TRUMP HA SCELTO J.D. VANCE CON UN OBIETTIVO PRECISO: LASCIARGLI FARE L’ESAGITATO A CACCIA DI ELETTORI INCAZZATI, MENTRE LUI SI RITAGLIA UN RUOLO PIÙ MODERATO – “THE DONALD”, CHE PENSA DI RIPORTARE NEL SUO STAFF MIKE POMPEO, HA EPURATO LA FIGLIA “TRADITRICE” IVANKA E IL GENERO JARED KUSHNER – OBAMA NON SA SE SILURARE BIDEN: HA PAURA CHE IL CANDIDATO SCELTO PER SOSTITUIRLO VENGA SCONFITTO (A QUEL PUNTO LUI PERDEREBBE LA FACCIA) – IL PRESIDENTE PUÒ ARRENDERSI SOLO SE FINISCE I SOLDI – LA TELEFONATA TRA LO SVALVOLATO ROBERT F. KENNEDY E TRUMP, SPIATTELLATA ONLINE - VIDEO
DAGOREPORT
Potrà non piacere ai palati fini della politica, ma bisogna riconoscere che Donald Trump ha avuto un’abilità enorme, quasi diabolica, nel gestire l’attentato e le sue conseguenze.
La sua reazione sul palco, l’urlo “Fight, fight fight” con il pugno chiuso, i toni inusualmente moderati e il coup de teatre della nomina di J.D. Vance, scelto come candidato vicepresidente.
La decisione è arrivata solo all’ultimo minuto: il tycoon era orientato verso altri nomi, fuori dal circolo “Maga”, come Nikki Haley e Marco Rubio, due vecchi arnesi del Great Old Party non strettamente trumpiani. E invece, seguendo i consigli dei figli Don jr ed Eric (e della di lui moglie, Lara), ha virato sul 39enne senatore dell’Ohio.
Vance è l’autore di “Elegia americana”, un libro-manifesto in cui racconta la sua vita da “hillbilly”, il “cafone” bianco proletario impoverito dalla globalizzazione e ignorato dalle élite cittadine delle coste.
Un volto perfetto per parlare all’elettorato bianco e arrabbiato delle aree interne degli Stati Uniti: il 39enne è stato chiamato proprio per svolgere il ruolo di “mini-Trump”, ovvero rilanciare i toni battaglieri e intransigenti dell’ex presidente, permettendo al vero Trump di moderare i suoi.
Il tycoon, infatti, ove mai vincesse le elezioni, sarebbe al secondo e ultimo mandato: non avrebbe più necessità di essere permanentemente in campagna elettorale, e potrebbe deporre quei toni incendiari che nella fase finale della sua presidenza portarono al tentato golpe di Capitol Hill.
Il sogno di Trump, da presidente al secondo giro di giostra, è consegnarsi alla storia. In che modo? Assurgendo a "presidente di tutti". Per farlo deve diventare l’opposto di quello che è stato durante il primo: unificante e distensivo, ovviamente puntando a uscire intonso dai suoi numerosi processi.
In attesa di quei giorni, Trump è ancora quel che conosciamo: un capriccioso egomane che non accetta il dissenso. A fare le spese di questo bel caratterino sono la figlia Ivanka e il marito Jared Kushner, che ai bei tempi del primo mandato erano considerati i veri deus ex machina della Casa Bianca.
Peccato che dopo l’assalto al Congresso, i due abbiano marcato una distanza dalle posizioni oltranziste di Donald Trump, che riassurto a nuova gloria, ha sfanculato la secondogenita e coniuge ebreo, accusandoli di irriconoscenza. Della serie: vi ho fatto fare soldi, vi ho dato potere, e mi ricompensate con un clamoroso voltafaccia?
Piccolo dettaglio dei rapporti ormai deteriorati tra i due: dopo i fatti di Butler, la bella Ivanka ha manifestato la sua solidarietà al padre ferito ricordando la morte della madre, Ivana, a cui ha attribuito il “miracolo” del fallito attentato.
Per una coppia che va, c’è un Mike Pompeo che potrebbe tornare. Molti capoccioni del partito repubblicano stanno facendo pressione su Trump affinché riaccolga nel suo staff l’ex capo della Cia e segretario di Stato, allontanato in malo modo dallo stesso The Donald dopo che “osò” riconoscere l’esito delle elezioni del 2020 (cosa che Trump è sempre stato riluttante a fare).
Visto che Pompeo è un abile stratega e vecchia volpe del potere a stelle e strisce, a differenza di quei due bamboccioni privilegiati di Ivanka e Jared, Trump potrebbe essere molto più incline al perdono. Nel futuro staff della Casa Bianca che verrà potrebbe entrare, come confermato dallo stesso ex presidente, Jamie Dimon, gran capo di JPMorgan.
Per lui si immagina il ruolo di segretario al Tesoro, ma è lo stesso Dimon che nicchia: ha visto talmente tanti ottimi collaboratori licenziati da Trump tra il 2016 e il 2020, da essere giustamente scettico di fronte alla possibilità. Inoltre, chi glielo fa fare di lasciare l’ottimamente remunerato posto di boss della più grande banca del mondo per andare a infilarsi tra i veleni e le beghe di Washington?
Sulla sponda democratica, la confusione si mescola allo psicodramma. Barack Obama, riconosciuto come "gran visir" del partito, non sa che pesci prendere: dopo gli spari a Trump tutto è cambiato.
Sperava di convincere Biden a ritirarsi dopo il pessimo tele-confronto con il rivale, ma adesso l’ipotesi di un cambio in corsa diventa ancora più difficile.
Il marito di Michelle potrebbe spingere fino in fondo il pedale della sua influenza per costringere “Sleepy Joe” al passo indietro, ma è terrorizzato all’ipotesi di rovinare la sua aura di vincente: cosa accadrebbe infatti se il nome scelto per sostituire Sleepy Joe andasse incontro a una solenne bastonatura per mano di Trump?
Il primo a perdere la faccia sarebbe proprio Obama, che verrebbe a quel punto accusato dallo stesso Biden di avergli sfilato la candidatura e di aver portato i democratici alla sconfitta. Senza contare che l’ex presidente afroamericano ha visto risalire a galla tutte le critiche alla sua politica estera durante gli otto anni di presidenza.
In piena campagna elettorale, infatti, è ricicciata la pessima gestione dell’invasione della Crimea da parte dei russi nel 2014, la guerra a Gheddafi, il ritiro dall’Iraq del 2011 e la crisi in Siria che lasciarono praterie per la nascita dell’Isis. Insomma, non proprio un curriculum specchiato, che potrebbe finire nel tritacarne qualora Obama portasse il partito democratico alla sconfitta con un infausto cambio di cavallo.
A fermare eventualmente la corsa di Biden saranno i soldi: se le casse della sua campagna elettorale si svuotassero rapidamente, “Sleepy Joe” non avrebbe la forza di continuare la corsa a colpi di costosi spot televisivi, che sono l’unico mezzo per raggiungere quell’America periferica che può condizionare l’esito delle elezioni.
Soprattutto in un momento in cui Trump, dopo l’attentato, riceve finanziamenti a pioggia dai multimiliardari come Musk (che ha annunciato che donerà 45 milioni di dollari al mese) e piccoli donatori: la campagna del tycoon ha raccolto più di 400 milioni nel secondo trimestre 2024.
Ps. il candidato svalvolone no-vax, Robert F. Kennedy jr, ha avuto una lunga chiaccherata telefonica con Donald Trump, che, da gran furbone, se l’è intortato: ha riconosciuto la legittimità dei suoi dubbi sui vaccini, ha criticato la gestione della pandemia da parte di Biden e ha promesso, una volta eletto, di rivedere la normativa sui vaccini.
A quel punto, tra il lusco e il brusco, gli ha anche proposto di chiamarsi fuori dalla competizione elettorale e di passare direttamente con lui. L’erede della dinastia maledetta ha chiesto tempo per rifletterci fino a quando il figlio non ha pubblicato il video della telefonata tra i due, creando un certo malumore in Trump, che sperava di tenere un basso profilo.