VIENI AVANTI CREMLINO - DRAGHI CORTEGGIA PUTIN E LO CHIAMA PER CONVINCERLO A LAVORARE ASSIEME SUL DOSSIER AFGANO - L'OBIETTIVO DEL PREMIER È EVITARE CHE CINA E RUSSIA SI MUOVANO DA SOLE, DOPO CHE LO ZAR AVEVA DETTO CHE "CON I TALEBANI BISOGNA DIALOGARE" - VLADIMIR SI FA DESIDERARE, È IN FORSE ANCHE LA SUA PARTECIPAZIONE AL G20 DI FINE OTTOBRE A ROMA...
-Ilario Lombardo e Francesca Sforza per "La Stampa"
Vladimir Putin si fa desiderare. La telefonata di Mario Draghi, la seconda in meno di un mese, è servita a sondare le intenzioni del presidente russo sull'Afghanistan e sul G20. Tutto è in forse. Anche la partecipazione in presenza di Putin al summit dei 20 a Roma a fine ottobre resta un'incognita, visto che il segretario stampa del capo dello stato russo Dmitry Peskov, si è limitato a riferire che la questione «è in via di risoluzione».
Per Draghi però è essenziale che il capo di Stato russo dia la sua benedizione al vertice straordinario dedicato alle conseguenze della conquista lampo del Paese da parte dei talebani.
Fonti di Palazzo Chigi confermano che il G20 su Kabul è in agenda e durante il colloquio con Putin il premier ha accennato che potrebbe tenersi non prima degli inizi di ottobre, con i leader collegati da remoto.
Nella notte, intanto, c'è stata la riunione virtuale dei ministri degli Esteri del G20, a cui ha partecipato Luigi Di Maio e che serve a preparare l'evento presieduto da Draghi. L'instabilità dell'Afghanistan sta diventando un incubo globale. Ed è la portata principale di tutti i tavoli dei grandi incontri internazionali.
Il presidente russo ha aggiornato Draghi sui risultati dei vertici Csto e Sco a Dushanbe del 16-17 settembre. La prima è l'Organizzazione del Trattato di sicurezza collettiva, un'alleanza di ex repubbliche sovietiche, tra le quali il Tagikistan, una delle frontiere più interessate dal termometro delle violenze in Afghanistan (Paese che dal 2013 è osservatore alla Csto).
La Sco è invece l'organizzazione per la Cooperazione di Shangai, un organismo intergovernativo che oltre alla Russia comprende le repubbliche asiatiche, alleate di Mosca, e la Cina. Proprio in quest'ultimo contesto, cinque giorni fa Putin era stato chiaro: «Con il governo dei talebani bisogna lavorare».
Cosa significhino queste parole, e se siano la premessa del riconoscimento dell'esecutivo degli studenti coranici, è quello che vogliono capire i Paesi occidentali. Ieri la ministra degli Esteri britannica Elizabeth Truss, in vista della riunione del gruppo dei 5 membri permanenti all'Onu (Cina, Russia, Regno Unito, Stati Uniti e Francia ) con il segretario generale Antonio Guiterres, durante l'Assemblea generale a New York, ha lanciato un appello a Pechino e Mosca per un'azione internazionale coordinata.
«Se vogliamo evitare che l'Afghanistan diventi un porto del terrorismo globale - ha detto - la comunità internazionale, comprese la Cina e la Russia, devono agire assieme con i taleban».
In quell'inciso c'è tutta la preoccupazione dell'Occidente di una spaccatura che potrebbe rendere ingestibile la questione afghana, in termini di terrorismo, traffico di droga e immigrazione incontrollata. È la stessa preoccupazione che ha condiviso Draghi con Putin.
Stando al comunicato ufficiale del Cremlino, entrambi «hanno sottolineato l'importanza di prevenire una catastrofe umanitaria e garantire la sicurezza dei residenti del Paese». Come già la volta precedente, i due leader hanno ribadito «la necessità di combattere ulteriormente la diffusione dell'ideologia terroristica e la minaccia della droga proveniente dal territorio dell'Afghanistan». Nel pozzo nero del caos afghano, però, il mondo non ha ancora trovato una linea univoca.