TANTO SONO TUTTI FALCHI – L’SPD HA SCELTO IL MINISTRO DELLE FINANZE SCHOLZ COME CANDIDATO ALLA CANCELLERIA. IL VIRUS E IL RITIRO DELLA MERKEL POTREBBERO GIOCARE A SUO FAVORE, MA DELLA CORAZZATA SOCIAL DEMOCRATICA TEDESCA RIMANGONO LE BRICIOLE DOPO ANNI DI GROSSE KOALITION : IL PARTITO HA IL 14% DEI CONSENSI E SENZA LA CDU DI ANGELONA NON POTRÀ MAI AVERE LA MAGGIORANZA – GRANDE FAN DEL MES E DELLE GRANDI AZIENDE, NON PIACE AI FRANCESI PERCHÉ…
-Francesca Sforza per “la Stampa”
«Un anseatico in tutto e per tutto», dicono spesso di lui. Olaf Scholz, il candidato socialdemocratico alla Cancelleria, 62 anni, è nato però a Osnabrück, in Bassa Sassonia, e questo, a rigore, fa di lui, un «quiddje», termine scherzoso usato dagli abitanti di Amburgo per descrivere chi non ha proprio tutte le carte in regola con il pragmatismo, l'hochdeutsch (il migliore tedesco della Bundesrepublik), le cravatte e l'aplomb che caratterizza la Germania fiera e snob del profondo Nord.
Ma ad Amburgo Olaf Scholz, attuale ministro delle Finanze tedesco e vicecancelliere, è cresciuto, ha studiato laureandosi in Legge, ed è stato eletto sindaco nel 2011. La performance fu buona (tanto che fu rieletto nel 2005), ma oscurata, sul finale, dalla pessima gestione del G-20 del 2018, in cui gli scontri tra la piazza e le forze di polizia fecero il giro del mondo e gli amburghesi, che si aspettavano un evento all'altezza della tradizione cittadina, rimasero profondamente delusi.
«Scusarsi non è un segno di debolezza», disse Scholz davanti al Senato locale dopo essersi coperto il capo di cenere per l'accaduto. Fu apprezzato il gesto, ma giusto quello. Oggi Olaf Scholz non è più quel sindaco, e non è più neanche il giovane delfino di Gerhard Schröder, chiamato nel 2004 a difendere le riforme economiche dell'allora cancelliere, con un piglio così martellante che gli valse il soprannome di «Scholz-o-mat», a indicarne il tratto robotico: oggi, oltre il 70 per cento del traumatizzato elettorato socialdemocratico lo considera un ottimo candidato alla Cancelleria, e la pensa così anche il 40 per cento dei tedeschi.
L'emergenza Covid ha tirato fuori il meglio di lui: il virus gli è passato accanto senza infettarlo, e a forza di trascorrere il tempo nei talk show nazionali per rassicurare la popolazione sulle misure prese dal governo ha guadagnato in spigliatezza, lasciandosi alle spalle quel tratto freddo e legnoso che i suoi avversari definivano arrogante, come del resto sono un po' gli anseatici «durch und durch», in tutto e per tutto.
Cresciuto nell'ala sinistra dell'Spd, Olaf Scholz col tempo si è spostato a destra, non nascondendo le sue simpatie per le grandi aziende e il business in grande stile. «Sono un liberale, non uno stupido», precisò tuttavia in un'intervista a chi lo accusava di essere troppo vicino agli imprenditori.
È stato tra gli ideatori del progetto «Sure», poi fatto proprio dalla Commissione Europea, e tra i sostenitori dell'accesso alla linea di credito del Mes: «Non verrà nessuna Trojka - ha dichiarato qualche tempo fa in televisione -. Sono risorse disponibili per quei Paesi che intendono rafforzare il loro sistema sanitario».
Del suo predecessore Wolfgang Schäuble ha trattenuto le linee guida, ma ha smussato gli spigoli. I suoi appelli alla solidarietà europea lo hanno reso gradito ai Paesi del Sud, e non ingrato a quelli del Nord.
Non piace troppo ai francesi, choccati per un suo discorso alla Humboldt Universität del 2018, in cui nel suggerire l'ipotesi di un seggio europeo all'Onu fece capire che Parigi avrebbe dovuto rinunciare al proprio. Dicono che non abbia passione per l'alleanza franco-tedesca, ma anche che sia pragmatico abbastanza per correggere il tiro, da qui ai prossimi mesi.
Scholz potrebbe anche beneficiare dell'effetto-Merkel: la popolarità della Cancelliera, che non si ricandiderà, al momento si riversa tutta su di lui, il suo vice, l'uomo che ha gestito le technicalities del Recovery Fund, il socialdemocratico che piace alla sinistra della Cdu e a cui spetta il difficile compito di ricompattare l'Spd. Ecco, il problema è proprio questo.
L'Spd al momento si trova tra il 14 e il 15 per cento dei consensi, non avrebbe la maggioranza neanche alleandosi con i Verdi o con la Linke, ipotesi già lanciata (in modo un po' improvvido) da una dei due leader del partito Saskia Esken.
«Vogliamo guidare il prossimo governo, e questo comporta dei cambiamenti - ha detto ieri in conferenza stampa -. È importante per il bene della cultura politica che l'anno prossimo ci sia un cambio». Difficile però proporre un'alleanza con la Linke e conquistare l'elettorato di centro. Il pragmatismo anseatico è chiamato alla sua prova più dura: c'è tempo fino al 2021.