.
G: Ma quale dolore!?
R: C'è bisogno di affrontare le questioni reali.
G: È finita caro. (..)