VENEZIA, FESTIVAL IN UNA CITTÀ SENZA SINDACO – BARATTA USA LA MOSTRA COME TRAMPOLINO PER ACCHIAPPARE LA POLTRONA DI PRIMO CITTADINO -MA CACCIARI LO CACCIA IN UN OSPIZIO: SEI TROPPO VECCHIO


paolo baratta

Federico Pontiggia per “Il Fatto Quotidiano

 

Il problema della Mostra di Venezia? Venezia. Sono in sintonia da sempre, ma su questo punto il presidente della Biennale, Paolo Baratta, e il direttore del festival, Alberto Barbera, vanno addirittura a braccetto: “Un posto così difficile come il Lido”, stigmatizza il secondo, mentre Baratta cala il poker. Referenti politici: “Non ho interlocutori al momento”, e si legga il dopo Giorgio Orsoni, che il 13 giugno, travolto dallo scandalo Mose, ha dato le dimissioni da sindaco di Venezia. Location: “Lo si diceva già ai tempi del fondatore Conte Volpi, ‘femo la Mostra al Lido perché xe un po’ straco’”.

 

Alberghi: “Eravamo nella morsa del monopolio, quest’anno la Biennale ha preso le camere in prima persona e le ha rivendute alle delegazioni dei film senza lucrare”. Frustrazione: “Non posso cambiare il Lido”. In realtà Baratta potrebbe farlo: se non da presidente della Biennale, dove scade a dicembre 2015, da primo cittadino di Venezia.

 

barbera e baratta

Le voci sulla sua candidatura impazzano, e non solo in Laguna, ma lui non si scompone e rema indietro: invita i giornalisti a brindare al “non sindaco” e accoglie a braccia aperte il non endorsement ricevuto da Massimo Cacciari: “Ha detto che ho 75 anni ed è bene che non venga considerato? Ha ragione”. Un politico di razza per il Canal Grande, Baratta. Ma questa 71ª Mostra come va? Calma piatta, ovvero, tiene le posizioni del 2013: 6.931 accreditati, di cui 2.330 della stampa, 22 mila biglietti venduti fino a ieri: ticket in più, spettatore in meno, tutto in linea con l’anno scorso.

 

cacciari e orsoni

Eppur si esulta: “Un grande risultato, perché quest’anno gli spettatori sono calati in tutto il mondo, Estremo Oriente escluso, e i festival, da Cannes a Berlino, hanno registrato flessioni importanti, soprattutto al mercato”, evidenzia Barbera. E si illumina: “Il festival di Telluride quest’anno non ci ha rubato nulla, non ci sono grandi film a Toronto che non siano passati prima da Venezia, e comunque i bilanci si fanno alla fine”. Messo piede in Laguna, Napolitano aveva innalzato la Biennale a “esempio, uno degli esempi, per il Paese”: guardando ai primi numeri di questa 71ª edizione, il presidente della Repubblica avrebbe dunque elogiato la crescita zero della Mostra rispetto alla deflazione dell’Italia.

 

CACCIARI SMORFIE

Tra “una prece per il Des Bains”, il defunto hotel del glamour che fu, e finto tonte confessioni nutrizionistiche: “I tramezzini a 8 euro? Io non li mangio”, Baratta non accetta l’equazione a vantaggio della Biennale, rifiuta la “visione economicista” e sfodera il pari e patta in latinorum: “Simul stabunt simul cadent”. Sì, studia da Doge.

 

Nel frattempo, si fa i conti in tasca: ringrazia il ministero dei Beni culturali per aver mantenuto il finanziamento di circa 7 milioni e 300 mila euro (“Un privilegio”), ricorda l’introito di un milione dai biglietti e i costi fissi della Mostra, che ammontano a 10 milioni e mezzo.

  

E poi, negando che gli sponsor quest’anno abbiano cacciato meno soldi (“I soliti due milioni e mezzo”), sale in macchina, con Marchionne nello specchietto retrovisore: “Da Lancia siamo passati alla Maserati e ora alla sponsorizzazione della Renault: è storia automobilistica, non della Biennale”. Corsia di sorpasso.

 

GIORGIO ORSONI CON LA MOGLIE

E poi il cappello gettato in Laguna: “Servono 15 milioni di euro e due anni di tempo per intervenire sul Casinò, i progetti sono a punto: l’intenzione è di trasformare in sala cinematografica l'attuale sala stampa, ampliando l’agibilità con due torri di ascensori”. Per aspera ad astra, buttando a terra la zavorra: “Noi la nostra spending review l’abbiamo già fatta, con 13 milioni di euro, 6 per la Sala Darsena, 7 per la Grande e le due salette, abbiamo rinnovato il 90% dei posti a sedere”.

 

Insomma, da presidente della Biennale o da promesso sindaco, Baratta non intende mollare la baracca e loda quella sala che un giorno potrebbe avere il suo nome: “Il punto critico del rinnovamento della Darsena è stato risolto, abbiamo scommesso sulla sua destinazione alla sezione Orizzonti e a oggi la media di presenze è stata di 950 persone a proiezione, più che in Sala Grande”.

 

NAPOLITANO E BARATTA AL FESTIVAL DI VENEZIA

Son soddisfazioni, e Barbera le estende, giustamente, ai film nostrani. Martone, Costanzo, Munzi, un tris senza mele marce in Concorso non accadeva da lustri: “Questo è il cinema italiano di oggi, come ha scritto Le Monde, siamo sulla strada giusta e non potrebbe essere altrimenti: sono tre film diversi, che battono nuovi sentieri, che osano. Osare è l’unica cosa che si può fare in un momento di crisi”.