L’UNICO PARTITO FEDELE A RENZI E’ FORZA ITALIA! – IL CETRIOLO DEL MAGO DALEMIX FIRMATO PD: “INSODDISFACENTI I RISULTATI DEL GOVERNO. E IL PD NON HA UNA SEGRETERIA, MA UN GRUPPO DI PERSONE CHE SONO FIDUCIARIE DEL PREMIER”


Monica Guerzoni per “Il Corriere della Sera

 

Matteo Renzi ascolta Massimo D Alema

Ora che Renzi ha rottamato il turbo per guidare un motore diesel, meno rombante ma più stabile, la minoranza del Pd frantuma gli indugi. Basta con le timidezze e le cautele, d’ora in avanti l’area riformista si farà sentire. La prima mossa? Spronare Renzi a sforare il tetto del 3% per rimettere in moto la crescita. E sulla scena dell’opposizione interna riappare Massimo D’Alema, dalla Festa dell’Unità di Bologna: «Il governo compie indubbiamente degli sforzi... Poi i risultati, sicuramente, per ora non sono soddisfacenti».

Matteo Renzi ascolta Massimo D Alema

 

D’Alema spera che il governo reagisca «in modo energico» alla recessione e chiede al Pd di ritrovare la sua «vita democratica», perché i partiti durano più dei loro leader. «Un partito non può essere il movimento del premier — attacca l’ex presidente del Consiglio —. Il Pd sostanzialmente non ha una segreteria, ma un gruppo di persone che sono fiduciarie del premier. In questo modo il partito finisce per avere una vita molto stentata».

 

E sul doppio ruolo di Renzi la pensa come Bersani, che ha chiesto al leader di dimettersi dalla guida del Pd: «Al congresso noi sostenevamo la necessità di evitare il doppio incarico. Il consenso è un dato fluttuante. Per questo occorre una comunità che discute».

 

massimo d'ALEMA rondolino VELARDI

Infine una battuta, per dire che Renzi fa ombra ai suoi ministri: «È attivo, coraggioso, generoso... Ma i cittadini avrebbero qualche difficoltà a fare l’elenco del governo».

La replica dei renziani arriva con il senatore Andrea Marcucci, che spara via Twitter: «Forse D’Alema pensa ancora alle recenti nomine in Europa». Va giù duro anche Stefano Menichini, dopo che D’Alema ha bollato Europa come «stampa clandestina».

 

Il pezzo di Fabrizio Rondolino in prima pagina sulla fine della carriera politica del già premier? «Mi sa che avevamo ragione — twitta il direttore — non gli è piaciuto com’è finita quella storia del Pesc». Con l’arrivo di settembre, il clima nel Pd cambia di colpo. Brezza autunnale anche tra gli stand di Bologna, dove Gianni Cuperlo non è stato invitato. Pippo Civati ha rifiutato la convocazione last minute: «Nessuna polemica, ma un po’ di pluralismo in più non ci stava male».

 

Stefano Menichini

Renzi ha l’annuncite ? «Non è che uno è un genio la domenica e un pirla il lunedì. Forse non era un genio e non è diventato un pirla e mi impressiona il cambio di rotta di tanti dei nostri. Però occhio, perché l’autunno non è stagione da larghe intese».

 

La suggestione giornalistica di una «lettizzazione» di Renzi — il cacciavite al posto del caterpillar — ha rianimato la sinistra. I bersaniani vanno alla guerra (fredda) e l’arma è un emendamento al pacchetto riforme per cancellare dalla Costituzione (articolo 81) l’obbligo del pareggio di bilancio introdotto con il Fiscal compact.

 

pierluigi bersani

La proposta di Fassina, D’Attorre e Lauricella (già avanzata in passato da Tremonti), prima ancora di essere depositata alla Camera fa litigare bersaniani e renziani. A parole è in linea con la strategia di Renzi, ma rischia di metterlo in difficoltà in Europa. In Parlamento sarà battaglia. Tonini ricorda che fu proprio Bersani a votare il pareggio in Costituzione e Giachetti sferza Fassina: «Quando fu inserito, tu non ti dimettesti da responsabile economico. Il ritorno dei compagni che sbagliano?».

 

GIUSEPPE CIVATI FOTO LAPRESSE

I bersaniani promettono lealtà, ma intanto organizzano convention e chiedono una direzione per discutere di emergenza economica, senza streaming né clessidre. «Qui non si tratta di disturbare il manovratore perché è in difficoltà — tranquillizza Cesare Damiano — noi vorremmo aiutarlo dicendo la nostra opinione sui temi cruciali».

 

Stefano Fassina

Roberto Speranza ha pranzato con i suoi alla Camera, per fare il punto sull’autunno che sarà. «Solo una chiacchierata informale» racconta D’Attorre, preoccupato per la situazione economica: «Il governo deve cambiare linea anche in Europa. Rischiamo di portare a casa molto poco da questo semestre.

 

Temo che aver ridotto tutto alla nomina della Mogherini sia stato un errore. Se non otteniamo lo scomputo di una dose massiccia di investimenti dalla soglia del 3% rischiamo di fare una manovra recessiva». Dal 26 al 28 settembre a Roma, rione Testaccio, Area riformista terrà la sua festa di fine estate. E a Napoli, il 10 e 11 ottobre, nuova iniziativa per chiedere al governo di occuparsi del mezzogiorno. «Al Sud la disoccupazione giovanile è oltre il 50% e il Pil è calato del 13% in sei anni — fa di conto D’Attorre — Serve una strategia straordinaria. Dire che utilizzeremo in maniera più efficace i fondi europei non basta più».

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