AL VERTICE EUROPEO, RENZI SCAZZA CON LA MERKEL: BERLINO HA UN’IDEA DI “FLESSIBILITÀ” PER L’ITALIA CHE SA DI SUPPOSTA - PITTIBIMBO VUOLE LA MOGHERINI COME “LADY PESC” MA COSA ACCADE SE LONDRA E PARIGI PROPONGONO ENRICO LETTA PER IL CONSIGLIO EUROPEO?


Marco Galluzzo per il "Corriere della Sera"

 

renzi bicicletta

Arriva a Ypres, nella cittadina belga che fu capitale internazionale dei tessuti alcuni secoli fa, consapevole che di materia da discutere, da «tessere», ce n’è ancora molta. E’ un pronostico in qualche modo azzeccato. L’accordo sulla flessibilità, le promesse del documento di Van Rompuy, sembrano a buon punto, ma «c’è ancora da limare, lo faremo nella notte», dice Renzi, un attimo dopo la conclusione del vertice dei socialisti europei, nel pomeriggio.

 

E infatti, nella notte, è proprio Renzi a chiedere una nuova riunione degli sherpa dei 28 Paesi della Ue. Le distanze con la Germania, con i Paesi che fanno della disciplina di bilancio un mantra sono ancora troppe per essere ignorate. Le agenzie di stampa battono dettagli, ancorché vaghi, di uno scontro fra il nostro premier e la cancelliera. L’identità di vedute è sui principi ma non sui dettagli, non sulle parole che il presidente del Consiglio europeo, Herman Van Rompuy, sottoporrà oggi ai leader della Ue. Su cosa debba intendersi per flessibilità, su cosa eventualmente l’Italia o altri Paesi potranno escludere dal calcolo del deficit, ci sono ancora troppi margini di incertezza.

 

MATTEO RENZI E LA BOMBA A ENRICO LETTA

L’accordo sulle nomine non è meno ballerino: la Mogherini resta in pole per l’Italia, ma i giochi sono ancora tutti aperti e non si chiuderanno prima di oggi. Matteo Renzi arriva in Belgio, fa l’elogio della crescita e dell’occupazione, dice che il suo metodo si è imposto, «prima la strategia, l’agenda, poi i nomi, prima dove va la macchina, poi chi la guida», ma la situazione, a notte fonda, su entrambi i punti, flessibilità e nomine, appare ancora aperta.

 

Anche l’ipotesi di una candidatura di Enrico Letta, che sembra rilanciata più da Londra e Parigi che da Roma, per il posto di presidente del Consiglio europeo, complica e confonde le dinamiche: Renzi punta a mister Pesc, alla politica estera della Ue, Federica Mogherini è ufficialmente l’unico candidato italiano (in alternativa, dicono nel suo staff, c’è solo la guida dell’Eurogruppo), ma cosa succederebbe se oggi altre cancellerie dovessero sponsorizzare in modo concreto l’ex premier italiano?

 

RENZI E MERKEL A BERLINO

In teoria Letta è ipotesi residuale, Mario Draghi alla Bce occupa un’altra posizione apicale europea, per molti si stratta di una cortina fumogena che incrocia interessi convergenti di Parigi e di Londra, ma è anche vero che il Pse reclama il ruolo di Van Rompuy e che non ha candidati altrettanto stimati e autorevoli di Letta.

 

Ufficialmente, almeno ieri notte, non se ne discuteva. Ufficiosamente dallo staff governativo italiano trapela un silenzio imbarazzato: solo oggi nel pranzo del Consiglio europeo la questione verrà affrontata in modo aperto. Sembra che Napolitano abbia invitato Renzi, nell’ultimo colloquio, a considerare in un contesto europeo, e non solo italiano, l’ipotesi.

 

VAn Rompuy Dal Corriere

Renzi, mentre il vertice di Ypres si conclude, ha comunque modo di rivendicare una vittoria: nel documento di Van Rompuy, che oggi sarà sottoposto ai leader del Consiglio, c’è un elogio della flessibilità, il riposizionamento dei valori di crescita e occupazione accanto al rigore della disciplina di bilancio. Sono parole, richiami a regole che già esistono, magari finora non sfruttate, ma comunque è una tendenza che si impone. I socialisti europei, e con loro Renzi, possono rivendicare un successo.

 

«Le possibilità offerte dalle attuali regole per bilanciare la disciplina fiscale con la necessità di sostenere la crescita devono essere utilizzate», si legge nella bozza del comunicato finale, al momento provvisoria, che dovrebbe chiudere oggi il Consiglio Ue.

 

MOGHERINI

A Renzi, ieri notte, non bastava. Sigmar Gabriel, numero due del governo tedesco, svelava dettagli della trattativa in corso: «Se lo Stato italiano non può accedere a 15 miliardi di euro dei fondi europei perché non può apportare i finanziamenti equivalenti senza rischiare di superare i parametri del deficit, perché non versare tali somme e rinunciare all’obbligo di cofinanziamento?».

 

Se si trattasse di liberare il Paese dall’onere del cofinanziamento, i progetti sarebbero finanziati dalla sola Ue: si tratterebbe di una vera e propria rivoluzione. Ieri notte gli sherpa cercavano un compromesso. 

 

mario draghi