TOGHE ROTTE - ALTRI CONSIGLIERI DEL CSM ALLE RIUNIONI ''PRIVATE'' PER LE NOMINE. E NELLE INTERCETTAZIONI LOTTI AVREBBE DETTO A PALAMARA DI ESSERE ANDATO DA MATTARELLA PER ILLUSTRARE LA PROPRIA VICENDA GIUDIZIARIA, DIPINGENDOSI COME UNA VITTIMA DELLA PROCURA, E CHE SE CI FOSSE STATO BISOGNO SAREBBE STATO IN GRADO DI TORNARCI - LA STORIA SI ALLARGA ALLE PROCURE DI NAPOLI E PERUGIA: LE REAZIONI DEI PM COINVOLTI
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1. BUFERA SULLE PROCURE, ALTRI CONSIGLIERI DEL CSM ALLE RIUNIONI PER LE NOMINE
Fiorenza Sarzanini e Giovanni Bianconi per il “Corriere della sera”
Le trame per le nomine ai vertici delle Procure non si fermano alla riunione notturna nell' albergo romano dove il pubblico ministero Luca Palamara, ora indagato per corruzione, discuteva con i deputati del Pd Cosimo Ferri e Luca Lotti, insieme a cinque componenti del Consiglio superiore della magistratura. Le intercettazioni disposte dai magistrati di Perugia svelano altri incontri extra-consiliari in cui la microspia inoculata nel telefono del magistrato sotto inchiesta ha registrato le voci di almeno altri due membri dell' organo di autogoverno dei giudici.
La novità emersa dalle trascrizioni rischia di acuire la crisi in seno al Csm già terremotato dalle dimissioni di un consigliere e l' autosospensione di altri quattro. E di sfiorare persino il Quirinale, di cui pure Palamara e Lotti parlavano nei loro colloqui.
Le novità emergono dalle trascrizioni delle registrazioni consegnate alla Procura di Perugia che conduce l' inchiesta su Palamara, protrattesi fino agli ultimi giorni di maggio, alla vigilia delle perquisizioni che hanno scoperchiato il caso. Ora si scopre che altri componenti togati partecipavano a trattative e strategie studiate e concordate fuori dal palazzo dei Marescialli, sempre in presenza di Palamara che resta il personaggio centrale di tutta la vicenda: ex presidente dell' Associazione nazionale magistrati, ex membro del Csm ed esponente di punta della corrente centrista Unità per la costituzione, nonché candidato a una poltrona da procuratore aggiunto a Roma. E nei piani studiati a tavolino, ovviamente, c' era anche la sua nomina.
Nel clima già intossicato dalla «soffiata» di Luigi Spina, che lo avvisò di essere sotto inchiesta (per questo è indagato e ha abbandonato la poltrona al Csm), e dalla situazione ancora in bilico degli autosospesi per aver partecipato alla riunione con Ferri e Lotti (Paolo Criscuoli, Corrado Cartoni e Antonio Lepre di Magistratura indipendente, Gianluigi Morlini di Unicost), il coinvolgimento di altri togati - seppure al momento non sia chiaro in presenza di quali persone, oltre a Palamara, e per dire che cosa - pare destinato a far salire sia la tensione che la confusione nell' organo di autogoverno, con il pericolo di provocarne la paralisi .
Una situazione gravissima e senza precedenti, anche in considerazione del fatto che a guidare l' istituzione è il presidente della Repubblica. Del quale nelle intercettazioni parlava Luca Lotti, imputato dopo la richiesta di rinvio a giudizio (favoreggiamento nella vicenda dello scandalo Consip) avanzata nei suoi confronti dalla Procura di Roma guidata da Giuseppe Pignatone, andato in pensione un mese fa. Per questo motivo l' ex sottosegretario e ministro renziano si mostrava particolarmente attento alla successione, mostrando di aderire al piano che stavano mettendo a punto Ferri e Palamara.
Che avevano deciso di puntare sul procuratore generale di Firenze Marcello Viola, in contrapposizione al procuratore di Palermo Francesco Lo Voi considerato un erede troppo naturale e «in continuità» di Pignatone. Con il corredo di almeno due procuratori aggiunti alla cui nomina Lotti si mostrava ugualmente interessato.
Nei dialoghi registrati, l' ex ministro avrebbe anche detto a Palamara di essere andato al Quirinale per illustrare la propria vicenda giudiziaria, dipingendosi come una vittima della Procura, e che se ci fosse stato bisogno sarebbe stato in grado di tornarci.
Affermazioni senza riscontro, dietro le quali, secondo gli inquirenti, potrebbero celarsi millanterie utili a dare l' idea di allargare al massimo la propria sfera di contatti e influenze. E ad ambienti quirinalizi - seppure in maniera indiretta e mediata attraverso diversi passaggi - avrebbe fatto riferimento anche Palamara nell' interrogatorio ai pm di Perugia, per spiegare di avere già saputo di essere sotto indagine e sotto intercettazione, prima del colloquio con Spina. Senza però smettere di parlare al telefono, in maniera tale da far apparire almeno contraddittoria questa versione.
L' interesse di Palamara non si fermava alla Procura di Roma, ma si allargava a quella di Perugia, dove avrebbe voluto far finire sotto inchiesta l' aggiunto romano Paolo Ielo, che aveva mandato ai colleghi umbri le carte per far avviare l' indagine a suo carico. Nel colloquio intercettato con il pm antimafia Cesare Sirignano chiedeva garanzie rispetto al candidato Giuseppe Borrelli, ora aggiunto Napoli, sponsorizzato proprio da Sirignano.
Il quale lo rassicurava sul fatto che Borrelli avrebbe seguito le sue indicazioni. Nei giorni scorsi Borrelli ha consegnato una relazione di servizio al suo capo Gianni Melillo, che l' ha trasmessa ai colleghi di Perugia. E ora commenta: «Apprendo con sorpresa e indignazione che mi sono state attribuite affermazioni mai pronunziate e intenzioni mai nutrite, nell' ambito di una vicenda alla quale sono completamente estraneo. Ho già dato mandato per tutelare in ogni sede giudiziaria la mia onorabilità di uomo e magistrato».
Effettivamente Palamara non si fidava di Borrelli, tanto da aver predisposto un piano alternativo: proporre come procuratore Francesco Prete, con Erminio Amelio nelle vesti di aggiunto perché, avrebbe detto, «è in contrasto con Ielo». Una versione che Amelio smentisce: «Mi stupisco che venisse fatto il mio nome da parte di una persona con la quale non ho avuto nulla a che fare, tutelerò la mia onorabilità in tutte le sedi competenti. Non sono mai stato nemico di Ielo, con il quale sto ancora lavorando, e lo stesso Ielo qualche mese fa, d' iniziativa, ha espresso parole lusinghiere sulla mia professionalità a colleghi del Csm».
2. CSM, COINVOLTI ALTRI CONSIGLIERI NEL CASO DELLE NOMINE PILOTATE
Valentina Errante per “il Messaggero”
Ci sono altri consiglieri del Csm coinvolti nella trattativa per la nomina dei procuratori di Roma, Perugia e Brescia, che ha già fatto esplodere la bufera su Palazzo dei Marescialli portando alle dimissioni di Luigi Spina, l'unico indagato del Csm, e all'autosospensione di Corrado Cartoni, Antonio Lepre, Paolo Criscuoli e Gianluigi Morlini, intercettati mentre discutevano della successione a Giuseppe Pignatone con i parlamentari del Pd Luca Lotti e Cosimo Ferri. Mentre le dimissioni, invocate da più parti, tranne dalla corrente di Magistratura Indipendente, tardano ad arrivare, altre notizie scuotono il Consiglio superiore della magistratura, travolto da una crisi istituzionale senza precedenti.
IL CELLULARE
Nuove indiscrezioni sulle conversazioni registrate attraverso il trojan, collocato dal 7 al 16 maggio nel telefonino dell'ex presidente dell'Anm e membro del Csm Luca Palamara, indagato a Perugia per corruzione. Quel microfono ha svelato alla Guardia di finanza il coinvolgimento, anche a loro insaputa, di altre persone nelle conversazioni sulla trattativa per le nomine ai vertici degli uffici giudiziari di Roma, Perugia e Brescia. Durante i dialoghi sulle strategie da adottare per portare Marcello Viola alla guida dei pm di Roma, Luca Lotti millantava contatti e rapporti anche con il Quirinale. Così come lo stesso pm, indagato per corruzione dalla procura umbra, avrebbe sostenuto di essere stato informato delle intercettazioni a suo carico proprio da ambienti vicini al Colle.
Ma, come emerge dagli atti, l'interesse di Palamara riguardava anche la procura di Perugia: il suo obiettivo era vedere indagato il collega Paolo Ielo. Affrontava spesso la questione, ne discuteva anche con il sostituto della direzione nazionale Antimafia Cesare Sirignano. Nella conversazione intercettata il 7 maggio, Palamara parla del candidato che può soddisfare il suo desiderio di vendetta nei confronti di Ielo, sul quale il collega Stefano Fava aveva già presentato un esposto al Csm: «Chi glielo dice che deve fare quella cosa lì - dice a Sirignano - Deve aprire un procedimento penale su Ielo...cioè stiamo a parlà di questo... non lo farà mai».
Il magistrato in questione era Giuseppe Borrelli, attualmente aggiunto a Napoli, che si è candidato, insieme ad altri diciannove colleghi come capo della procura di Perugia. Sirignano avrebbe risposto di avere già affrontato l'argomento con Borrelli che sarebbe stato disponibile a procedere.
Per questo, nei giorni scorsi, l'aggiunto di Napoli ha consegnato una relazione di servizio al procuratore Giovanni Melillo, che ha trasmesso il documento a Perugia, titolare del fascicolo. Nell'esaminare le varie candidature utili al suo obiettivo, Palamara valutava quelle di colleghi che non fossero vicini a Paolo Ielo. Così, nelle sue conversazioni, prendeva in considerazione anche l'ipotesi di Francesco Prete, attuale procuratore di Velletri, ed Erminio Amelio, pm di Roma, entrambi candidati a Perugia.
LE REAZIONI
In serata Giuseppe Borrelli ha diffuso una nota: «Apprendo con sorpresa e indignazione che mi sono state attribuite affermazioni mai pronunciate e intenzioni mai nutrite, nell'ambito di una vicenda alla quale sono completamente estraneo. Da giorni ho provveduto a depositare al procuratore della Repubblica la documentazione comprovante la mia più totale estraneità a quei fatti, per l'inoltro della stessa agli organi competenti. Ho già dato mandato per tutelare in ogni sede giudiziaria la mia onorabilità di uomo e magistrato».
Sulla stessa linea Erminio Amelio: «Apprendo con stupore - dichiara - che venisse fatto il mio nome da parte di una persona con la quale non ho avuto nulla a che fare (Palamara ndr) e tutelerò la mia onorabilità in tutte le sedi competenti. Non sono mai stato nemico di Ielo con il quale sto ancora lavorando e lo stesso Ielo qualche mese fa, d'iniziativa, ha espresso parole lusinghiere sulla mia professionalità a colleghi anche del Csm».