USTICA, UNA STORIA DI DEPISTAGGI, CARTE FALSE E OMISSIONI - MOLTE REGISTRAZIONI DEI RADAR DELLA SERA DEL 27 GIUGNO 1980, QUANDO IL DC9 PRECIPITÒ IN MARE, SONO INESISTENTI O PARZIALI, MENTRE L’AMMIRAGLIO FULVIO MARTINI, EX CAPO DEL SISMI, HA PARLATO IN COMMISSIONE STRAGI DI UNA “RIPULITURA” DELL’ARCHIVIO DELL'AGENZIA, OPERA DEL GENERALE PIDUISTA SANTOVITO – EVENTUALI NUOVE ACQUISIZIONI DOCUMENTALI, MAGARI DALL'ESTERO, POTREBBERO CHIARIRE IN MODO DEFINITIVO LA VERITÀ? OPPURE AGGIUNGEREBBERO CAOS AL CAOS?
-Vicenda Ustica. Chi rappresenta le Istituzioni deve dire la verità alle famiglie di 81 vittime innocenti. E la verità va detta nelle sedi istituzionali, non in una intervista.
— Matteo Renzi (@matteorenzi) September 3, 2023
Amato pensa che siano stati i francesi? Porti le carte o le testimonianze e lavoriamoci subito tutti…
1-LE CARTE FALSE DEI SERVIZI ECCO PERCHÉ LA VERITÀ È SPARITA DAGLI ARCHIVI
Estratto dell’articolo di Benedetta Tobagi per “La Repubblica”
Ustica, insieme a molte altre stragi, è divenuta sinonimo di “depistaggi”. Come le scorie radioattive, i depistaggi hanno effetti tossici che si protraggono per decenni. Prima di tutto, ergono l’ormai proverbiale “muro di gomma” di reticenze e opacità contro cui rimbalzano gli sforzi di inquirenti e giornalisti d’inchiesta, come il compianto Andrea Purgatori.
Al contempo, creano una cortina fumogena, una confusione di piste e versioni alternative dei fatti, spesso mescolando pezzetti di verità a forti dosi di menzogna. Questo non solo impedisce l’accertamento “oltre ogni ragionevole dubbio” dei responsabili di un reato in sede giudiziaria, ma compromette alla radice la possibilità di accertare la verità in modo completo ed esaustivo. […]
Allora la magistratura, le inchieste, l’opinione pubblica, devono fare una fatica doppia per difendere quanto si è faticosamente acclarato a dispetto dei depistaggi. La ricostruzione storica e giudiziaria del “cielo di guerra” della sera del 27 giugno 1980, in cui il Dc9 fu abbattuto, esclude sia la bomba, sia il “cedimento strutturale”. […]
Ulteriori acquisizioni documentali, magari dall’estero, potranno chiarire in modo definitivo la verità su Ustica? Ogni sforzo in questo senso è auspicabile, ma occorre essere prudenti nelle aspettative e consapevoli delle difficoltà. Il depistaggio, infatti, si consuma innanzitutto sottraendo o distruggendo quanto può servire alla ricostruzione dei fatti.
Accanto alla mancata acquisizione di testimonianze potenzialmente utili e alla morte più o meno sospetta di potenziali testimoni, nel caso di Ustica sono state accertate numerose distruzioni di documenti. Per esempio molte registrazioni dei radar risultano inesistenti o lacunose, mentre l’ammiraglio Martini, ex capo del Sismi, ha parlato in Commissione Stragi di una “ripulitura” dell’archivio del servizio, opera del generale piduista Santovito, per cui non si trovano documenti di particolare rilevanza dell’anno 1980, Ustica inclusa. In generale, gli archivi sono plasmati dall’intenzionalità e dalle esigenze di chi li detiene.
Per quanto si lotti per farli diventare strumenti di trasparenza e controllo democratico, spesso restano in primo luogo “arsenali del potere”, un potere che selezionando cosa tenere, cosa distruggere, cosa rendere accessibile, cerca di condizionare la ricostruzione storica, oltre che giudiziaria, nel proprio interesse.
Gli archivi militari e d’intelligence, poi, beneficiano di una particolare autonomia di gestione, in ragione di peculiari esigenze di sicurezza. In Italia, per esempio, non hanno l’obbligo di versare all’Archivio centrale dello Stato. Ciò che viene versato in occasione di iniziative speciali, come la “Direttiva Renzi” (che prescriveva alle amministrazioni dello Stato di versare tutti i documenti relativi alle grandi stragi) è comunque selezionato internamente, in autonomia. I dati relativi ai servizi segreti stranieri sono obliterati.
L’apposita Commissione chiamata a vigilare sui versamenti della Direttiva ne denuncia da anni le lacune; in molti casi (Ustica inclusa) si è resa disponibile in gran parte documentazione già prodotta nel corso di inchieste giudiziarie e parlamentari. Finora, come spiegava ieri Anais Ginori, la Francia ha inviato agli inquirenti documentazione di scarso rilievo. Possiamo supporre che, oltre ai vincoli formali di segretezza, anche oltralpe la selezione e la gestione dei documenti sia prioritariamente nelle mani di personale militare o d’intelligence. Molto, come da noi, potrebbe essere stato distrutto, e rischia di essere occultato. […]
2-C’È PRESCRIZIONE PER IL REATO DI STRAGE E QUANDO È STATA RIAPERTA L’INCHIESTA
Il.Sa. per il “Corriere della Sera”
1 Quando è stata riaperta l’inchiesta su Ustica?
L’inchiesta sugli 81 morti dell’aereo dell’Itavia è stata riavviata nel 2008. Da allora è rimasta aperta in attesa di acquisire atti e ascoltare nuove testimonianze.
2 Qual è l’ipotesi investigativa formulata dai pm?
I magistrati della Procura di Roma che coordinano gli approfondimenti ipotizzano il reato di strage.
3 L’inchiesta è soggetta a prescrizione?
No, il reato di strage non è soggetto a prescrizione: non vi è un rischio del genere.
4 Ci sono rogatorie in corso con Parigi per approfondire la cosiddetta pista francese?
Non più. I funzionari francesi hanno risposto alle rogatorie inviate negli scorsi anni dai loro colleghi italiani che chiedevano informazioni sui fatti avvenuti quel 27 giugno 1980 nei cieli d’Italia.
5 Ci sono indagati?
L’inchiesta non è mai arrivata a un punto di svolta tale da prevedere l’iscrizione di persone sui registri degli indagati.
6 Chi sono le persone ascoltate in questi anni?
I pm hanno sentito in qualità di persone informate sui fatti ex ufficiali dei vertici militari e dei servizi segreti, ma anche membri degli equipaggi militari che quel giorno prestavano servizio in diverse basi.
7 Cosa risulta acquisito alle indagini?
L’inchiesta include i tracciati radar che non siano andati distrutti o manipolati. La loro importanza sta nel fatto che rivelano come sulla propria rotta il Dc9 fosse stato agganciato da uno o due veicoli militari, presumibilmente libici che ne sfruttarono la scia per nascondersi.
Tra le altre cose l’aereo precipitato e gli «intrusi» furono incrociati a vista da un aereo biposto i cui piloti morirono nel tragico incidente a Ramstein (Germania) delle Frecce Tricolore poco prima di essere ascoltati dall’autorità giudiziaria. Prima di rientrare alla base quei piloti, segnalarono l’anomala presenza di aerei nei cieli italiani di quel giorno