SVALUTA SVALUTA QUALCOSA SUCCEDERÀ - L’ANALISTA IAN BREMMER: “LE POLITICHE DI PECHINO SULLO YUAN AVRANNO EFFETTI SUL LUNGO PERIODO. LA CINA È L’UNICO PAESE CHE HA UNA STRATEGIA ECONOMICA GLOBALE E IL SUO VERO OBIETTIVO È SCALZARE L' EGEMONIA DEL SUPERDOLLARO”
Intervista di Massimo Gaggi a Ian Bremmer per "Corriere della Sera"
«L' agitazione dei mercati e delle banche centrali per la svalutazione della moneta cinese è comprensibile, ma non credo che la tempesta sia destinata a durare o che si scatenerà una vera guerra delle valute. Quello che sta succedendo è abbastanza comprensibile e l' impatto per le economie occidentali dovrebbe essere sostenibile. I guai per gli Stati Uniti verranno nel lungo periodo, ma oggi a Washington nessuno si preoccupa di questo».
Ian Bremmer, fondatore e capo di Eurasia, il principale centro di ricerca specializzato in rischi geopolitici, è convinto che la decisione di Pechino di cominciare a far fluttuare lo yuan in un momento di forte debolezza dell' economia cinese non provocherà sconquassi e, anzi, nel lungo periodo contribuirà a stabilizzare la Cina.
L'America aveva faticosamente recuperato competitività sul gigante asiatico. Ora sembra tutto cancellato con un tratto di penna. E, poiché il regime cinese ha deciso repentinamente di affidarsi ai mercati, nessuno sa bene dove si fermerà questa corsa al ribasso.
«Non credo che vedremo cambiamenti drammatici. Sarei sorpreso se a fine anno la svalutazione dello yuan sulle valute occidentali dovesse essere superiore al 5 per cento. Pechino ha, ovviamente, interesse a deprezzare la sua valuta per rendere le sue merci più convenienti: vuole rilanciare un' economia che ha il fiato grosso. Niente di strano: è quello che hanno già fatto in passato, in circostanze analoghe, gli Stati Uniti e, più di recente, anche l' Europa. Ma i cinesi non vogliono nemmeno innescare una fuga di capitali, quindi devono mantenere il deprezzamento entro limiti accettabili e, soprattutto, dimostrare che non ci sarà nessun fenomeno selvaggio, incontrollabile».
Perché dice che i guai per gli Usa si materializzeranno nel lungo periodo?
«La Cina è l’unico Paese che ha una strategia economica globale. Ha aperto alle forze del mercato, alla convertibilità in un momento di debolezza perché così ha ottenuto l' effetto desiderato della svalutazione senza interventi amministrativi.
Ma, oltre al dato immediato del deprezzamento dello yuan, è importante anche l' effetto-liberalizzazione. L' apertura è stata già salutata dal Fondo Monetario come un evento molto positivo. Una scelta che non solo dà più peso a Pechino negli organismi economici multilaterali, ma avvicina la Cina al suo vero obiettivo futuro: lo yuan che, come espressione della seconda economia del pianeta e pienamente accettato dai mercati, diventa una valuta di riserva al pari del dollaro. Che, a quel punto, dovrebbe lasciare il trono sul quale è seduto oggi: quello di unica valuta di riferimento dell' economia mondiale.
Questa è la prospettiva che dovrebbe spaventare davvero gli Usa, che perderebbero i molti vantaggi oggi garantiti dal superdollaro. Ma di questo nessuno si preoccupa» .
«La Ue ha ben altro di cui preoccuparsi. La sua debolezza politica, il caso Grecia tutt' altro che risolto, la gestione delle ondate migratorie, l' incapacità della Germania di esercitare una vera leadership nell' interesse comune, le tendenze centrifughe dei governi. L' Unione non è un modello sostenibile nella sua attuale forma politico- economica. La svalutazione cinese non è certo tra i suoi primi problemi.
Lo è, semmai, il rallentamento dell' economia del gigante asiatico che fa calare l' export verso la Cina. Ma questo è un fenomeno in atto già da tempo. E i contraccolpi più forti li hanno subiti il Brasile, l' Australia e l' Indonesia, non certo l' Europa».
La svalutazione dello yuan spingerà la Federal Reserve a rinviare al 2016 l' aumento dei tassi d' interesse previsto per il prossimo autunno?
«Non credo. La Yellen ha fatto chiaramente intendere che vuole dare entro fine anno ai mercati un segnale, piccolo ma chiaro, in materia di saggi d' interesse. Non credo che cambierà idea, anche perché l' intervento che sta preparando è più simbolico che sostanziale».
I problemi economici stanno mettendo alle corde il presidente Xi Jinping? La svalutazione peserà sulla sua prima visita a Washington che è ormai imminente?
«Sono appena tornato dalla Cina e lo ha sensazione che le difficoltà economiche, di certo reali, siano gestibili. Xi rimane popolare nel Paese, l' occupazione per ora tiene, il governo è stabile.
Il vertice con Obama andrà male, ma per altri motivi: sulle questioni chiave dei cyberattack e della proprietà intellettuale non ci sono progressi in vista. Impegnato su vari fronti, il presidente Usa non può permettersi altri arretramenti, mentre Xi percepisce il momento attuale come una finestra di opportunità nella quale ottenere qualcosa grazie alla debolezza di Obama: quando alla Casa Bianca ci sarà Hillary Clinton o un altro, per lui sarà più dura» .