Lettera di Giampiero Mughini a Dagospia
Caro Dago, per i tanti italiani che nel secolo scorso erano cresciuti nell’idea che Parigi fosse il centro del mondo ideale, la Francia era il Paese che ci aveva dato Jean Gabin e Brigitte Bardot, l’esistenzialismo sartriano, i film “nouvelle vague” di Jean-Luc Godard e François Truffaut, le canzoni di Serge Gainsbourg, il situazionismo del “joli mai” 1968, oltre che una letteratura che riempie decine di scaffali di una biblioteca appena decente.
Adesso un uomo che non ci delude mai (nel senso che mai viene meno la sua mediocrità morale e intellettuale), ossia il vice-premier Luigi Di Maio, vorrebbe importare dalla Francia i modi e le idee dei “gilets jaunes” che da alcune settimane scorrazzano per le vie di Parigi sfracassando vetrine e auto e tutto quanto si trova a portata di assalto della rabbia sociale stile terzo millennio.
Qualche giorno fa l’articolo di prima pagina che la “Repubblica” dedicava a questi eroi del nostro tempo cominciava dal ritratto di una ragazza-tipo di quel movimento.
GILET GIALLI DI MAIO DI BATTISTA TONINELLI GRILLINI
Una ragazza che lavorava in un ospedale, una che lavora molto e guadagna poco e la cui intera giornata è modellata da quella fatica tutto fuorché auto-rassicurante. Un personaggio impossibile da non prendere sul serio, perché di certo riassume i tratti umani e professionali di quanti stanno nei gradini i meno confortevoli della società moderna. Tantissimi.
Solo che il tratto più specifico del come i “gilets jaunes” avevano trascorso quella giornata parigina era un altro. Ossia che muniti di una ruspa erano entrati in un ministero e avevano scassato tutte le auto che stazionavano nel cortile di quel ministero.
Un’azione che in qualche modo aveva giovato alla situazione reddituale e morale della ragazza di cui ho detto? Un’azione da cui imparare qualcosa e magari tradurla nel linguaggio delle possibilità della politica italiana? E a non dire che il capo della Repubblica francese non è stato sordo al grido di dolore sociale che veniva dal giallo di quei cortei.
Ha messo mano al portafoglio, ha appesantito il deficit dello Stato francese (immensamente inferiore al nostro e dunque più facile da aggravare), ha firmato delle elargizioni di denaro non propriamente irrisorie. Sembrerebbe servito a poco, dato che la ruspa s’è egualmente messa in movimento, eccome. E questa si chiama delinquenza, e non c’è altro termine a connotarla.
Ho visto che il capo (una donna) dei “gilets jaunes” ha respinto al mittente l’offerta politica di Di Maio, invitandolo a occuparsi delle faccende di casa sua. Ossia delle nostre. Ripeto, Di Maio non delude mai.
Tutto questo preambolo per rivolgermi a quanti (nel Pd e dintorni) spasimano per una possibile alleanza con i 5Stelle e non la finiscono di rimproverare Matteo Renzi di avere opposto un muro a questa possibilità.
Allearsi con quelli della ruspa? Ingigantire ulteriormente la lista delle richieste tese ad “abolire la povertà”? Dare non so quanto a non so chi, e tenendo presente che non c’è una lira nella cassa dello Stato? Volete migliorare la condizione della ragazza che lavora in ospedale da cui sono partito? Se sì, con quali soldi, presi da dove?
In Francia ci hanno provato col fare pagare il 75 per cento di tasse a quelli che guadagnano molto bene. Il risultato è che Gérard Depardieu ha chiesto la cittadinanza russa. Vogliamo provare a fare pagare il 75 per dento a quanti – come il sottoscritto – pagano già un sonante 50 per cento e passa? Perché no. Basta che Di Maio si affacci dal balcone e lo dica in un buon italiano.
GIAMPIERO MUGHINI
PUTIN CONSEGNA IL PASSAPORTO A DEPARDIEU EMMANUEL MACRON BRIGITTE GILET GIALLI