TOKIO VAL BENE UN PROCESSO – SALA ASSUNSE UN’AMICA DI MARONI AD EXPO, E AD UN PROCESSO CONTRO IL GOVERNATORE NEGA DI AVERLA AUTORIZZATA AD UNA MISSIONE IN GIAPPONE: “DI FRONTE ALLA RICHIESTA DI AUTORIZZAZIONE PER IL VIAGGIO PRESI TEMPO”
Luigi Ferrarella per Corriere della Sera - Milano
Non si esaurisce ieri, e riprende il 23 febbraio, il confronto tra l' avvocato Domenico Aiello, difensore del presidente della Regione Roberto Maroni ma anche legale spesso della Regione ed ex consigliere di amministrazione di Expo designato dalla Regione, e il testimone ex commissario di Expo 2015 e attuale sindaco Giuseppe Sala, convocato nel processo contro Maroni per «induzione indebita».
La premessa è come Maria Grazia Paturzo, amica ed ex collaboratrice di Maroni al Viminale, entrò in Expo: «Malangone (ex direttore generale Expo, ndr ) e Arditti (ex relazioni istituzionali Expo, ndr ) mi dissero che avevano ricevuto segnalazioni dalla Regione per un possibile impiego per due anni in Expo di due donne.
Diedi la risposta che davo sempre da quando in Expo al mio arrivo avevo trovato 100 persone di cui troppe segnalate dai soci. Poi Malangone tornò da me, dopo la mia resistenza a dare incarichi, mi disse che la Regione si offriva di pagare i costi della promozione di Expo in un World Expo Tour (Wet) ma chiedeva una controparte dentro Expo. Dissi: non due contratti ma uno, e temporaneo 6 mesi».
La beneficiaria fu Paturzo. Per la festività del 2 giugno 2014 il Ministero degli Esteri organizzò una serie di delegazioni promozionali di Expo nelle capitali, iniziativa diversa dal progetto Wet e con Maroni previsto a Tokyo: «Malangone, che io sapevo parlava con Ciriello (ex capo staff di Maroni, ndr ), mi disse che dalla Regione chiedevano di autorizzare la trasferta a Tokyo anche della persona alla quale avevamo dato un incarico su segnalazione della Regione», cioè Paturzo, «ma che il suo viaggio costava 7.000 euro.
Dissi che mi sembrava tanto, e che sulla base del ruolo di questa persona non mi sembrava corretto, visto che la trasferta non era legata al World Expo Tour per il quale era stata presa».
Quindi disse a Malangone di rispondere no a Maroni? «Se devo essere onesto - risponde Sala - non dissi radicalmente no, ma presi tempo come facevo tante volte: da un lato avevo le procedure da rispettare, dall' altro avevo uno dei soci (la Regione, ndr ) che finanziavano la società, e cercavo di mantenere prudenza.
Tra alzare il telefono e dire no, oppure fare un po' di tattica per cercare di disincentivare, scelsi la tattica: il mio fu un tirare la palla avanti, dissi a Malangone di cercare di convincere la controparte (la Regione, ndr ) che per buon senso non fosse il caso».
Ma allora che significa la mail di Malangone ad Arditti sul viaggio della Paturzo con la frase «ok capo allineato»? «Nella mia testa - propone Sala - avrà voluto dire "capo informato", se no immagino avrebbe scritto "capo d' accordo". Non ho mai dato l' autorizzazione definitiva al viaggio».
Aiello rimarca che però nel contratto di Paturzo in Expo non si faceva cenno al Wet, peraltro partito 7 mesi dopo: «Avrò vistato il contratto, ma non ero andato nel dettaglio». Non lesse il curriculum? «No, sarà stato guardato di certo, ma non da me...», anche perché capitavano cose «che firmavo anche in maniera seriale sulla fiducia del preesame di Malangone».
Allora perché Expo il giorno delle perquisizioni fece un comunicato per dire di aver accolto la segnalazione della Regione in quanto il profilo di Paturzo era «idoneo»? Chi aveva valutato l' idoneità?
«Suppongo la direzione del personale». Scrisse lei il comunicato? «No, ma suppongo che l' avrò visto». Sa chi lo scrisse? «No». Qualcuno la chiamò per farlo? «Qualcuno avrà chiamato, ma non ricordo chi».
Aiello addita centinaia di trasferte autorizzate benché parimenti costose, dall' allora sindaco Pisapia sino ai pari grado di Paturzo, e Sala richiama «la capacità manageriale di Malangone» nelle differenti situazioni di «valutare cosa ritenere giusto». Fuori aula aggiunge: «Resto convinto che Malangone nel segnalarmi l' anomalia (su Paturzo, ndr) fece bene il suo lavoro». Ma proprio Malangone è sinora rimasto l' unico col cerino in mano, condannato in primo grado nel novembre 2015 a 4 mesi e da allora in attesa di Appello.