TOGA SPACCATA – L’ELEZIONE DI ERMINI ALLA VICEPRESIDENZA DEL CSM ROVESCIA I VECCHI SCHEMI E DETERMINA UN RISULTATO PARADOSSALE: ALLA GUIDA DELL’AUTOGOVERNO DEI GIUDICI SALE UN ESPONENTE DELL’OPPOSIZIONE E I TOGATI SI DIVIDONO A PARTI INVERTITE – IL CENTRO E LA DESTRA VOTANO IL CANDIDATO DI SINISTRA E LA SINISTRA STA CON QUELLO GOVERNATIVO – E DAVIGO STIGMATIZZA LA NOMINA “CHE DÀ L’IMMAGINE DI UNA MAGISTRATURA SPACCATA”
-Giovanni Bianconi per il “Corriere della Sera”
Ha vinto l' ex deputato del Partito democratico grazie ai voti dei giudici di centro e di destra, che hanno avuto la meglio su quelli contrari delle cosiddette «toghe rosse», schieratesi a favore del candidato portato dal Movimento Cinquestelle sostenuto anche dai «laici» leghisti e dal gruppo di Piercamillo Davigo.
Nel primo Consiglio superiore della magistratura dell' era politica giallo-verde la partita tra le correnti giudiziarie rovescia i vecchi schemi e determina un risultato in apparenza - e non solo in apparenza - paradossale: alla guida dell' organo di autogoverno dei giudici sale un esponente dell' opposizione rispetto alla maggioranza di governo (ma questa non è una novità, accadde già nel 2002 con l' ex ministro della Giustizia Virginio Rognoni), e la sua elezione è frutto di una spaccatura fra i togati che si dividono a parti invertite; il centro e la destra con il candidato di sinistra e la sinistra con quello «governativo».
Parliamo di immagine e ruoli simbolici, non di figure individuali, giacché su David Ermini e sul suo antagonista Alberto Maria Benedetti non c' erano preclusioni personali. Solo che uno viene direttamente dalla Camera dei deputati, eletto nelle file del Pd di cui è stato a lungo responsabile per le questioni della giustizia; l' altro dalla piattaforma Rousseau, lo strumento telematico di consultazione dell' elettorato grillino.
Due derivazioni piuttosto nette (più la prima che la seconda, in verità) che hanno contraddistinto le divisioni e le trattative proseguite fino a ieri mattina, fino all' ultimo minuto utile prima dello scrutinio decisivo.
La posizione iniziale di Magistratura indipendente - la corrente tradizionalmente definita di destra, vincitrice alle ultime elezioni per il Csm - proponeva un' alternativa: o Ermini o il «laico» di Forza Italia Alessio Lanzi. Ma su Lanzi è arrivato il no di Unicost, il gruppo centrista, per alcune sue antiche posizioni favorevoli alla separazione delle carriere tra giudici e pm.
Dunque restava Ermini, che Mi sponsorizzava anche in virtù del fatto che il suo ex leader Cosimo Ferri è diventato deputato del Pd. Collega di partito di Ermini. Sull' altro fronte, Autonomia e indipendenza ha indicato subito Benedetti come suo candidato (avrebbero votato anche uno degli altri due «laici», ma quello era il preferito), determinando l' immediata chiusura di Mi e Unicost su quel nome; l' ex pm di Mani Pulite ha avuto negli ultimi anni posizioni e comportamenti mal digeriti dalle correnti tradizionali (di cui faceva parte essendo uno scissionista di Mi) e ciò ha provocato una sorta di veto verso «il candidato di Davigo».
Mentre nel gruppo di Area - non soddisfatta da Ermini per la sua esplicita militanza «renziana», quindi per la fin troppo chiara connotazione partitica di quella candidatura - è cominciato un lungo travaglio.
Risoltosi con il voto in favore di Benedetti, «professore di diritto distante dalle tante polemiche che caratterizzano il dibattito sulla giustizia - hanno spiegato i consiglieri -, più consapevole dei reali problemi e bisogni del sistema giudiziario, non immediatamente riconducibile ad uno schieramento politico».
Dunque a decidere sono state le due correnti maggioritarie: 10 voti che sono diventati 13 grazie allo stesso Ermini e altri due consiglieri: potrebbero essere i componenti di diritto del Csm (presidente e procuratore generale della Cassazione, Giovanni Mammone Riccardo Fuzio, che appartengono rispettivamente a Mi e Unicost); a meno che le due schede bianche fossero le loro, ma ciò significherebbe che per Ermini avrebbero votato i due «laici» di Forza Italia, ipotesi molto meno probabile.
Davigo e il suo collega di corrente Sebastiano Ardita hanno stigmatizzato una nomina raggiunta «a maggioranza risicata, che dà l' immagine di una magistratura spaccata e di un Csm contrappeso del governo», ma a fare rumore è la scandalizzata reazione di Luigi Di Maio e Alfonso Bonafede, vice-premier e ministro della Giustizia grillini. Contro i quali Area ha subito alzato una barriera: «Interventi inappropriati che esprimono grave mancanza di rispetto e di senso istituzionale, rischiando di delegittimare la vicepresidenza e il Csm quale organo di garanzia dell' indipendenza e autonomia della magistratura».
Risultato: i giudici di sinistra che hanno votato per il candidato Cinquestelle protestano contro i politici dei Cinquestelle che strumentalizzano la vittoria del candidato del Pd, denunciando un gioco politico sul Csm da parte di chi accusa il Csm di fare giochi politici. Un altro segnale della difficile, nuova stagione politico-giudiziaria che s' è aperta ieri.