TUTTI ALLA CORTE DI EMMANUEL, MA IL MACRON ITALIANO NON ESISTE – PER PARADOSSO, IL PIU’ SIMILE E’ “MOVIOLA” GENTILONI, MA TACE PER NON RUBARE LA SCENA AL DUCETTO – IL PRESIDENTE FRANCESE E’ UN ESPERIMENTO TECNOCRATICO CHE ARCHIVIA I PARTITI
Massimo Franco per il Corriere della Sera
Sarà difficile «italianizzare» il voto francese di ieri. La vicinanza geografica e politica renderanno il tentativo quasi irresistibile, nella voglia di trovare modelli vincenti in un sistema come il nostro che fatica a ritrovare un baricentro. Ma l' identità e la storia del «senza partito» Emmanuel Macron, così come della leader del Front National, Marine Le Pen, sfuggono a quelle delle forze tradizionali: francesi e italiane. Da noi si può al massimo richiamare un asse tra Marine Le Pen e la Lega di Matteo Salvini, uniti dalla xenofobia e da una strategia antieuropea e filo-russa.
Il caso di Macron, eletto trionfalmente, è più intrigante. Lo scambio di messaggi con il segretario del Pd, Matteo Renzi, evoca una vicinanza quasi obbligata. C' è solo da capire quanto sia destinata a durare. Perché Macron è il prodotto di un esperimento tecnocratico che archivia i partiti. E incarna una strategia europeista e centrista che ha fatto tabula rasa sia del gollismo, sia della sinistra riformista. Rappresenta una Francia che rifiuta le ideologie. Guarda alla Germania.
E verosimilmente sarà poco incline a fare concessioni all' Italia a caccia di «flessibilità» sul debito. Inoltre, il suo successo conferma che l' argine a quelli che si definiscono populismi o «nazionalismi bianchi» non è a sinistra. Emerge da movimenti trasversali che scavalcano i confini e le ideologie dei partiti. E capire chi, oggi, in Italia ha o intende assumere queste caratteristiche, per ora è un rompicapo.
Intanto, l' europeismo è merce rara in tutte le formazioni politiche. A pochi mesi dalle elezioni, per paradosso l' entità più europeista appare il governo di Paolo Gentiloni: criticato per questo dallo stesso Pd renziano. Renzi poteva apparire «il Macron italiano» nel 2014, con le sue parole d' ordine brutali contro la nomenklatura.
Ma oggi, della nomenklatura dem è il leader e il garante indiscusso. Macron, invece, è un figlio dell' élite tecnocratica. L' ombra della banca d' affari Rotschild che gli avversari proiettano su di lui strumentalmente, coglie l' anomalia di un' ascesa atipica, fuori dalle filiere partitiche e tutta da decifrare. È sacrosanto rallegrarsi perché interrompe una deriva nazionalista e con venature razziste, figlia della paura e di una crisi economica che l' Italia teme quanto la Francia. Ma la frena, non la risolve: i problemi sono ancora tutti lì.
Vale la pena di notare, tra l' altro, che il Movimento 5 Stelle ha evitato di prendere posizione tra i due candidati francesi, definendosi «post-ideologico». È uno smarcamento tattico che conferma ambivalenza e capacità trasformistica. Insomma, l' affermazione di Emmanuel Macron complica, non chiarisce le dinamiche elettorali italiane. Il suo profilo ibrido si proietta su di noi solo per dirci che le coordinate politiche tradizionali non reggono più. Bisognerà capire chi sarà il più rapido, e il più capace, a disegnare le nuove.