VIENI AVANTI MARINO! – DAL PUBBLICO GLI URLANO “TE NE DEVI ANNÀ, ‘A CAZZARO”, MA IL SINDACO SVENTOLA LE MULTE PAGATE E RESTA AL SUO POSTO - IL DESTINO DEL SINDACO MARZIANO E’ NELLE MANI DI RENZI CHE PER ORA TEME IL GIUDIZIO AVVERSO DELLE URNE


Mattia Feltri per “la Stampa

 

ignazio marino

Saranno stati tutti lì, in eterea presenza, gli eccellentissimi fantasmi della storia del mondo: a spassarsela dentro questa sala onusta di gloria e allegramente trasformata in tendone da circo. E noialtri eravamo avvinti al pregiudizio, per una volta così visibile: sotto la statua di Giulio Cesare del I secolo d.C. - che dà il nome alla sala consiliare - Ignazio Marino illustrava i suoi problemi viabilistici, le multe prese e non pagate per assenza di un permesso di circolazione nella zona a traffico limitato.

 

Andrea Augello

Saremo sentimentali, ma quello fu il Tabularium, con gli archivi di Stato, e lì ci fu il tempio di Giove e proprio ieri Alessandro Onorato, consigliere ex Udc ora con Alfio Marchini, aveva cercato di salire al medesimo e leggendario colle con una Panda rossa, utilitaria dello stesso tipo e colore delle disavventure mariniane. Atto di protesta neutralizzato dai vigili urbani, e preludio di un linciaggio ai danni del sindaco che in confronto una gita a Tor Sapienza sarebbe stata di salute. E invece no. Non era il linciaggio lo spettacolo del giorno. 

Il consiglio comunale è fissato per le 16: il primo cittadino - reduce da incontri col Pd che gli ha concesso il prolungamento dell’agonia - ha scritto e leggerà un testo a sua discolpa. Capirete la disponibilità del pubblico dalle fasi preparatorie: gli attivisti del Nuovo centrodestra, ai comandi di Vincenzo Piso, deputato coi trascorsi classici della destra romana, sventolano cartelli con foto della Panda, con scritto «Vergogna», o «Dimettiti», uno issa il suo «Strisce blu, abonamenti aboliti». Dietro di noi erompe il ruggito: «Abbonamenti co’ due b, a somaro!».

LA PANDA DI MARINO IN DIVIETO DI SOSTA

 

Lì si intuisce la suddivisione eterna: nella sinistra della sala i sostenitori di Marino, a destra i nemici. Ora si scambiano cori a braccia tese. E all’ingresso del sindaco i supporter dell’opposizione («Dimissioni! Dimissioni!») sovrastano quelli della maggioranza («Marino! Marino!»). Non basta loro il trionfo vocale, estraggono dei nasi rossi da clown, se li infilano, «te ne devi anna’...», «cazzarooo...», e lì un mariniano non ci vede più, si issa sulle sedie, «Cialtroni!!! Buffoni!!!».

 

Lo tirano giù a fatica perché fra giornalisti e tifosi non ci si muove dalla ressa. Marino la guarda e sorride sicuro di sé. Comincia a spiegare il qui pro quo, l’errore burocratico, la sciatteria amministrativa di cui è vittima, ma lo interrompono ogni pochi minuti. Urla, tumulti, canzonature. Piso si allaccia e si slaccia la giacca, mastica il chewing gum, e coglie l’attimo per elevarsi baritonale: «Gli uffici non parlano fra loro? Ma vaffanculo, va’». Attimo di silenzio. Ma nessun problema, oggi è buono tutto, avanti. 
 

LA PANDA DI MARINO IN DIVIETO DI SOSTA

Il povero Marino ci voleva anche provare, aveva diffuso i bollettini di pagamento di 1.021,52 euro per multe «che non dovevo pagare, ma non importa». In realtà l’acustica pietosa, in tutti i sensi, impedisce di capire bene. E poi qui il match, come si diceva, è un altro, è quello dell’uditorio apertamente disinteressato alle informazioni del sindaco: da un lato all’altro della sala a ci si scambiano interrogativi («me che vvoi aho?») e impegni («se vengo lì te corco!»).

 

Due, irrimediabilmente divisi dalla folla, si telefonano minacce che dalle vene del collo si direbbero terribili. Quelli dietro urlano a quelli davanti di sedere perché non vedono; quelli davanti urlano a quelli dietro di non urlare perché non sentono. A un certo punto un tale col naso da clown si mette a fare delle bolle di sapone, non sapremmo dirne il motivo, e le bolle svolazzano su di noi, verso gli eccellentissimi fantasmi, scoppiano sui berretti dei vigili che assistono interessati alla furia dei Marino-boy per lo sfregio delle bolle.

 

MARINO CADE IN BICICLETTA DAVANTI AL COLLEGIO ROMANO

Ah, scusate, intanto Marino sta andando avanti. Dice che «chi parla di mie dimissioni non coglie la dimensione della nostra sfida». Elenca una serie di meriti da attribuire alla giunta, compresi i soldi per Roma capitale, l’aggiustamento del patto di stabilità, l’inaugurazione della metro C. Ammette che «si deve fare di più contro la corruzione e per i poveri». Ma scordatevelo: non si vota. Questo si coglie nella bolgia. Alla fine si intravede il freddo applauso dei suoi consiglieri, si sbircia questo variopinto consiglio in cui due ci paiono particolarmente meritevoli di menzione.

IGNAZIO MARINO IN BICICLETTA FOTO LAPRESSE

 

Uno, Marco Pomarici, passato per percorsi fantasiosi dall’Ncd alla Lega, comincia a protestare contro il sindaco e si prende dagli spettatori un «a leghista!» carico di intenzioni ingiuriose. Due, Giordano Tredicine, esotericamente iscritto (da solo) al gruppo del Pdl, sigla che dice di aver tenuto in vita per gentile concessione del Fondatore; prende anche lui a dirne quattro a Marino e, siccome Tredicine è il politico di riferimento dei propietari di furgoni-bar, a lui quest’ultimo coro: «Dacce du castagne / Tredicine dacce du castagne...». Detto questo, il più è fatto. La gente ha dato quel che doveva dare, e se ne va. Lassù il consiglio prosegue come prosegue Marino, tutto sommato inutilmente.