TE LA DO IO LA GERMANIA - L’EDITORE KLAUS WAGENBACH: “VOTIAMO LA MERKEL PER FUGARE L’ANGOSCIA. E POI LEI È UN GENIO: HA LASCIATO A TERRA UNA DECINA DI CADAVERI POLITICI”
Mara Gergolet per "Il Corriere della Sera"
Perché Angela Merkel, con il suo fare dimesso, è diventata una figura così enorme nelle teste dei tedeschi, e perfino degli italiani? Klaus Wagenbach, 83 anni, storico editore tedesco, «anarchico, edonista», ma anche raffinatissimo conoscitore dell'Italia, risponde nel suo ufficio di Charlottenburg - dove ancora si percepisce l'aria nobile della Berlino Ovest - con il distacco di chi ha la prospettiva della storia. «Ce ne dimentichiamo sempre, ma la risposta è nella nostra mentalità. I tedeschi hanno un fortissimo senso dell' Angst, gli italiani della catastrofe».
E la Merkel in qualche modo, ritiene, è una risposta ad entrambe. «E' anche comprensibile, storicamente, quest'angoscia. Abbiamo nove vicini, viviamo al centro dell'Europa: gli altri ci temono perché siamo i più grossi, noi diciamo: "Oddio, i polacchi, i cechi, i francesi...". E allora ci chiudiamo nel nostro giardino, serriamo la porta e mettiamo il catenaccio. E lasciamo che sia la Mutti a governare». La Mutti è, per tutti in Germania, la Merkel. «Naturalmente, questo è un atteggiamento non politico. L' Angst è una pessima compagna per le decisioni politiche». Quanto all'Italia, sorride, gli italiani hanno ragione: «La vostra attuale situazione è una catastrofe».
Calzini rossi come la cintura (per decenni è stato un faro della sinistra), Wagenbach dell'Italia non ama solo la Toscana («sono un membro onorario della Toskana Fraktion »), il cibo, l'arte. Ama anche la politica, come spiega nelle sue memorie («La libertà dell'editore», Sellerio), dove invita «i miei tedeschi amanti dell'ordine a non storcere il naso sprezzanti» neppure di fronte alla rabbia attuale contro il palazzo. Vi arrivò per la prima volta da Monaco in bicicletta nel 1952 («ho un ricco vocabolario tecnico, per esempio cacciavite »), ha tradotto Pasolini, e quindi aperto la via alla moderna letteratura italiana in Germania.
La cultura tedesca, lui che ha fatto parte anche del mitico e impegnato Gruppo 47, oggi pare non schierata. In un'inchiesta della Zeit , scrittori di primo piano, come Ferdinand von Schirach, Uwe Tellkamp, Rudolph Safransky, non hanno dichiarato il loro voto per nessuno... «Il primo non può parlare, con il ruolo avuto dal nonno (gerarca nazista, ndr).
Gli altri sono conservatori ma non lo dicono. Lo stato della cultura in Germania è esattamente come in Italia». Non è rimasto più quasi nessuno? «Qualcuno c'è. Ma come si fa a confrontarsi con la Merkel, se lei è così a-politica?». E Günter Grass? «È un incorreggibile socialdemocratico. Eravamo molto amici. Ecco, lui è un intellettuale, è abbastanza vecchio per esserlo, e si immischia di tutto».
Wagenbach non vede rischi reali di un nuovo populismo in Germania, né pericoli da Alternative für Deutschland. «In tutta Europa ci sono partiti populisti, un 15 per cento c'è sempre, in Francia, nella civile Olanda. Semplicemente, si sa, gli idioti esistono dappertutto». Quanto alla Spd («Dovrebbe rinnovarsi? E perché! È un partito con due secoli di storia, è un partito giusto, con obiettivi giusti») teme che la Grosse Koalition possa portarla su una china mortalmente pericolosa.
«La Merkel ha già ucciso i liberali. È una brava Hausfrau , una donna di casa. Tatticamente un genio nello sconfiggere a tempo giusto gli avversari. Ha lasciato dietro di sé una decina di cadaveri politici. Per esempio, Christian Wulff, un presidente totalmente inservibile che lei stessa ha voluto temendo che potesse darle fastidio. E infatti l'ha dovuto sostituire con Gauck, una figura ben più interessante di quel ridicolo Wulff».
La Merkel sarà uno dei cancellieri più longevi. Resterà nei libri di storia? «C'è una persona che, per la Spd, resterà nei libri di storia. Willy Brandt. Lui ha veramente fatto pulizia, storicamente parlando. Non bisogna dimenticare che la mia generazione era in una situazione disperata. Tutti dicevano: non eravamo stati nazisti, l'avevamo fatto solo per il pane. Invece, eccome se lo erano stati.
Brandt ha riconosciuto questa situazione e, a suo modo, ha democratizzato il Paese. I giovani gli hanno creduto per la sua biografia, quella di un emigrante fuggito dal nazismo. Ed è riuscito a dare un nuovo patto di cittadinanza alla giovane generazione. Ecco chi sono le persone che entrano nei libri di storia».