TRAVAGLIO AVVISA DI MAIO: SFANCULA SALVINI, PRIMA CHE SIA TROPPO TARDI – ‘’I 5STELLE NON POSSONO LASCIARSI LOGORARE DA UN PARTNER CHE NON HA ALCUNA INTENZIONE DI GOVERNARE E OGNI GIORNO, CINICAMENTE, LI SPUTTANA - PRIMA O POI, SE NULLA CAMBIA, DI MAIO & C. DOVRANNO PORSI SERIAMENTE IL PROBLEMA DEL CHE FARE: CIOÈ SE E QUANDO STACCARE LA SPINA. ANCHE PERCHÉ PRESTO O TARDI, PIÙ PRESTO CHE TARDI, PRIMA DELLE EUROPEE 2019 O SUBITO DOPO, LO FARÀ SALVINI’’
-Marco Travaglio per il Fatto Quotidiano - Estratto
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La riuscita e la durata del Salvimaio, che unisce due forze popolari, ma con idee e basi sociali diverse se non opposte, dipendevano dalla fedeltà al contratto. Ma soprattutto dalla capacità di Salvini di uscire dalla sua campagna elettorale permanente. E di mettersi a fare le cose, profittando delle mani libere dell' alleato non (o non ancora) lobbyzzato.
In questi tre mesi, quella condizione non si è verificata. Salvini non ha alcuna intenzione di risolvere i problemi, ma solo di usarli. È sempre in giro a farsi propaganda. In questo somiglia spaventosamente a B. e Renzi: l' amministrazione, primo dovere di un ministro-vicepremier, forse lo annoia, forse non gl' interessa proprio. Vinta un' elezione, già pensa a come stravincere quella successiva.
Fermarsi a lavorare sui dossier è un' inutile perdita di tempo che lo distoglie dal perenne giro d' Italia per conquistare altri voti a suon di sparate. E anche di errori grossolani. Come l' assurdo braccio di ferro sulla Diciotti, che alla fine l' ha visto cedere dopo aver inflitto a quei 167 disperati un inutile surplus di sofferenze; ma, quando finalmente avrebbe dovuto spiegare la retromarcia ai suoi fan, è arrivata provvidenziale l' arma di distrazione di massa.
Cioè l' incriminazione giudiziaria, ottimo pretesto per parlar d' altro. O come la tragicomica alleanza col fascista ungherese Viktor Orbán, un Salvini senza porti e senza mare: lui i migranti non li vuole a casa sua, li preferisce a casa nostra. Se la nuova Europa passa da quell' asse, peggio per noi, ma anche per Salvini. Altro che "prima gli italiani": semmai, prima gli ungheresi e i loro compari di Visegrad.
I 15mila milanesi in piazza a Milano a fine agosto, al seguito di una sinistra che pareva morta, dovrebbero suggerirgli qualche pensiero. Anche molti elettori di centrodestra non vogliono aver nulla a che fare con quel truce e trucido figuro e mai hanno sognato - se non come incubo - un' alleanza con certa gentaglia.
Intanto Conte e Moavero tessono pazientemente, fra mille difficoltà, la tela diplomatica e ottengono ogni tanto qualche piccolo risultato per risalire la china degli accordi-capestro firmati dagli scriteriati predecessori, sui migranti e non solo. E la linea dura sull' immigrazione, pur fra mille contraddizioni e forzature, ha portato a un nuovo crollo delle partenze dei barconi e dunque delle morti in mare, anche se le condizioni dei campi-lager in Libia restano agghiaccianti.
Ma le cose buone fatte da un governo che è anche il suo e dalla maggioranza che è anche la sua (taglio dei vitalizi alla Camera, dl Dignità, un Dg indipendente alla Rai, revisione delle concessioni di beni pubblici a partire da quella regalata ad Autostrade&Benetton) sembrano non interessare Salvini. Che anzi le vive come un fastidio e un inciampo alla sua scorribanda demagogica e solitaria di Cazzaro Verde solo contro tutti.
A questo punto è evidente che la maionese è impazzita. I 5Stelle non possono passare il loro tempo a fermare la mano dell' alleato e a prenderne le distanze. Né lasciarsi logorare da un partner che non ha alcuna intenzione di governare e ogni giorno, cinicamente, li sputtana. La catastrofe di Genova, poi, ha dimostrato che le lobby - orfane dei vecchi sponsor e complici - puntano tutto sulla Lega per salvare i loro privilegi: infatti i governatori nordisti Fontana, Zaia, Fedriga e Toti han subito fatto cambiare idea a Salvini sulla ri-nazionalizzazione di Autostrade: preferiscono tenersi buono il mondo confindustriale, che li usa come ultimo baluardo per le sue greppie. Prima o poi, anzi più prima che poi, se nulla cambia, Di Maio & C. dovranno porsi seriamente il problema del che fare: cioè se e quando staccare la spina. Anche perché presto o tardi, più presto che tardi, prima delle Europee 2019 o subito dopo, lo farà Salvini.