TENETEVI FORTE: PER L’ILVA IL GOVERNO PENSA AL MODELLO ALITALIA! – L’IDEA È DI COSTITUIRE UNA NEWCO CHE PERMETTA A UN SOGGETTO PUBBLICO (CDP O INVITALIA) DI SUBENTRARE AD ARCELOR MITTAL – È PRATICAMENTE SCONTATA UNA BOCCIATURA DEL PIANO INDUSTRIALE DEGLI INDIANI, CHE NON VEDEVANO L’ORA E SAREBBERO PURE DISPOSTI A CHIUDERE LA TRATTATIVA PAGANDO UN MILIARDO E SCAPPANDO A GAMBE LEVATE DA TARANTO…
-
Federico Capurso per “la Stampa”
Se Arcelor Mittal volesse rescindere il contratto per l'Ilva di Taranto, dovrebbe pagare una clausola da 500 milioni di euro, «ma la verità - dice a La Stampa chi segue il dossier al ministero dell'Economia - è che si potrebbe chiudere la trattativa intorno a 1 miliardo, per mantenere buoni i rapporti».
Siamo arrivati a questo punto, ad abbozzare le cifre di un'uscita definitiva del colosso indiano da Taranto. E a ipotizzare, sul modello Alitalia, la costituzione di una newco che permetta a un soggetto pubblico come Cassa depositi e prestiti o Invitalia di subentrare agli indiani, al fianco di soci privati.
Si sta ancora tentando di risolvere la crisi tenendo Mittal al suo posto, facendogli rispettare gli impegni, - sottolineano da via XX settembre -, ma la partita, tra opposte resistenze, si è complicata fino a sembrare, nelle ultime ore, irrimediabilmente compromessa. All'inizio della prossima settimana il ministro dello Sviluppo economico Stefano Patuanelli incontrerà gli uomini di Arcelor Mittal per ufficializzare la bocciatura del loro piano industriale.
«L'accordo sindacale, che prevede l'impiego di 10.700 persone - fanno notare dal Mise - non è mai stato stracciato ed è il motivo per cui non è digeribile chiedere altra cassa integrazione e condizionare il reintegro degli esuberi a un "poi si vedrà"». L'aria che si respira intorno al ministro dell'Economia, Roberto Gualtieri, non è più leggera.
L'impressione, anzi, è che Arcelor Mittal non abbia alcuna intenzione di offrire una prospettiva all'altezza delle richieste dell'esecutivo: «Sembra si siano decisi ad abbandonare Taranto, visto che non gli stiamo permettendo di affossare strutturalmente produzione e livelli occupazionali».
La sofferenza del mercato dell'acciaio, con il settore dell'automotive e dell'edilizia in difficoltà da mesi, è chiara sia a Patuanelli sia a Gualtieri e ci sarebbe la disponibilità a concedere una cassa integrazione straordinaria, seppur non di 3.200 unità (a cui vanno aggiunti i 1700 esuberi dell'amministrazione straordinaria), come chiede Arcelor Mittal nel suo piano.
Le condizioni per il reintegro, invece, dovrebbero essere sicure e il piano di produzione dovrebbe puntare a non ridimensionare l'impianto. Eppure, forse, nemmeno questo basterebbe. Perché non è più solo una questione di numeri; la crisi nei rapporti tra le due parti è ancor più profonda: «Se anche ci assicurassero che soddisferanno le nostre richieste, faremmo difficoltà a credere che onoreranno i patti». In altre parole, non c'è più fiducia.
E vengono portate a esempio le reiterate richieste di concedere 5mila esuberi, anche a pochi mesi dalla chiusura di un accordo, prima con «la scusa» del calo della domanda globale dell'acciaio, poi perché era stato tolto lo scudo penale, ora per l'emergenza coronavirus.
Una volta imboccata la strada dell'addio, tornerebbe ad accendersi l'idea che prevede la costituzione di una newco, una società con soci pubblici e privati. Così, si permetterebbe a Cassa depositi e prestiti di aggirare il vincolo statutario che le impedisce di entrare in aziende in crisi.
In lizza, resta sempre Invitalia, mentre Snam si occuperebbe solo di consulenza e di investimenti sul territorio per la svolta green prevista dal governo. Attraverso la nuova società, infatti, si proseguirebbe l'impegno per la transizione energetica dell'impianto (prevista anche dall'accordo con Mittal).
Al centro del progetto resterebbe la progressiva decarbonizzazione attraverso la costruzione di forni elettrici che verrebbero alimentati a idrogeno. L'obiettivo è di arrivare a una produzione sostenuta per meno di un terzo dall'energia da carbone, come previsto dal piano redatto dai consulenti del governo, anche se sull'opzione del gas si sono sollevate in questi giorni le perplessità di alcuni membri del Movimento 5 stelle riguardo la sua sostenibilità economica.