TORNANO LE CROCIATE - MONDO ISLAMICO SCATENATO CONTRO MACRON SU ORDINE DI ERDOGAN: L'ECONOMIA TURCA È A PICCO E NON GLI PARE VERO DI POTER GIOCARE AL SULTANO CHE SI SCHIERA CONTRO LA LAICA E MISCREDENTE EUROPA. RISCHIO NUOVI ATTENTATI IN FRANCIA E CONTRO FRANCESI - MANIFESTAZIONI CONTRO IL PRESIDENTE, L'UNICO CHE METTE LA FACCIA CONTRO IL JIHADISMO E A DIFESA DELLA LIBERTA' DI ESPRESSIONE, DAL BANGLADESH ALLA MAURITANIA, DAL PAKISTAN ALL'INDONESIA
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1. IL MONDO ISLAMICO CON ERDOGAN CRESCE LA MAREA CONTRO MACRON
Giordano Stabile per “la Stampa”
La marea anti-francese cresce di giorno in giorno, dilaga nel mondo musulmano e anche Paesi alleati dell' Occidente si allineano nella condanna delle vignette su Maometto e degli «abusi della libertà di espressione» che Emmanuel Macron avrebbe avallato. E' un' ostilità incontenibile che rischia di isolare Parigi in un vasto arco che va dal Marocco al Bangladesh, e potrebbe spingere a nuovi attacchi, come quello che è costato la vita al professore di storia Samuel Paty.
Parigi ha già chiesto «maggiori precauzioni» ai suoi cittadini che vivono o sono in viaggio in Paesi a maggioranza musulmana e ha rafforzato la sicurezza attorno ai siti religiosi in patria. L' insurrezione delle masse dietro il vessillo del Profeta segna un punto a favore di Recep Tayyip Erdogan, il primo a cavalcare l' onda, e adesso inseguito da altri governi e autorità nella regione, che temono di passare per «anti-islamici».
La giornata di ieri è cominciata con una massiccia manifestazione a Dacca, capitale del Bangladesh, dove 40 mila persone hanno brandito caricature di Macron, dipinto come un demonio, e hanno chiesto la cacciata dell' ambasciatore francese. Sui cartelli si leggeva «Stop all' islamofobia», «Boicottiamo la Francia», «Assediamo l' ambasciata», il punto di arrivo del corteo. Il leader del gruppo integralista Andolan Bangladesh, Atiqur Rahman, ha ripreso le parole di Erdogan e ribadito che il leader transalpino ha bisogno «di cure mentali», oltre a essere «un adoratore di Satana».
Proteste simili sono state inscenate dalla Mauritania al Pakistan e all' Indonesia, passando per i Paesi del Golfo come Qatar e Bahrein, o africani come la Tanzania. In Turchia è stato il sindacato legato all' Akp, il partito di Erdogan, a mobilitarsi in tutti i capoluoghi di provincia, mentre il Parlamento ha approvato una risoluzione che critica Macron e chiede un boicottaggio sistematico, nonostante Bruxelles abbia avvertito che così «si allontana l' adesione all' Ue». L' hanno votata tutti i partiti, a parte di curdi dell' Hdp.
Ma quello che è più preoccupante, per la Francia, è l' allineamento di alcuni suoi alleati tradizionali. In Arabia Saudita il ministero degli Esteri ha stigmatizzato «qualsiasi tentativo di collegare islam e terrorismo» e denunciato «le vignette offensive del Profeta». Il Consiglio dei saggi musulmani, con sede a Abu Dhabi e presieduto dal grande imam dell' università egiziana di Al-Azhar, ha annunciato che querelerà Charlie Hebdo e «chiunque offenda l' islam e i suoi simboli sacri».
Gli ha risposto l' associazione degli imam di Francia, secondo i quali è Erdogan «a fare danni». La campagna di boicottaggio è tracimata anche in Giordania, mentre in Qatar si è aggiunta la catena di supermercati Al-Meera, con più di 50 filiali. Persino il presidente della Cecenia Ramzan Kadyrov ha accusato Macron di «aver offeso due miliardi di musulmani». Proprio mentre il ministro degli Interni transalpino Gérald Darmanin era a Mosca per discutere con Vladimir Putin sulla minaccia dei jihadisti ceceni. Parigi teme nuovi attacchi. Il Quai d' Orsay ha alzato il «livello di allerta» in una dozzina di Paesi attraversati dalle proteste più dure.
2. IL GIOCO DI ERDOGAN
Monica Ricci Sargentini per il “Corriere della Sera”
La strategia del presidente turco Recep Tayyip Erdogan nei recenti attacchi forsennati al suo omologo francese Emmanuel Macron e all' Unione Europea è chiara: ergersi a leader e difensore dei musulmani nel mondo contro un Occidente sordo ai giusti valori. E, per ora, questa politica ha pagato.
Ieri il «Grand' uomo», come lo chiamano ormai in patria, ha incassato il pieno appoggio del Parlamento turco. A votare il testo che condanna le azioni del leader dell' Eliseo sono stati anche due dei tre partiti di opposizione: i repubblicani secolaristi del Chp e i nazionalisti dell' Iyi Parti di Meral Aksener. «Ogni tensione in politica estera - spiega al Corriere Çan Dundar, l' ex direttore del quotidiano di opposizione laica Cumhuriyet - lo aiuta a distogliere l' attenzione dal disastro dell' economia turca e lo fa risalire nei sondaggi. Contro Macron è riuscito persino ad avere il consenso dei socialdemocratici. Cos' altro potrebbe volere?».
Quello che Erdogan non ha proprio digerito è stato l' annuncio di Macron, all' indomani della decapitazione di Samuel Paty a Parigi, di voler rafforzare i controlli sui luoghi di culto musulmani e porre fine all' arrivo di imam dall' estero (per una buona metà turchi). Nel mirino c' è il movimento religioso Millî Görü (Visione Nazionale) che è il braccio armato di Ankara in Europa con 500 moschee di cui 71 solo in Francia.
Fondato nel 1969 dall' ex premier Erbakan e diffuso in molti Paesi dell' Unione Europea, tra cui l' Italia, l' organizzazione afferma che l' ordinamento della società occidentale è profondamente sbagliato e che il declino del mondo musulmano è il risultato della sua imitazione dei valori occidentali. Ankara, attraverso l' Unione degli affari culturali turco-islamici (Ditib), investe ogni anno ingenti risorse per promuovere l' islam turco all' estero, soprattutto in Francia, e ora rischia di avere le mani legate.
Nei primi anni 2000 e anche oltre la Turchia poteva vantare un ruolo positivo nel Mediterraneo e nel Medio Oriente. L' economia cresceva a un ritmo importante e il suo governo veniva additato come un esempio di democrazia.
Oggi la lira turca è ai minimi storici, l' inflazione galoppa e il debito del Paese aumenta.
In politica estera si è passati dalla famosa filosofia «zero problemi con i vicini», coniata dall' allora ministro degli Esteri Ahmet Davutoglu, all' odierna «zero vicini amici».
Non solo la Grecia e l' Armenia ma anche l' Iraq, l' Egitto, la Siria, gli Emirati Arabi, per citarne alcuni. Recentemente in Arabia Saudita è stata lanciata una campagna per boicottare i prodotti turchi che ha avuto successo in diversi Paesi, tra cui il Marocco, l' Egitto, il Bahrein e gli Emirati. In più c' è da mettere in conto la minaccia di sanzioni da parte degli Stati Uniti e dell' Unione Europea esasperate dalle continue provocazioni di Erdogan.
Per uscire dall' angolo e riconquistare consensi «il Sultano» deve attaccare. Qualche settimana fa l' istituto di sondaggi Avrasya lo dava perdente in un' ipotetica sfida alle presidenziali del 2023 contro il sindaco di Istanbul Ekrem Imamoglu. Oggi, però, il presidente turco ha ribaltato il tavolo e si è imposto come portatore di una «rivoluzione culturale». Dal Medio Oriente all' Asia centrale decine di migliaia di persone ma anche governi si sono uniti alla protesta contro la Francia. E la sua popolarità in patria è risalita. «Erdogan vive di conflitti, esagerazioni e manipolazioni.
Mi ricorda, in piccolo, Slobodan Milosevic nei primi anni '90. Solo i russi riescono a tenergli testa perché usano i suoi stessi metodi - dice al Corriere Cengiz Aktar, docente di scienze politiche all' Università di Atene, un passato nelle Nazioni Unite e nell' Unione Europea -, gli occidentali pensano ancora di poterci dialogare, di riuscire a farlo sedere a un tavolo. Non hanno capito che più cercano di placarlo, più lui diventa aggressivo». La Libia, il Nagorno-Karabakh, la Siria, la questione curda, Kastellorizo, Cipro. Tanti fronti aperti. «Tutto ciò finirà male - continua Aktar -, l' economia potrebbe arrivare presto al collasso e per gli europei ciò significherebbe l' arrivo di migliaia di profughi, turchi non siriani».
Il problema è che le crisi e le polemiche create all' estero, prima o poi, avranno una ripercussione sulla situazione economica. In poco tempo la Turchia potrebbe ritrovarsi molto esposta finanziariamente e totalmente isolata.
Quando questo succederà l' opinione pubblica darà la colpa ad Erdogan. Una richiesta di aiuto al Fondo Monetario Internazionale potrebbe comportare anche una serie di vincoli in politica estera. A quel punto il «Sultano» non potrà più mostrare i muscoli e da salvatore e difensore del mondo musulmano contro il cattivo Occidente diventerà il presidente di una nazione pária. L' economia è il suo tallone d' Achille.