VERMINAIO A MEZZO STAMPA - QUAGLIARIELLO VUOLE LA TESTA DI MARRONI (AD DI CONSIP), IL PD LO DIFENDE E CONTRATTACCA: PARLI TU CHE HAI PRESO I SOLDI DA ALFREDO ROMEO? - GUERRA A COLPI DI TWEET SUL FINANZIAMENTO DI 50 MILA EURO RICEVUTI PER LA FONDAZIONE “MAGNA CARTA”, SOCIA DELLA “VERITA’” DI BELPIETRO
Mentre il teste chiave dell’inchiesta Consip viene chiamato dai legali di Tiziano Renzi come testimone della difesa, una mozione per azzerare gli stessi vertici della centrale acquisti della pubblica amministrazione scatena una guerra tra i renziani e Gaetano Quagliariello .
Il motivo? I finanziamenti erogati da Alfredo Romeo, l’imprenditore al centro dell’inchiesta delle procure di Roma e Napoli, a Magna Carta, la fondazione dell’ex ministro delle Riforme. Soldi che, come ammesso dallo stesso ex saggio di Giorgio Napolitano, furono utilizzati dalla sua fondazione per finanziare La Verità, il quotidiano fondato e diretto da Maurizio Belpietro.
Ed è proprio in relazione a quelle donazioni che i renziani sono andati all’attacco dell’ex ministro, nelle stesse ore in cui Luigi Marroni, amministratore delegato della Consip, viene chiamato come teste difensivo dai legali di Renzi senior. Potrebbe dunque ritrattare le accuse messe a verbale davanti ai pm, che hanno di fatto inguaiato il padre dell’ex premier e il ministro Luca Lotti, rispettivamente indagati per concorso in traffico di influenze e rivelazione di segreto.
Insomma quella che si è scatenata tra Quagliariello e l’ala renziana del Pd è una vera e propria battaglia a colpi di tweet e dichiarazioni al vetriolo, proprio nelle stesse ore in cui l’indagine che sta facendo tremare esponenti di primo piano del Giglio magico potrebbe anche prendere una piega inaspettata. Ma andiamo con ordine.
A infiammare la polemica tra i dem e il fondatore del movimento Idea è la mozione depositata a Palazzo Madama dallo stesso Quagliarello e dal senatore Andrea Augello. Un atto parlamentare che chiede l’azzeramento dei vertici di Consip. “Questo governo – dicono – ci può chiedere di essere garantisti con il ministro Lotti, ma non può chiederci lo stesso nei confronti di Luigi Marroni“. L’ad della Consip è il supertestimone che – come ha scritto Marco Lillo sul Fatto Quotidiano – con le sue dichiarazioni ha contribuito a fare finire sotto indagine – tra gli altri – il ministro Luca Lotti, Tiziano Renzi, e il generale Emanuele Saltalamacchia.
“Tiziano Renzi mi chiese di fare il possibile per assecondare le richieste di Russo (Carlo, imprenditore vicino al padre dell’ex premier ndr) e di dargli una mano perché era un suo amico”, è una delle tante dichiarazioni messe a verbale dal manager, che ai pm ha anche raccontato di avere saputo “da Luca Lotti” del’esistenza “di un’indagine che riguardava anche l’imprenditore Romeo“.
Dopo essere diventato il teste chiave dell’accusa, Marroni è stato chiamato dagli avvocati del padre dell’ex premier, che lo sentiranno come testimone mediante lo strumento delle indagini difensive. Davanti alla difesa di Renzi senior, il manager dovrà dunque decidere se confermare quanto detto ai pm o se invece provare smussare le sue parole a beneficio del ministro Lotti e del padre dell’ex premier. Un’ipotesi da tenere in considerazione soprattutto alla luce del fatto che fino a questo momento l’ad è rimasto al suo posto perché così ha deciso il ministro Pier Carlo Padoan, nominato dalla stessa persona che di fatto ha voluto lui, e cioè Matteo Renzi.
“La condotta del dottor Marroni – si legge nella mozione di Augello e Quagliariello – orgogliosamente rivendicata nelle sue esternazioni sulla stampa, viola il punto 3.2 lettera c) del Codice etico della Consip, che raccomanda ai destinatari di operare nei rapporti con i terzi con imparzialità, trasparenza e correttezza, evitando di instaurare relazioni che siano frutto di sollecitazioni esterne o che possano generare un conflitto di interesse”. Parole che hanno fatto infiammare i renziani più agguerriti.
Come il deputato Ernesto Carbone che su twitter scrive: “Quagliariello fa mozione di sfiducia e poi scopri che prende soldi da Romeo per darli a Belpietro. Strano il mondo”. Messaggio quasi identico a quello twittato da Andrea Romano. “Quagliariello ho preso soldi da Romeo per finanziare Belpietro e il suo giornale. Belpietro: non so, non ricordo, non c’ero #amnesie”, scrive il parlamentare dem e direttore dell’Unità.”Fanno mozioni di sfiducia e poi scopri che Quagliarello coi soldi di Romeo ci finanziava il giornale di Belpietro. La vicenda Consip rivela effettivamente uno scenario complesso e inquietante”, dice invece il senatore Stefano Esposito.
Il riferimento è per un’intercettazione captata dagli inquirenti nell’ambito dell’inchiesta Consip e riportata dal quotidiano Libero. “Il 21 settembre, alle 11.38, nella stanza 1 della Romeo Gestioni Roma – si legge nei brogliacci riassuntivi – Bocchino (l’ex deputato di Futuro e Libertà Italo, ora assistente di Romeo ndr) introduce la questione del giornale di Belpietro, dicendo che oggi dovrà vedere Gaetano, verosimilmente fa riferimento al senatore Gaetano Quagliariello e consiglia a Romeo di versare 50.000 euro per il tramite di Quagliariello e di farlo tramite erogazione liberale alla sua fondazione, operazione questa vantaggiosa anche dal punto di vista fiscale: ‘50.000 mila euro a Magna Carta e ti levi da tutti gli imbrogli’ di modo da evitare un’ esposizione eccessiva del Romeo nell’operazione editoriale di Belpietro, che resta sempre un giornalista pericoloso”.
Il direttore della Verità, domenica scorsa aveva scritto sul suo giornale di “non sapere se Romeo” avesse “versato o no un contributo a Magna Carta”. Secondo quanto riporta il quotidiano diretto da Vittorio Feltri, però, la fondazione Magna Carta è effettivamente azionista del giornale fondato da Belpietro con il 18,52% delle quote. Una percentuale che vale 100.000 euro, dato che il capitale sociale è di 540.000 euro, mentre la donazione di Romeo a Magna Carta ammonterebbe a 50 mila euro. A confermarlo, replicando agli attacchi dei renziani, è lo stesso Quagliariello.
“Purtroppo per l’onorevole Romano, il senatore Esposito e quanti dovessero unirsi alla trita litania da bardi di regime – dice l’ex ministro – , io non ho niente a che fare con microspie rimosse, appalti contesi, cordate, e qui mi fermo per carità di patria. I bilanci di Magna Carta sono pubblici e qualsiasi accesso agli atti viene autorizzato in automatico, mentre non mi sembra che si possa dire altrettanto di altre fondazioni. Quanto alla vicenda oggetto di attenzione in questi giorni, non ho problemi a rispondere: se con assoluta correttezza, in un momento di allarme democratico e occupazione militare dell’informazione, ho ritenuto di aiutare una voce fuori dal coro renziano a esistere, con contributi liberamente erogati a una fondazione e non con fiumi di soldi pubblici come a lungo è stato per l’Unità, è proprio per impedire che una banda di ominicchi, faccendieri e parvenu portasse a compimento il 4 dicembre il proprio arrogante e spregiudicato disegno di potere sul Paese”.
Ma se da lato la mozione dell’ex esponente del Pd punta a defenestrare Marroni, dall’altro Quagliariello annuncia di non aver intenzione di votare la sfiducia nei confronti di Luca Lotti, che arriverà nell’aula di Palazzo Madama il 15 marzo prossimo, dopo essere invece stata ritirata alla Camera. “Personalmente – dice Quagliariello – non vedo elementi per chiedere le dimissioni del ministro. Dimissioni che ritengo al momento premature”. Per Quagliarello, dunque, Lotti può rimanere al suo posto anche se è indagato per rivelazione di segreto. Il grande accusatore del ministro, e cioè Marroni, deve invece andare via. In attesa di essere interrogato dalla difesa di Babbo Renzi.