TUTTI GLOBALIZZATI CON IL CULO DEGLI ALTRI - IL PRESIDENTE XI JINPING, PER LA PRIMA VOLTA AL FORUM DI DAVOS, LANCIA LA CINA AL POSTO DEGLI USA COME MOTORE DELL’ECONOMIA GLOBALE - E TE CREDO: PECHINO, GRAZIE AL TURBOCAPITALISMO SELVAGGIO, HA MACINATO CRESCITA E SVILUPPO (SULLE SPALLE DEGLI ALTRI)
Paolo Salom per il “Corriere della Sera”
Chissà se Mao avrebbe mai potuto immaginare, lui abituato a vedere lontano, che un suo successore - peraltro figlio di un compagno d'armi - un giorno avrebbe difeso il libero mercato di fronte al Gotha della finanza mondiale, mentre il prossimo leader della Tigre (di carta) capitalista sarebbe stato fischiato come l'artefice di involuzione e protezionismo.
La Rivoluzione non è un pranzo di gala. Ma a Davos, attovagliati insieme agli sherpa del presidente Xi Jinping, banchieri globalizzati e ministri di ogni angolo del pianeta, ieri, preparavano la strada per un possibile ricambio di leadership a protezione degli interessi commerciali internazionali, mentre Anthony Scaramucci, l'emissario di Donald Trump - vero convitato di pietra - si affannava a rassicurare i clienti pronti alla fuga.
La Cina al posto degli Stati Uniti come motore dell' economia globalizzata? A giudicare dalle parole che il nuovo Timoniere ieri ha pronunciato, primo presidente della Repubblica Popolare a intervenire, inaugurandolo, al Forum economico mondiale (per l' Italia c' è il ministro Pier Carlo Padoan), la risposta è sì: «Perseguire il protezionismo - ha detto tra l' altro Xi Jinping - è come chiudersi in una stanza scura. Il vento e la pioggia restano fuori, ma anche l' aria e la luce. La Cina terrà le porte aperte e non le chiuderà. E speriamo che anche altri Paesi ci seguiranno».
Certo, l' Impero Celeste, dall' alto della sua crescita trentennale, per quanto da tempo non più a due cifre (nel 2016 si è attestata sul 6,7%) ha certo contribuito a creare ricchezza, non solo per il proprio regime (le attuali riserve in valuta superiori ai 3.000 miliardi di dollari).
Tuttavia, le parole di Xi vanno lette nel contesto, con il pensiero al futuro e non letteralmente, considerando gli ostacoli ancora presenti quanto ad apertura verso l'estero del mercato cinese, ancora governato da politiche monetarie, industriali e commerciali difensive. «Ma nessuno - ha ammonito, promettendo di non svalutare ad arte la divisa nazionale, lo yuan - uscirà vincitore da una guerra commerciale».
Che a Davos il clima - peraltro tradizionalmente rigido a gennaio, con temperature ben al di sotto dello zero - sia favorevole a un cambio della guardia epocale, lo confermano le varie sessioni del Forum dedicate all' Estremo Oriente. Una in particolare è esplicita sin dal titolo: «L'Asia prende il comando». E la parola Asia potrebbe tranquillamente essere sostituita con «Cina». «In un mondo in preda a incertezza e volatilità dei mercati - ha confermato Klaus Schwab, fondatore del Forum di Davos prima di accogliere Xi sul palco - tutti guardano a Pechino».
Intanto è Schwab il primo: ieri, tra l'altro, è stato firmato un accordo di «partnership decennale» tra la Cina e lo stesso Forum. Interessante il giudizio di Ian Bremmer, presidente del think-tank Eurasia Group: «La reazione di Davos al discorso di Xi? Successo su tutti i fronti. Parole lontane miglia da quelle di qualunque altro leader cinese».
Non poteva che essere così, visto il momento. E Xi Jinping ne ha anche approfittato per strizzare l' occhio all'audience dicendo, per non apparire naïf, che la globalizzazione non ha portato effettivamente benefici a tutti, in parte perché «c' è stata una corsa esagerata ai profitti». Ma, citando Charles Dickens («Il racconto di due città»), ha chiosato: «Era il tempo migliore e il tempo peggiore». Insomma: la globalizzazione non è tutta positiva. Ma non è nemmeno responsabile «dei guai attuali del mondo come guerre e crisi dei profughi». Dunque non c' è ragione di abbandonarla.